Di ‘ndrangheta storicamente si è parlato meno che di camorra e mafia, le malevite organizzate campana e siciliana. I calabresi furono forse più furbi e si tennero sembra a debita distanza dall’eclatante, dagli omicidi rituali, dalle cronache. A memoria, ma seguo poco le cronache, ricordo solo la faida dei Nirta e gli Strangio decimati a Duisburg, in Germania.
Quante volte leggiamo di ‘ndrangheta, soprattutto al nord, dove ormai detta legge? Elia Minari, coraggiosissimo studente universitario di Reggio Emilia, ne parla quotidianamente. Ma se ne sa ancora poco, troppo poco. La struttura delle ‘ndrine differisce dai clan delle altre regioni del Meridione perché la geografia della Calabria portò le famiglie a limitarsi al proprio feudo, spesso mal collegato con gli altri borghi. I capifamiglia sono quindi poco inclini al dialogo con malavitosi non legati da patti di sangue.

Di ‘ndrangheta ho letto moltissimo, c’erano anni in cui la mia scrivania quasi crollava sotto il peso dei saggi di giornalisti e magistrati. Non credo che per la Calabria ci sia riscatto, se non la migrazione per i giovani e giovanissimi. Potenzialmente è una regione straordinaria, con mare e monti, parchi e panorami mozzafiato. Ma sono stata a Cosenza e ho percepito l’ostilità dei suoi cittadini. Da donna del nord mi sono sentita a disagio. La Calabria mi stava odiando, nonostante io sorridessi più del dovuto. “Lei che è venuta a fare qui?”, mi disse diffidente la receptionist. Lucio Presta, risposi. Un incontro sulla televisione. “Qui non c’è niente”, ribattè con un ghigno. «Stia a Padova, è meglio.» Che fa, minaccia? le avrei risposto. Ma non avrebbe colto l’ironia.
Cosenza era fredda, inospitale, sporchissima, con i marciapiedi ricoperti di monnezza nauseabonda. Automobili in doppia e tripla fila, l’anarchia, quella dei Sex Pistols e Christiania. Io sono di Padova e Padova no, non le assomiglia. Vorrei che fosse un luogo comune, un errore o solo sporco, stupido razzismo. Il Sud, dice Saviano, “rimane stritolato da una narrazione che lo vorrebbe dipinto solo nel suo aspetto olistico e turistico, e da una naturale rassegnazione a non poter far più nulla di fronte a inefficienza e corruzione”. Non avrei potuto dirlo meglio.

Ridiamo di Checco Zalone e del suo posto fisso, di Made in Sud e di Totò, ci diverte, ci autoassolviamo in quanto veneti – che potremmo fare per loro, ci chiediamo? Terroni, dice qualcuno facendo spallucce, come se questo orribile termine bastasse a liquidare la questione. Ma il Sud non fa ridere, non ha mai fatto ridere e non comincerà a far ridere adesso. Siamo italiani, non possiamo ignorare lo strapotere della ‘ndrangheta. Gomorra ha mostrato Napoli al mondo. Un passo in avanti. Ma la Calabria no, non affascina, non fa parlare di sé. Io la amo, la amo immensamente. La vorrei libera e forte, stato italiano e non più terra di nessuno.
Discussion about this post