A Pittsburgh, Pennsylvania, si è consumato l’ultimo atto della scia di violenze che sta infiammando gli Stati Uniti alla vigilia delle elezioni di medio termine. Alle 9:54 a.m. di sabato, la polizia è stata informata di una sparatoria in corso all’interno della Sinagoga “Tree of Life” nel quartiere di Squirrel Hill. L’assalto, nello stile dei tanti “mass shooting” in salsa USA, è durato 20 minuti ed è costato la vita ad 11 persone, lasciando 6 feriti fra i quali 4 agenti e 2 civili in condizioni critiche. L’autore della sparatoria è stato preso in custodia dalle forze dell’ordine e, secondo fonti dell’FBI, si tratterebbe di Robert Bowers, un quarantenne appartenente all’estrema destra americana. Il sospettato, che secondo le ultime ricostruzioni avrebbe usato 4 armi fra le quali un fucile d’assalto e 3 pistole, avrebbe fatto irruzione nella prima mattinata, durante una cerimonia ebraica.
Soltanto qualche minuto prima, il sospettato avrebbe postato un contenuto su Gab.com, social media usato dall’Alt-Right americana: “HIAS likes to bring invaders in that kill our people. I can’t sit by and watch my people get slaughtered. Screw your optics, I’m going in.”. La HIAS è un’associazione no-profit che si occupa di dare accoglienza e aiuto ai rifugiati, nel rispetto dei principi ebraici. Robert Bowers, nei giorni precedenti alla sparatoria, avrebbe continuato a condividere contenuti razzisti, scagliandosi contro la carovana di persone che dal Centro America si sta muovendo verso i confini statunitensi. Sembrerebbe, quindi, che il sospettato abbia agito per motivi politici.
Il Presidente Donald Trump, impegnato nella FFA Convention di Indianapolis, Indiana, ha subito condannato l’atto definendolo “pure evil”. Il tycoon si è scagliato contro un intollerante odio razziale e contro l’antisemitismo, sentimento impensabile nel nuovo millennio e foriero di orrori durante il secolo scorso. Per non scontentare gli alleati della NRA, il Presidente ha oculatamente evitato di condannare l’uso di armi da fuoco nella strage e si è limitato a constatare che, con delle guardie armate all’interno della Sinagoga, la strage si sarebbe potuta evitare. Contemporaneamente, Jeff Sessions, Ministro della Giustizia, ha annunciato che farà il possibile affinché il sospettato venga accusato di crimini d’odio, accuse che potrebbero portare anche alla pena capitale, se confermate.
La sparatoria di Pittsburgh è soltanto l’ultimo atto di violenza efferata che questa settimana ha coinvolto gli Stati Uniti. L’attesa spasmodica per le elezioni di medio termine, previste per il prossimo 6 Novembre, ha esasperato i toni di una battaglia già da mesi avvelenata dalle violenze verbali e dall’estremizzazione del linguaggio politico. In questo clima di tensione permanente, il caso degli esplosivi recapitati agli alti esponenti del Partito Democratico non può essere considerato un “fulmine a ciel sereno”. Secondo Ronald Lowy, l’avvocato che nel 2002 difese Cesar Sayoc Jr in una causa simile a quella per il quale è stato incriminato venerdì, il suo cliente, nel disperato tentativo di diventare “qualcuno” avrebbe trovato in Donald Trump una figura “paterna”. Sayoc, sempre secondo Mr. Lowy – che non 2002 non era interessato alla politica – si sarebbe fatto ammaliare dal tycoon, diventandone un fan e adottando i suoi principali slogan. Nel suo Van, sequestrato dalle forze dell’ordine, Cesar Sayoc Jr aveva creato una collezione di immagini, arricchendo le foto di vari esponenti democratici con mirino e simboli d’odio. E mentre sui social network si lasciava andare ad offese razziste nei confronti di Barak Obama, sul posto di lavoro elogiava Hitler e se la prendeva con il suo capo, accusandola di essere lesbica e, quindi, da “rinchiudere con i Democratici su un’isola e fatta esplodere”. Nonostante non ci siano state vittime, se le accuse nei confronti di Cesar Sayoc Jr. dovessero essere confermate, l’uomo rischierebbe fino a mezzo secolo di carcere.
Proprio mentre molti membri dell’Alt-Right americana considerano il caso dei pacchi bomba come un complotto ordito dai Democratici per guadagnare voti fingendosi vittime di una persecuzione immaginaria, Donald Trump parlava della questione virgolettando la parola “Bomb” ed insinuando che questa storia stesse distraendo l’opinione pubblica dai buoni risultati Repubblicani nei sondaggi.
Se è vero che certamente non tutti i supporter di Trump sono dei violenti, è altrettanto vero che, nei fatti di cronaca dell’ultima settimana, tutti i violenti sono Trumpiani. Questo, forse, dovrebbe far riflettere un Presidente troppo occupato a polarizzare l’opinione pubblica da accorgersi che una parte dei suoi elettori ha abbracciato il terrorismo di matrice politica ad una settimana dalle elezioni.