Sembra ieri che, con l'elezione di Barack Obama, l'America pareva essersi lasciata definitivamente alle spalle la sua lunga e dolorosa storia di pregiudizio e di discriminazione razziale. Un presidente di colore alla Casa Bianca sembrava rappresentare il preludio ad un nuovo periodo di armonia etnica e sociale. Invece, proprio gli ultimi sei anni dell'amministrazione Obama sono stati, paradossalmente, un periodo di grande conflittualità razziale paragonabile per intensità e violenza a quello delle lotte per i diritti civili degli anni 60.
Come si spiega questa coincidenza tra l'avvento alla Casa Bianca del primo presidente afro-americano e questo intensificarsi delle ostilità tra gruppi etnici?
E' forse opportuno mettere in evidenza che nel corso dei grandi tumulti sociali degli anni 60 l'opposizione principale era, più generale, tra bianchi e neri mentre, al giorno d'oggi, l'irriducibilitá del problema sembra essere circoscritto per lo più al rapporto tra le comunità afro-americane e le forze dell'ordine. Anche se la presenza di bianchi in molti di questi dipartimenti di polizia costituisce la maggioranza (come nel caso di Ferguson), le dimensioni del disagio sono comunque più limitate e questo può essere interpretato come un segno positivo.
Volendo essere ottimisti infatti, l'incremento della violenza razziale in un contesto circoscritto come quello conseguente ai fermi di polizia, può essere visto come la fine di un'acquiescenza profondamente radicata nell'esperienza dei neri americani. In altre parole, da Trayvon Martin in Florida a Freddie Gray a Baltimora, quelli che stanno venendo alla luce di recente, sono solo la cima di un iceberg fatto di abusi, soprusi, prevaricazioni e violenze che, molto probabilmente, vanno avanti da sempre e che per anni sono stati controllati e censurati dalle dinamiche culturali interne delle forze dell'ordine. La differenza quindi é che, anche grazie all'avvento dei social media, questi ultimi episodi non possono essere più messi opportunamente a tacere e accettati secondo quei parametri di insindacabilità ed infallibilità che per anni sono stati accordati alle forze dell'ordine.
Una lettura ottimistica di questi tragici episodi potrebbe addirittura identificare nell'elezione di Barack Obama un momento di svolta da parte delle comunità afro-americane: una presa di coscienza, di risveglio e di riappropriazione della propria dignità che non consente più di restare a guardare di fronte alle angherie e ai soprusi che moltissimi, all'interno di queste stesse comunità, sono stati costretti a subire per anni.
Una lettura negativa di quanto sta accadendo invece, potrebbe mettere in relazione l'elezione di Obama con l'acutizzarsi di un risentimento nei confronti dei neri, da parte di quei segmenti più reazionari e bigotti della popolazione che, non solo in America, tendono a gravitare (anche se in netta minoranza) intorno a istituzioni come la polizia e le forze dell'ordine in genere. Un risentimento che si traduce in atteggiamenti reazionari talvolta manifesti, come é accaduto in politica con la creazione del Tea Party, talvolta più occulti, cospiratori e corporativi come nel caso delle ostilità tra il sindaco di New York Bill de Blasio e l'NYPD.
Nel frattempo, a giudicare dai recenti discorsi pronunciati nella stessa giornata di martedì dal presidente Obama e della candidata alla Casa Bianca Hillary Clinton, i democratici sembrano aver deciso che la questione razziale e le prevaricazioni delle forze dell'ordine sono ormai entrati a far parte di diritto dei principali temi della campagna elettorale per il voto di novembre 2016. Un segnale positivo ma bisognerà ancora aspettare per capire se, alle parole della politica elettorale corrisponderanno i così tanto attesi fatti delle leggi e della giustizia.
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