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“Vi spiego perché respingere i migranti non solo è disumano ma controproducente”

Intervista a Clelia Bartoli, docente di diritti umani dell'Università di Palermo: "L'immigrazione gestita in maniera diversa può portare benessere all'Italia".

Angelo BarracobyAngelo Barraco
L’ONU denuncia: “Migranti lasciati a morire” nei centri di detenzione in Libia

A migrant from Niger rests his hand on a gate inside a detention centre, in Libya, in 2017. He was arrested and detained before he was able to board a boat that was crossing to Italy. (Photo UNICEF/UN052682/Romenzi)

Time: 15 mins read

La questione migranti sembra stare molto a cuore ai cari politici italiani. Dall’alto delle loro poltrone su cui siedono candidamente, con in mano il bastone da selfie in mano, la magliettina con su scritto il nome della regione in cui si trovano in quel momento e la frase di circostanza sempre pronta, sembrano valorosamente pronti ad affrontare l’annoso problema che a detta loro sta portando al collasso lo stivale. Tra un morso a un’arancina e un bacio con l’amata su una panchina, trovano anche il tempo per ribadire a gran voce che bisogna chiudere i porti, che bisogna rispedire quegli esseri umani al loro paese mediante rimpatri, nessuno però sembra chiedersi cosa avvenga in quei territori e in quei campi di tortura. Recentemente si è parlato di Carola Rackete, comandante della Sea Watch 3 di 31 anni che dopo due settimane in mare con 42 migranti a bordo, tra le onde del mare, in balia dell’incertezza e di una morte sempre più vicina che lentamente si stava consumando sotto ai suoi occhi, ha deciso di entrare al porto di Lampedusa, violando l’alt della Guardia di Finanza. Tante sono state le polemiche, gli insulti che il popolo dei social ha rivolto alla giovane, augurandole ogni male sotto ogni forma e sfaccettatura. Tante sono state le camicie e i colori politici che molti italiani hanno cucito addosso a quel gesto, accusandola di essere manovrata da chissà quale grande potere occulto, non considerando minimamente che dietro quel gesto ci fosse soltanto l’umano rispetto per la vita umana, che ormai sembra un ricordo lontano nella mente di chi vuole vedere il marcio ovunque. “Non ce la faccio più, devo portarli in salvo”, ha commentato la giovane.  Oggi Carola è libera, ha vinto il diritto alla vita, alla dignità umana. Il mare, però, rimane una trappola imprevedibile e sono tante le navi che cercano di salvare coloro che rischiano di finire dentro questo vortice di morte e disperazione. Lo dimostra anche l’ultima vicenda che riguarda la nave Alex della OND Mediterranea, con a bordo 41 migranti. La nave si trovava in una situazione insostenibile e dopo aver dichiarato lo stato di necessità perché erano finite le scorte d’acqua era arrivata a 12 miglia dal porto di Lampedusa, ma in prima battuta il Ministro dell’Interno aveva vietato l’ingresso. Successivamente la situazione è rientrata, la nave è arrivata a Lampedusa e i migranti sono stati portati in salvo. Ma come, in Italia e in Europa, c’è una costante paura del diverso? Come mai si vogliono chiudere i porti e le frontiere? Cosa comporta la migrazione e cosa sappiamo realmente di questo fenomeno?

Clelia Bartoli

Ne abbiamo parlato con la Professoressa Clelia Bartoli, docente di Diritti Umani presso l’Università degli Studi di Palermo.

– Come si svolgono le traversate dei migranti per raggiungere l’Europa?

“Prima di parlare di diritto d’asilo o di diritto a migrare, è bene avere chiaro che il diritto alla mobilità, spostarsi nel mondo da un paese all’altro, è probabilmente uno dei diritti distribuiti in modo più iniquo nel mondo. Ci sono delle persone che hanno dei passaporti forti come quello degli Stati Europei o degli Stati Uniti o del Giappone, che possono andare in giro per il mondo. Se io voglio spostarmi perché nel mio paese c’è una dittatura, perché rischio di essere perseguitato, perché c’è una guerra in corso, non posso chiedere nel mio paese d’origine né in un paese di transito un Visa per raggiungere legalmente un posto sicuro dove io verrò accolto. Ci sono degli esperimenti di corridoi umanitari fatti da Sant’Egidio o comunque da organizzazioni private non disposte dagli Stati, ma i numeri sono veramente irrisori rispetto alle persone che ne avrebbero diritto”.

– Cosa succede nelle carceri libiche?

“Io potrei citare molti documenti delle Nazioni Unite, di organizzazioni assolutamente affidabili come Amnesty International, Save the Children, che hanno fatto fior di report sulle condizioni gravissime dei centri di detenzione in Libia ma preferisco dare una testimonianza più personale. Io per anni ho insegnato in una scuola per adulti dove tutti i ragazzi –migranti, richiedenti asilo appena sbarcati- venivano iscritti per imparare la lingua italiana e per ottenere un titolo di studio che agevolasse il processo di inclusione. Quando arrivavano questi ragazzi e si iscrivevano a scuola facevamo dei colloqui preventivi per conoscerli meglio. Non facevamo domande dirette su ciò che era successo ma molti di loro sentivano l’esigenza di raccontare e tantissimi ci hanno mostrato i segni delle torture, le falangi delle dita tagliate, le cicatrici sul corpo, così come molte ragazze erano incinte e avevano bambini piccolissimi, frutto di stupri sistematici. Io ho ascoltato centinaia di questi racconti, ho visto le ferite su tantissimi di questi ragazzi. Non solo ma molto spesso succedeva che i miei studenti ricevevano notizie da loro amici o parenti, persone che avevano conosciuto o che erano ancora bloccate nei campi di detenzione in Libia e che mandavano dei video su percosse, su richieste d’aiuto. Può sembrare strano che in un centro del genere ci siano a disposizione i telefonini ma vengono lasciati in dotazione ai prigionieri per fare pressione sui propri parenti per ottenere dei soldi. Quindi spesso accade che vengono filmate le torture perché poi vengano inviate per sollecitare l’arrivo dei soldi. In sostanza, tanto il governo quanto persone senza scrupoli, hanno costruito questo sistema per approfittare delle persone che migrano, del fatto che non ci siano canali possibili di migrazione legale e quindi hanno fatto del passaggio in Europa un atroce business, però questo succede perché non ci sono canali consentiti, legali. Gli accordi e gli sbarchi sono stati fatti, dando a una parte delle milizie che controllano una parte della Libia e ai trafficanti, più denaro di quanto gliene davano i migranti per partire, quindi di fatto le tasse degli italiani sono andate a finanziare i peggiori criminali in un affare mostruoso dove la violazione sistematica dei diritti umani, l’abuso, la tortura e lo stupro sono prassi. Una cosa simile era stata fatta con Gheddafi, accordi simili sono stati presi con Erdogan in Turchia, quindi noi stiamo finanziando governi dittatoriali, semidittatoriali, trafficanti di uomini, agenzie criminali della peggior specie e questo, come è stato nel caso di Gheddafi, a un certo punto diventano potenti con i soldi dati dall’Europa e poi bisogna intervenire con mezzi bellici. Quindi è un’operazione non solo disumana ma che poi, a medio e a lungo termine, si rivela del tutto pericolosa e dispendiosa per gli europei stessi. Una cosa molto simile è successa con il terrorismo, che era finanziato dagli Stati Uniti e poi ha dovuto impegnare tantissime risorse economiche nonché tantissime vite per arginare il problema ma dopo averlo alimentato con finanziamenti”.

Migranti in un centro di detenzione alla periferia di Tripoli, Libia, nel febbraio 2017. (foto UNICEF/Alessio Romenzi)

– Come riescono a partire dalle carceri libiche?

“Le persone riescono a partire perché si affidano a dei trafficanti di persone perché non sono disponibili i canali legali per arrivare in Italia e in Europa. Questi trafficanti, spesso chiudono le persone nei centri di detenzione libici, sia quelli governativi che quelli proprio delle bande. Si viene chiusi  senza alcun processo. Quando un barcone viene riportato in Libia, le persone vengono nuovamente detenute in questi centri terribili dove vengono torturati, abusati, talvolta uccisi, e se ne esce nel momento in cui viene pagato un riscatto. Quindi a volte le famiglie, gli amici o i parenti, si ricorre a tutti pur di raccogliere questo denaro, pagano tante volte il riscatto perché ogni volta che la persona viene ricatturata, per uscirne deve pagare. Questo significa che gli accordi con la Libia fatti da Minniti e ribaditi da Salvini e comunque avevano provato in tanti, in realtà servono soprattutto ad arricchire i trafficanti. Non hanno come effetto quello di fermare i trafficanti ma al contrario quello di arricchirli perché le persone vengono fermate più volte e quindi ottengono più denaro. Il fatto che si sia dato alla cosiddetta Guarda Costiera Libica il compito di fermare le navi dei migranti e di riconsegnarle ai gestori di questi centri di detenzione fa si che i migranti paghino più volte il riscatto per poter essere liberati. Chi non riesce a pagare spesso viene ucciso o addirittura viene utilizzato per il commercio di organi. Quello che succede è veramente spaventoso, disumano, perfido, e non ha nessun riscontro positivo in termini di diritti o di benessere della popolazione europea perché in realtà le risorse che servono per frenare l’arrivo dei migranti sono ingenti e sono date ai peggiori, che comunque stanno crescendo, e che poi costituiranno un problema ben maggiore dei migranti”.

– Una migrazione gestita in modo diverso può portare benessere al paese che accoglie?

“Una immigrazione gestita in maniera diversa può assolutamente portare benessere al paese che accoglie. Facciamo un esempio: se al posto di fare in modo che i migranti quando arrivano vengono depauperati di tutti gli averi loro e delle famiglie, perché appunto per pagare i trafficanti, per pagare il riscatto nei centri di detenzione vengono consumate risorse, vengono fatti prestiti, quindi le famiglie si indebitano nei paesi d’origine per cui ancor di più poi c’è bisogno di fuggire per poter sopravvivere. Poi le persone vengono distrutte fisicamente, quindi quando arrivano hanno bisogno di essere assistite e occorrono delle risorse. Se queste risorse non vengono utilizzate, come è stato fatto da questo ultimo governo, gli obblighi nei centri d’accoglienza italiani vengono ridotti al minimo; viene cancellato il corso d’italiano, il supporto psicologico, i percorsi d’inclusione, poi si sta costruendo una fabbrica di marginalità ovvero persone che non hanno imparato la lingua, che non hanno conosciuto il sistema del lavoro, che sono stati soltanto malamente nutriti in posti periferici. Quando finisce il momento dell’accoglienza sono ovviamente un problema sociale”.

UNHCR / Hereward Holland. Un gommone pieno di migranti al largo della Libia aspetta di essere soccorso dalla Sea Watch.

– I soccorsi in mare cosa rappresentano?

“I soccorsi in mare sono necessari nel momento in cui non ci sono alternative all’arrivo. Altrimenti le persone, appunto, muoiono. Altra precisazione importante: questi accordi fatti da Minniti hanno stabilito una zona sar libica, il che significa una zona in cui il governo libico è incaricato di fare dei salvataggi, cioè ha l’obbligo di salvare le persone. Il che non significa che ha l’esclusiva per i salvataggi, significa che un’altra nave che assiste al fatto che delle persone sono in difficoltà può intervenire e salvare. In più c’è una guerra, non c’è un governo stabile, non è un paese gratificato alla convenzione di Ginevra quindi non si danno le condizioni necessarie perché venga considerato un porto sicuro e anche il fatto che sia stabilita come zona sar è un po’ una truffa, come molti degli organismi internazionali lo hanno ribadito per cui i soccorsi in mare e soprattutto delle ONG che sono ormai le uniche a fare i salvataggi è dovuto il fatto di non riportare le persone indietro perché significa violare il diritto internazionale ma soprattutto significa violare i diritti delle persone”.

– Oggi a cosa stiamo assistendo invece?

“Quello a cui si sta assistendo, che è estremamente pericoloso, è il fatto di premiare azioni gravemente immorali oltre che illegali sul piano delle norme superiori come la costituzione o il diritto internazionale o il diritto del mare e promuovere invece comportamenti sia contro l’umanità che contro che contro queste fonti normative superiori. Intendo dire che noi siamo abituati a pensare che ciò che è legale è anche morale per cui, se il salvataggio in mare viene multato, chi lo fa rischia di essere incarcerato. Salvare le persone dalla morte, soprattutto un naufrago, inizia ad essere percepito come invece una cosa negativa, una cosa da evitare, mentre l’omissione di soccorso, lasciare le persone affogare, siano esse bambini, viene visto come difendere le frontiere, come una cosa positiva. Questo è veramente pericoloso perché sovverte completamente l’ordine dei valori e premia i cattivi e punisce invece atteggiamenti più umani. Cosa c’è di assurdo in tutto questo, che questo tipo di politica ottiene un grande consenso e non è una cosa esclusivamente della destra, ma appunto politiche simili sono state iniziate anche dal PD e sposate anche dal Movimento 5 Stelle ed è veramente qualcosa di trasversale. Sono politiche sostanzialmente molto stupide che non vanno assolutamente a favore della popolazione italiana o europea. Ad esempio, che cosa davvero compromette il welfare state, la possibilità che persone in difficoltà abbiano risorse all’interno dell’Europa. I diritti sociali sono garantiti dal versamento delle tasse, fatte tanto da cittadini italiani quanto da cittadini stranieri residenti. La mancanza di risorse, non è sufficiente per garantire ospedali, istruzioni, supporto ai disoccupati, e tutto quello che servirebbe a un paese per rendere maggiore il benessere soprattutto degli ultimi. La mancanza di risorse necessarie dipende soprattutto dall’elevatissima evasione fiscale. Si calcola che nei paradisi fiscali vengono persi circa mille miliardi l’anno in tutta Europa, il che corrisponde alla spesa per la sanità di tutta Europa. Una cifra enorme che veramente risolverebbe tutti i problemi. Questa evasione nei paradisi fiscali è fatta dai grandi ricchi in maniera del tutto illegale. I clandestini di cui occorrerebbe realmente avere timore perché sottraggono diritti, sottraggono scuole, sottraggono risorse, sottraggono speranze, sottraggono lavoro, sottraggono salute, perché ovvio che sono soggetti estremamente ricchi che illegalmente esportano i propri capitali altrove e non dandoli alla collettività. Per esempio, su temi di questo tipo non c’è nessuna attenzione, nessuna indignazione, non è un tema all’ordine del giorno, eppure è quello che realmente mette in pericolo i diritti e le risorse della popolazione europea. I migranti non costituiscono un pericolo per i poveri europei”.

Un’immagine dal centro di detenzione di Tariq al-Sikka, a Tripoli (Foto UNHCR/Iason Foounten)

– Perché gli italiani continuano a pensare che i migranti ci rubano il lavoro?

“Si pensa sempre che i migranti rubano il lavoro o che a loro gli vengono date una mole eccessiva di risorse. Questo è del tutto sbagliato. Spieghiamo perché: in primo luogo un aumento della popolazione significa non soltanto dei lavoratori ma un aumento dei consumatori, un aumento degli utenti, un aumento dei clienti, e quindi un numero di popolazione più alta dovuto all’immigrazione o all’aumento delle nascite in realtà aumenta i posti di lavoro, non li diminuisce perché aumenta la popolazione e quindi aumentano anche chi versa le tasse. Si calcola che da quando gli sbarchi sono fortemente diminuiti, si perderanno in Italia, soprattutto al Sud dove era più necessario, 18mila posti di lavoro di italiani. Non è vero che le risorse che vengono spese per i migranti sono eccessive. Nella vita di una persona vi è un momento in cui questa è più produttiva e un momento in cui questa lo è meno. In generale, un bambino che cresce non versa nessun contributo alle casse dello Stato per tantissimi anni e quindi lo Stato investe su questo nuovo essere appena nato: finanzia le scuole, la sanità, vari diritti necessari. Quando la persona inizierà a lavorare quindi a restituire pagando le tasse, vi sarà un rientro per la comunità. Quando arriva un migrante e c’è un investimento che fa la comunità attraverso l’accoglienza o i corsi d’italiano in supporto all’inclusione sociale, ha un costo molto più basso perché si consideri che dura circa un anno, due anni massimo e quindi l’investimento sulla persona è molto più lieve, per cui non è vero che è un aggravio eccessivo anzi è una spesa molto più contenuta rispetto ad un cittadino normale. Quindi non è questo ciò che dovrebbe preoccupare, preoccupa perché c’è una speculazione tanto dei media quanto dalla politica perché si è visto che issare l’odio è qualcosa che paga, tuttavia issare l’odio significa anche diffondere sentimenti ostici che fanno male alla stessa persona che li prova come per esempio rabbia, odio, invidia, paura, allarmismo, e quindi anche in questo senso non è un dono che viene fatto dai così detti ‘imprenditori della paura’ che speculano su questo”.

– Quali sono le conseguenze di una politica ostruzionista ed estremista?

Ci sono tantissimi esperimenti di psicologia sociale che dimostrano quanto sia semplice convincere le persone che il proprio nemico sia la persona più vicina e purtroppo è semplice e lo è sempre di più, dovuto anche all’uso dei social network da parte di agenzie che lo fanno spudoratamente per ragioni elettorali o commerciali, perché ovviamente le notizie viste molte volte fanno tanti click e significa che vendono ad un prezzo più caro la pubblicità e questa polarizzazione dell’informazione nel fare in modo che le persone si dividano in due gruppi che si fanno battaglia, non esclusivamente italiani. Ci sono quelli che sono d’accordo con una politica di respingimenti e quelli che contro i discorsi di odio, di razzismo, comunque si polarizzano e finiscono per odiarsi a vicenda, quindi anche tra coloro che difendono i diritti umani si finisce per avere un atteggiamento di odio, di repulsione verso i propri avversari perché è un modello comunicativo che si sta affermando e che però non ci fa bene perché in realtà la migrazione è al momento il grandissimo paravento. La migrazione non è un problema, si può gestire e può addirittura essere di grande beneficio per il paese che accoglie, se è gestita in maniera sensata,  ad esempio: piuttosto che non dare permessi  per motivi di lavoro, concedere a delle persone di entrare in cerca di lavoro con un deposito, cioè con dei soldi depositati in una banca che gli consentono per un periodo necessario alla ricerca del lavoro di sopravvivere autonomamente. Questo significherebbe che verrebbero abbattuti i costi dell’accoglienza, che la persona userebbe quello che da al trafficante in Italia piuttosto che finanziare la criminalità organizzata di fatto porterebbe soldi in Europa, quindi permetterebbe un ingresso anche controllato dove la persona non è costretta a trovarsi in situazioni difficili o alla mercé di sfruttatori e criminali. Questo è un piccolo esempio di come si può immaginare una soluzione proficua per entrambe le parti, dopo di che bisogna considerare che i problemi ormai sono globali e che non è mettendo popolazioni con nazionalità diversa uno contro l’altro che si risolvono, al contrario, serve sempre di più un’alleanza transnazionale tra le persone perché la disuguaglianza è sempre in crescita spropositata e la guerra tra i poveri non fa che avvantaggiare i ricchi. La guerra tra i poveri si trasforma in una guerra ai poveri: ad esempio i cosiddetti big del cyberspazio, le grandi multinazionali, sfruttando il fatto di essere collocate in più nazioni, riescono a pagare le tasse in misura minore, a sfruttare le persone nei paesi dove la manodopera costa meno, a vendere i prodotti al prezzo più alto dove costano di più e così via. Quindi sfruttano le condizioni economiche e fanno tesoro del fatto che le persone di nazionalità diverse si guardano con sospetto, se invece ci fosse una maggiore consapevolezza sul fatto che le condizioni di vita della popolazione semplice in Africa interessano anche noi e hanno un effetto sul nostro benessere, o che determinate politiche nostre interne hanno un effetto sugli altri, questo ci spingerebbe forse a capire che non possiamo guardarci come nemici ma piuttosto che il nemico non è dove noi pensiamo ma è altrove e quindi, difendere l’umanità che è porgendo aiuto a un naufrago, a una persona in difficoltà, ma fare in modo che queste condizioni di difficoltà non ci siano e non ci sia lo sfruttamento, sia interno che esterno. Questo ci beneficerebbe un po’ tutti. Ci sono soluzioni razionali. Non sono i migranti la minaccia a sono ben altri i problemi dei quali occorre occuparsi e dei quali e dei quali non ci si occupa minimamente perché c’è chi specula su paure e rabbie e confonde le persone perché nel  momento in cui dice che i problemi sono questi, te ne devi occupare e siccome non te ne vuoi occupare o non te ne sai occupare o peggio ancora sei colluso con chi questi problemi seri li causa, allora non lo vuoi fare e sposti l’attenzione su qualcosa che non ha alcuna responsabilità e non è il problema. Se la cosa è gestita diversamente quegli stessi migranti possono essere assolutamente una risorsa. Facciamo delle ipotesi: se la persona ha da parte dei soldi, che vengono dati al trafficante o al centro di detenzione, se potessero venire verrebbero spesi in Italia per affittare una casa, per poter acquistare quello che serve e via dicendo. Seconda cosa: i migranti hanno dei rapporti con i paesi d’origine, il che significa possibili rapporti commerciali dell’Italia con un mercato più ampio. La migrazione, quando non è così difficile, diventa una migrazione circolare in molti casi, per esempio questo i siciliani lo conoscono bene; tantissimi ragazzi sono andati a studiare fuori, hanno lavorato per un periodo fuori, hanno fatto esperienze, e poi sono tornati a vivere in Italia o in Sicilia. Io stessa ho questa esperienza. Questo è abbastanza normale, è la circolazione delle persone che produce più conoscenza, più esperienza, più contatti, ed è qualcosa di positivo non è qualcosa di negativo. Le diaspore hanno anche una funzione politica importante. Non dimentichiamo che uno dei padri dell’Italia, Mazzini, era un rifugiato. L’Italia è nata grazie al fatto che delle persone che combattevano contro le ingerenze di governi oppressori, hanno trovato rifugio altrove, Mazzini per esempio in Francia. Molto spesso i profughi che vengono accolti altrove, diventano una forza organizzata per andare a smantellare quelle dittature o quei governi oppressivi che sono nei paesi d’origine, senza bisogno di fare operazione allo sviluppo o interventi simil-coloniali nei paesi africani o di altre regioni del mondo”.

Migranti in Libia (IOM).

– Perché bisogna aiutare i migranti a integrarsi?
Nella mia esperienza ho seguito tantissimi giovani richiedenti asilo, minori stranieri non accompagnati, migranti arrivati da poco. Se a questi ragazzi gli viene data una possibilità di istruirsi, di mettersi in relazione agli altri, diventano veramente una forza positiva. Tutti i miei studenti avevano un’enorme voglia di studiare, apprendere, capire, crescere e dare anche al paese che li stava accogliendo. Per esempio un gruppo di ragazzi africani ha creato nel giro di poco tempo un’azienda che produce giochi educativi e il loro sogno e quello di poter dare lavoro ai ragazzi italiani che sono disoccupati, poter fare formazione e la stanno già facendo nei quartieri difficili come lo Zen, Ciaculli, Brancaccio, e insegnano ad altri ragazzi italiani coetanei la resilienza, la forza di riprendersi, di alzare la testa, di riuscire. Molti commercianti di origine straniera qui in Sicilia hanno denunciato gli estorsori, hanno fatto arrestare dei mafiosi, hanno avuto il coraggio di opporsi alla cultura mafiosa e alla criminalità organizzata. C’è la comunità islamica a Palermo, per esempio, che non è stata rifiutata, si è sentita accolta e ha collaborato per la sicurezza del luogo dove loro stanno per cui è successo per esempio che gli era giunta notizia che c’erano delle persone in fase di radicalizzazione, che volevano fare adepti per il terrorismo e loro stessi li hanno denunciati alle autorità. Probabilmente se non si fossero sentiti accolti non avrebbero avuto questa intenzione di collaborazione con le istituzioni a difesa del territorio in cui stavano, quindi si vede come un atteggiamento di accoglienza, di inclusione intelligente che porta benefici in termini economici, culturali, di sicurezza, tanto al paese che accoglie quanto al paese di origine dei migranti. Ribadisco che volere abbassare i diritti di un determinato gruppo non è mai servito ad aumentare i diritti della maggioranza ma è l’anticamera per diminuire anche i diritti della maggioranza. Assistiamo ad una erosione dei diritti del lavoro e lo sfruttamento è iniziato soprattutto con i migranti e poi si trasferisce in maniera sempre più smaccata nei confronti di persone che prima si sentivano tutelate perché la cultura dello sfruttamento inizia ad essere sempre più accettata. Mi è capitato più volte di sentire dei discorsi di una persona in difficoltà che non accetta condizioni di sfruttamento, non accetta di essere pagato 2/3 euro l’ora, di non avere il contratto, di lavorare molte più ore di quelle che sono scritte nel contratto, di restituire gli assegni familiari dovuti al proprio datore di lavoro e tantissime di queste storie che ben conosciamo. Tutto questo viene imputato alla persona povera o in difficoltà che ha bisogno di lavorare e non scandalizza invece il comportamento dei datori di lavoro. Ci stiamo abituando alla disuguaglianza, ci stiamo abituando allo sfruttamento perché lo abbiamo sentito sui gruppi più vulnerabili. L’erosione dei diritti di un gruppo vulnerabile si ripercuoterà sul gruppo che adesso si sente protetto. I diritti sono sinergici, più sono tutelati per tutti, più valgono per tutti. Sono soltanto delle elite ristrette che riescono a farla franca soprattutto facendo credere a chi è in maggiore difficoltà che il nemico è quello più povero di lui. Questa è una grandissima mistificazione che mette in pericolo le persone, che dovrebbero capire che, chi sta erodendo risorse e diritti non è in basso ma è in alto”:.

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Angelo Barraco

Angelo Barraco

Angelo Barraco, classe 89, è un giornalista che nasce in Sicilia, precisamente a Marsala, in provincia di Trapani. E' un giornalista curioso è attento ai dettagli che negli anni ha collaborato per numerose testate giornalistiche territoriali, nazionali, internazionali, sia cartacee che web. Ha scritto di politica, attualità, economia, territorio, cronaca nera, recensioni letterarie e musica. Ha intervistato molti importanti esponenti della società contemporanea che hanno tracciato un solco indelebile nella cultura e nella storia moderna

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