È giunto alle 8 di sera, dopo l’ennesima giornata di polemiche, online e offline, il verdetto del gip di Agrigento sull’arresto di Carola Rackete, capitana della Sea-Watch 3 agli arresti domiciliari per aver violato il blocco imposto dalle autorità italiane e aver fatto sbarcare 40 migranti nel porto di Lampedusa. Il gip non ha convalidato l’arresto della Rackete, ha escluso il reato di resistenza e violenza a nave da guerra e ha ritenuto che il reato di resistenza a pubblico ufficiale sia stato giustificato dalla “scriminante” di avere agito “all’adempimento di un dovere” ben preciso: quello di salvare vite in mare. Non solo: nelle motivazioni, il gip mette anche alle discussioni a proposito del porto di sbarco, che, afferma, non poteva che essere Lampedusa “perchè i porti della Libia e della Tunisia non sono stati ritenuti porti sicuri”.
Proprio per il fatto che la decisione di attraccare a Lampedusa, per il gip, non era strumentale ma motivata da necessità, è stata bocciata anche la richiesta di divieto di dimora nella provincia di Agrigento e nei porti di competenza per la capitana della Sea-Watch 3. Che però, per ora, rimane sotto sequestro.
Il gip di Agrigento, insomma, dà ragione alla “Capitana” e torto al “Capitano”. Che ribatte, prontamente, su Facebook, dichiarando che “è pronto un provvedimento per rispedirla nel suo Paese perché pericolosa per la sicurezza nazionale”. Circostanza sulla quale la Prefettura precisa che tale provvedimento, già firmato dal prefetto di Agrigento Dario Caputo, non potrà essere eseguito fino a quando Carola non sarà interrogata nuovamente dai pm nell’ambito dell’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’espulsione, in ogni caso, dovrà essere convalidata dall’autorità giudiziaria.
Qualche minuto più tardi, Salvini si collega in diretta Facebook per commentare, più nel dettaglio, la decisione del gip. “Disubbidire a leggi dello Stato, attaccare, speronare, rischiare di ammazzare militari Italiani non vale la galera. E questa sarebbe “giustizia”? Sono indignato, sono schifato ma non mi arrendo: restituiremo onore, orgoglio, benessere, speranza e dignità alla nostra Italia, costi quello che costi”, promette ai suoi follower ed elettori. Non solo: il titolare del Viminale invoca una “riforma della magistratura”, che cambi i criteri di assunzione, la selezione e la promozione di chi amministra la giustizia in Italia. “Questa non è la giustizia che serve a un Paese che vuole crescere”, ha osservato.