Nel novembre 1940 i nazisti decisero di dividere Varsavia in tre zone: ariana, polacca ed ebrea. 450 mila ebrei furono rinchiusi nel loro ghetto, con alti muri e soldati a controllarne l’accesso. Pian piano la popolazione che lì risedeva fu ridotta alla miseria e in tanti morirono di fame e stenti.
Una compagnia segreta, composta da giornalisti, ricercatori e capi della comunità, guidata dallo storico Emanuel Ringelblum – e conosciuta con il nome in codice Oyneg Shabes (in yiddish, La gioia del Sabato) -, decise di combattere le menzogne e la propaganda dei nazisti non con le armi e con la violenza, ma con carta e penna, raccogliendo 60 mila documenti, dai diari alle poesie, dalle canzoni ai disegni, dai manifesti alle foto, che potessero raccontare ai posteri la loro storia di oppressione e segregazione.
Quella lotta silenziosa, ma molto importante, è al centro di “Chi scriverà la nostra storia”, il toccante docu-film scritto e diretto della regista Roberta Grossman, e prodotto da Nancy Spielberg, che arriva finalmente nelle sale italiane – distribuito da Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema – in occasione del Giorno della Memoria 2019, dopo essere stato presentato come evento speciale alla recente tredicesima Festa del Cinema di Roma. Il lavoro della Grossman è tratto dall’omonimo libro dello storico Samuel Kassov.
Con l’aiuto di immagini d’archivio e rari filmati, nuove interviste e ricostruzioni storiche, il docu-film intreccia immagini d’archivio e rari filmati con nuove interviste e ricostruzioni storiche, che trasporta lo spettatore all’interno del Ghetto di Varsavia e lo fa partecipe delle vite di quei coraggiosi combattenti che sfidarono i loro aguzzini con l’arma più potente, quella della verità, affinché il loro archivio segreto sopravvivesse alla guerra e alla loro stessa fine. Alla vigilia dell’insurrezione del Ghetto di Varsavia – avvenuta fra l’agosto e l’ottobre del 1944 – quando erano cominciati i viaggi dei primi treni, sul famoso binario 21, che portava gli ebrei del ghetto verso il campo di sterminio di Treblinka, i membri della Compagnia riuscirono a seppellire quelle 60 mila pagine fondamentali per la storia dell’Olocausto, sperando che sopravvivessero alla guerra e a loro stessi. E così è stato.
“Chi scriverà la nostra storia” non vuole essere una lezione di storia, ma il racconto di aberrazioni umane, della follia e della barbarie nazista.
La bravura della regista statunitense sta nell’essere riuscita a trovare il difficile equilibrio tra momenti di finzione, documenti video dell’epoca e le parole dello stesso Kassow, precisando che ogni frase, di ogni racconto, riporta testualmente quanto scritto nei documenti.
A legare il tutto una voce narrante, quella della nota scrittrice Rachel Auerbach che, stimolata da Ringelblum (che a sua volta rinunciò a un riparo sicuro per lui e la sua famiglia), non scappò da Varsavia assieme ai propri cari, collaborando alla stesura di questo doloroso diario. L’Auerbach fu una dei pochi ebrei di Varsavia che sopravvisse allo sterminio e dedicò tutta la sua vita alla ricerca ed alla conservazione di documenti dell’epoca.
Nel docu-film, è proprio con lei che, dopo la disfatta del Terzo Reich, assistiamo – con vera emozione, come per un tesoro riportato alla luce – al ritrovamento dell’archivio sepolto dalle macerie del ghetto. Nella realtà, dal 1999, la collezione di documenti dell’Oyneg Shabes fa parte del Registro della Memoria del Mondo dell’UNESCO.
“Quale parte della storia diventa racconto ufficiale? I racconti di chi eleviamo a ‘verità’, e quali invece vengono ignorati o addirittura sepolti? Che cos’è reale e che cos’è falso? Nel 2018, sono queste le domande più importanti – ha dichiarato la regista, Roberta Grossman – Lo erano anche per quel coraggioso gruppo di combattenti della resistenza imprigionati nel ghetto di Varsavia durante la Seconda Guerra mondiale. Quando sono venuta a conoscenza di questo gruppo segreto di giornalisti, studiosi e storici, ho capito che avrei dovuto fare un film su di loro. La loro storia è, secondo me, la più importante vicenda sconosciuta dell’Olocausto”.
Una vicenda ben narrata, delicata e potente, che scuote gli animi, senza “forzature cinematografiche”: con molta onestà viene dato spazio non solo ai molti polacchi che hanno pagato con la vita la solidarietà verso gli ebrei, ma anche a chi, come la famigerata polizia ebrea, che tradì i propri fratelli, macchiandosi anche di omicidi.
Alcune considerazioni finali.
“Chi scriverà la nostra storia” andrebbe proiettato in tutte le scuole, non solo per non dimenticare ma anche per formare nuove generazioni, perché il seme dell’intolleranza si annida ovunque, soprattutto in chi non sa, e per far capire che quelle che appaiono magari come “goliardate” sono il primo focolaio dell’intolleranza.
E’ un film sul coraggio e sulla dignità, un film sulla parola, e la sua importanza, e insegna alla società odierna, che innalza muri e chiude porti, che bisogna ricordare il passato per capire il presente e costruire il futuro.