Domenica sera Las Vegas ha abbassato le sue luci. Undici minuti dalle 22.05 alle 22.16 senza il consueto scintillio sulla strip e non solo per tutta la città, in per ricordare le 58 vittime della mattanza trucidate in appena undici minuti da Stephen Paddock. Una carneficina mai vista prima nella storia moderna degli Stati Uniti.
Las Vegas continua a stringersi intorno ai suoi morti e ai tanti che in città erano arrivati dal Canada, dalla vicina California, Arizona, Utah, per assistere ad un concerto di musica rock, e dove invece hanno trovato la morte per mano di un codardo. Per chi visita Las Vegas, ma anche per per chi ci abita, il celebre Welcome to Las Vegas, il cartello che dal 1959 identifica la città stessa, il suo essere spettacolare anche nei suoi eccessi, è una delle mete che non ti puoi perdere, fosse solo per una foto scattata al volo. Da lunedì scorso sul prato intorno allo storico sign ci sono 58 croci a ricordare che anche Las Vegas è stata ferita, una ferita ingiusta come lo sono tutte quelle accadute prima, come il massacro alla scuola Columbine, come Sandy Hook a Newtown e come tante altre ferite causate da questa follia armata in nome di un emendamento che oggi per molti non ha molto senso ad esistere ma per ancora molti di più è un diritto sacrosanto quasi quanto l’aria che si respira.
Chi si ferma oggi davanti allo storico cartello di Las Vegas non vede le facce sorridenti a farsi foto, trova invece una folla commossa, persone in lacrime che sfilano di fianco alle 58 croci. Leggono i nomi delle vittime, posano fiori, guardano le foto, erano tutte persone normali, erano madri, erano fratelli, poliziotti, volti qualunque di persone che volevano solo divertirsi. In fila a dare il proprio omaggio a queste vittime senti la gente che si interroga, si chiede perchè, e c’è che ti risponde, che il perchè risiede in qualcosa di profondamente sbagliato in questa società, questa follia del garantire di possedere armi a chiunque.
Fa un certo effetto ascoltare commenti del genere, tanto forte è l’orgoglio americano per la propria costituzione, per il diritto a possedere un’arma, eppure in quella folla di persone con gli occhi arrossati dalle lacrime, forse per la prima volta si sono sentite voci che iniziano a chiedersi se veramente ne vale la pena difendere un diritto che toglie ogni volta così tante vite innocenti.
Chissà se è veramente l’inizio di una presa di coscienza, perchè se non lo è, diventa veramente difficile spiegare ad un bambino di cinque anni che quelle croci rappresentano altrettante vite di persone che si stavano divertendo e poi sono diventate improvvisamente angeli. E allora vedi quel bambino aggrottare le sopracciglia e gridarti che no, non è vero non possono essere diventati angeli perchè dovevano tornare a casa, dal loro cane, dai loro bambini.