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Corea del Nord, niente summit con Kim ma Trump “il kamikaze” ha una strategia

Sembra quasi una mossa-kamikaze, perché a rischio c'è un'opportunità storica. Ma Donald Trump spera ancora di spuntarla

Giulia PozzibyGiulia Pozzi
Corea del Nord, niente summit con Kim ma Trump “il kamikaze” ha una strategia

Un murales sarcastico sul presidente USA Donald Trump e sul leader nordcoreano Kim Jong-Un.

Time: 3 mins read

Vi avevamo avvertiti qualche settimana fa: prima di cantare vittoria per l’incontro – storico – programmato tra Kim Jong-Un e Donald Trump, sarebbe stato necessario attendere la mossa successiva del presidente degli Stati Uniti d’America. Mossa che è giunta in queste ore, proprio nel giorno in cui si è svolta la cerimonia per lo smantellamento definitivo dell’area militare da dove il regime ha condotto i test nucleari, con una lettera, indirizzata a Kim Jong-Un, in cui il Commander-in-Chief cancellava ufficialmente il vertice in questione, capolavoro diplomatico al quale, tra gli altri, il leader sudcoreano Moon Jae-In ha lavorato alacremente negli ultimi mesi. Una decisione che la CNN definisce, ad avviso di chi scrive opportunamente, l’ennesima mossa della guerra che Trump sta combattendo contro se stesso.

Soprattutto, se si considera tutta la storia, così come è iniziata mesi fa. Da quello sprezzante nomignolo “Little Rocket Man” appiccicato dal Presidente addosso al rivale nordcoreano, che a sua volta apostrofò il primo come “rimbambito” (“dotard”), passando per la guerra dei bottoni nucleari – guerra giocata rigorosamente in dimensioni e a colpi di tweet -, la notizia del vertice è stata però descritta da Trump, con un improvviso shift retorico, come un’incredibile opportunità. L’occasione, in parole povere, di “fare la storia”, una storia che nessuno, prima di lui, aveva saputo scrivere. Non a caso, a fine aprile Trump aveva twittato: “Divertente come tutti gli esperti che non si sono neppure avvicinati a fare un accordo sulla Corea del Nord siano ora tutti lì a dirmi come farlo”. Toni duri e minacce prima, una grande enfasi sulla possibile soluzione poi. Enfasi che, perlomeno nella strategia del Presidente, vorrebbe suggerire come il pugno duro iniziale sia stato propedeutico al risultato.

Che questo sia vero o meno, difficile dirlo. Soprattutto considerando il ruolo centrale giocato dalla Sud Corea, ma anche dalle sanzioni della comunità internazionale – che pure hanno avuto pesanti ricadute sulla già stremata popolazione del Paese -. Ad ogni modo, a fare infuriare Trump, spingendolo ad annullare l’incontro con Kim Jong-Un, è stata la frase (indubbiamente inopportuna) della vice ministra degli Esteri nordcoreana Choe Son-hui, che ha definito il vice presidente degli Stati Uniti, Mike Pence, “una stupida marionetta politica”. Non a caso, tra le motivazioni citate nella lettera di Trump per la cancellazione del vertice, si fa riferimento all'”aperta ostilità mostrata nella vostra recente dichiarazione”. Ieri, poi, in un’intervista alla tv Fox News, Pence aveva avvertito che la Nord Corea avrebbe fatto la fine della Libia di Gheddafi, se non fosse andata avanti con la denuclearizzazione. “Come persona che si occupa degli affari esteri Usa, non posso celare la mia sorpresa per l’ignoranza e la stupidità dei commenti del vice presidente americano”, aveva replicato Choe Son-hui, la numero due del ministero degli Esteri nordcoreano, incaricata agli affari americani e persona di fiducia di Kim Jong-un.

La dicotomia trumpiana evidenziata più sopra (pungo duro vs. enfasi sulla possibile soluzione ) la si ritrova anche nella lettera firmata dal Presidente. I cui toni sono essenzialmente cordiali, perlomeno rispetto ai tweet di fuoco a cui siamo ormai largamente abituati: “Apprezziamo il suo tempo, la pazienza e lo sforzo nelle recenti trattative relative al summit, in calendario il 12 giugno”, “un fantastico dialogo si stava sviluppando fra di noi. Un giorno ci incontreremo. Allo stesso tempo, voglio ringraziarla per il rilascio degli ostaggi che ora sono a casa con le loro famiglie. È stato un bel gesto, molto apprezzato”, fino alla conclusione aperta: “Se cambia idea in relazione a questo importante summit, non esiti a chiamarmi o a scrivermi”. Ma, nel corpo del documento, compare anche una minaccia, che richiama quella “guerra dei bottoni nucleari” a cui abbiamo già accennato prima: “Lei parla delle vostre capacità nucleari, ma le nostre sono così imponenti e potenti che io prego Dio affinché non debbano mai essere usate”.

Lo stile è lontano dal “Little Rocket Man” di cui sopra, ma del resto anche il medium scelto – la lettera ufficiale – è ben altra cosa dal veloce e “fumantino” Twitter. Ma la compresenza, anche in questo caso, di “bastone e carota” – passateci il termine – fa pensare a una strategia: da un lato, cioè, Trump è pienamente consapevole dell’importanza del vertice, dal punto di vista politico-strategico, ma anche a livello di immagine (imperdibile l’occasione di arrivare laddove Obama e i suoi predecessori non erano stati in grado di spingersi); dall’altro, tuttavia, non vuole rischiare di perdere la faccia, e di apparire troppo debole nei confronti delle provocazioni del rivale. Il rischio resta: ed è quello di bruciarsi definitivamente un’opportunità indubbiamente storica. Anche perché in ballo c’è molto più che il destino politico del Presidente: c’è la pace nucleare del globo. E scusate se è poco.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Giulia Pozzi

Giulia Pozzi

Classe 1989, lombarda, dopo la laurea magistrale in Filologia Moderna all'Università Cattolica di Milano si è specializzata alla Scuola di Giornalismo Lelio Basso di Roma e ha conseguito un master in Comunicazione e Media nelle Relazioni Internazionali presso la Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale (SIOI). Ha lavorato come giornalista a Roma occupandosi di politica e affari esteri. Per la Voce di New York, è stata corrispondente dalle Nazioni Unite a New York. Collabora anche con "7-Corriere della Sera", "L'Espresso", "Linkiesta.it". Considera la grande letteratura di ogni tempo il "rumore di fondo" di calviniana memoria, e la lente attraverso cui osservare la realtà.

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