“Tra i due litiganti, il terzo gode”. È un vecchio detto che il più delle volte ci prende. Ma non stavolta. Non se a litigare sono il Roberto Saviano di Gomorra e il De Magistris del Lungomare liberato, per capirci. Il tema del contendere litigioso, indovinate un po’, è Napoli.
Era facile da indovinare, lo ammetto. Ne parlano i due continuamente, sulle sponde opposte dello stesso fiume. Il fiume di una città che nel suo letto ospita tutto. E tutti. Un letto di fiume, Napoli, dove ci si fa il bagno godendosi il panorama più bello del Mondo e dove allo stesso identico modo se ne inquinano letteralmente le acque di ogni schifezza. Saviano Vs De Magistris, dicevamo. Giornalista e scrittore il primo, ex Pm e ora sindaco il secondo. E al centro? Napoli, i napoletani, la napoletanità, il sole, il mare, la pizza più buona, la camorra più spietata, il mandolino, la mala sanità, il mal trasporto, la convivialità, la bellezza, gli agguati, il sangue, le vittime innocenti, il lungomare, spacca Napoli, sputa Napoli, piazza Plebiscito, San Martino, Marechiaro, Forcella, Ponticelli, Scampia, le luminarie, la monnezza, Dolce e Gabbana che la omaggiano come si merita la città dei poeti, lo spot di una macchina guidata da un attore figlio di Napoli che la mostra con dei materassi a terra nella notte di un Capodanno rumoroso e brutto. In mezzo c’è sempre Napoli insomma.
Saviano e la sua infinita Gomorra, come se servisse un libro a ricordarcela quando apriamo un giornale e ci leggiamo sopra di un morto ammazzato o di una “stesa”, magari con dei nomi che riconosciamo perché ci abbiamo fatto la scuola assieme. E poi ognuno ha preso la sua strada. Non serve un libro per sapere che se cammini per strada di sera rischi. Grosso qualche volta. E non serve un libro per sapere che sfuggire alla morte o sopravvivervi perché eri nel posto sbagliato al momento sbagliato, è più frequente di quanto si possa immaginare. Ma in quel libro c’è scritto che a Napoli il Natale è sempre un poco più Natale che altrove? C’è scritto che qui le associazioni di volontariato organizzano il pranzo per mille persone e che i senza fissa dimora la sera il pasto caldo lo ricevono sempre? C’è scritto che il folclore napoletano non è solo folclore quando parlando con chi vive a Milano, scopri che la storia che da queste parti, con la mamma si nasce e col vicino di casa si muore, non è solo una storia? C’è scritto che chi viene all’ombra del Vesuvio, del Vesuvio si innamora? Qui il cuore è più grande che altrove, e se metti un guaio in fondo al Vicolo ci sarà sempre qualcuno che ti aiuterà a risolverlo. È la regola non scritta di chi è abituato a cavarsela da sé, tra i suoi, senza chiedere mai aiuto. È la regola che vige. Sempre. Da sempre. Forse per sempre.
Lato opposto, altra sponda. De Magistris e il suo lungomare. L’America’s Cup, la Coppa Devis, la maratona della pizza, ‘N’Albero, che per fortuna non è stato pagato, ma attira, e meno male. Il lungomare e la pista ciclabile. Il registro per le unioni civili e la marea di cittadinanze onorarie. Il lungomare, libero. Liberato. Ma sul quel lungomare c’è la Circumvesuviana che non passa mai, il pullman sempre strapieno, il borseggiatore che fa parte del pacchetto? C’è la baby gang che spaventa chi potrebbe per età, essergli padre o madre? Su quel lungomare c’è un posto in un ospedale che non sia su una barella o un lavoro che non contempli l’illegalità? C’è che vige la legge del più forte, del più furbo o di quello meglio armato? C’è che la criminalità qui ci sta, è papabile, è toccabile, te la senti addosso se sei in un posto buio o isolato? Sempre. Da sempre. Forse per sempre. Roberto Saviano vive sotto scorta perché ha parlato della Camorra che era già sotto gli occhi di tutti. Lo ha fatto in un libro in cui, lo ha detto una sentenza, ha anche scopiazzato qua e là il lavoro dei colleghi giornalisti. Luigi De Magistris governa una città di cui si occupa troppo spesso via social, nelle radio, nelle TV e su Facebook e Twitter. Il brutto, da un lato: eccessivo, ostentato, speculato, strumentalizzato. Il bello, dall’altro: eccessivo, ostentato, esagerato, speculato.
Nessuno ha ragione. Hanno tutti ragione. Ha ragione Napoli. O meglio, hanno ragione i napoletani. Ha ragione chi tra i due litiganti sceglie se stesso. Chi sceglie di restare a Napoli nonostante Gomorra o trova il coraggio di andare via da Napoli nonostante il Lungomare. Vince chi in Napoli ci crede ancora, ma senza buonismo o negazionismo, dannosi in fondo allo stesso modo. Vince chi Napoli la ama da lontano, perché ne è stato ferito ma non smette di sentirne la mancanza.
Hanno tutti ragione. Nessuno ha ragione. Non ha ragione Saviano, non ha ragione De Magistris. Ha ragione chi non ascolta nessuno dei due, chi se ne frega dei loro post o dei loro attacchi a distanza o via social. Ha ragione chi si sveglia la mattina e combatte. Ha ragione chi getta la spugna e si sveglia in un’altra città. Insomma, hanno ragione i napoletani, abbiamo ragione noi napoletani, qualunque scelta facciamo.
O meglio, ha ragione Napoli. Ha ragione una città che si è stancata di essere sputtanata o idolatrata a seconda di chi ne parla. Napoli è un mondo davvero a sé, nel bene e nel male. Napoli è questa, che ci piaccia o no. Possiamo metterci il casco e la cintura di sicurezza, ma parcheggeremo ancora in seconda o terza fila la nostra macchina intralciando il traffico. Possiamo rispettare la legge, ma solo il più delle volte. Non sempre. Allo stesso identico modo, posiamo essere la città della camorra, ma lasceremo sempre un caffè sospeso. Napoli è Napoli e questo non è una condanna né un privilegio. Non è il mezzo per Saviano per parlare o scrivere. Non è neppure il mezzo per De Magistris, per trarre consensi o chissà cosa. Napoli non è strumento, cari litiganti. Qui non ci gode nessuno. Napoli è la città però, dei proverbi che fanno parte del linguaggio comune. E chiudo allora questo scritto con un vecchio detto: “Nessuno è più signore del signore napoletano. E nessuno è più delinquente del delinquente napoletano”. E accettarlo non è ignavia o rassegnazione: è amore. E davanti all’amore sarebbe meglio tacere, da qualunque sponda del fiume si decida di stare.