L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro? E su quale lavoro, visto che la disoccupazione, nonostante i grandi impegni assunti dall’Unione europea e dal governo Renzi continua a crescere? E la Sicilia, che fa ancora parte dell’Italia, cosa deve festeggiare l’1 maggio? Il lavoro che non c’è, ovvero i 230 mila posti di lavoro persi dal 2008 ad oggi?
La Sicilia affonda. Ma affonda anche l’Italia. Oggi, 1 maggio, festa del lavoro, i dati che arrivano dall’Istat sono tremendi:
“I disoccupati aumentano su base mensile dell'1,6%, pari a 52 mila unità in più. Nei dodici mesi il numero di disoccupati è cresciuto del 4,4% (+138 mila) e il tasso di disoccupazione di 0,5 punti. La disoccupazione cresce a marzo sia tra gli uomini (+1,5%), sia tra le donne (+1,7%)".
La disoccupazione giovanile, nel marzo di quest’anno, risale attestandosi ad oltre il 43. Si tratta del livello di disoccupazione giovanile più alto dall’agosto dello scorso anno. A marzo le persone in cerca di occupazione sono 3 milioni e 300 mila circa, con un aumento dell'1,6% rispetto a febbraio.
Nelle sorse settimane qualcuno ha provato a celebrare gli effetti positivi del Jobs Act. Ma erano dati falsati. Tanto che chi lo celebrava oggi non lo celebra più. E tace. Anzi fa sapere che bisognerà aspettare i prossimi mesi per cominciare a vedere gli effetti del Jobs Act.
E in Sicilia? Oggi è prevista una manifestazione a Pozzallo, in provincia di Ragusa. Luogo non scelto a caso: si tratta, infatti, di uno dei centri dove avvengono gli sbarchi degli immigrati. Spiega il segretario generale della Cgil siciliana, Michele Pagliaro: “Per noi siciliani il fatto che quest’ anno il primo maggio si celebri a Pozzallo è doppiamente importante: perché l’Isola continua a essere un fanalino di coda per quanto riguarda il lavoro, ma anche perché è il primo punto di approdo dei migranti, dal quale vogliamo fare partire un messaggio di pace e solidarietà assieme alla richiesta di adeguate politiche sull’immigrazione”.
Oggi Pagliaro sarà a Pozzallo insieme con la segretaria nazionale della Cgil, Susanna Camusso. Secondo Pagliaro, in Sicilia, “dal 2008 ad oggi sono andati in fumo 230 mila posti di lavoro e, se la tendenza del calo generale dell’occupazione di cui parla l’Istat per il Paese nella sua rilevazione congiunturale sarà confermata, avremo in Sicilia altri 4 mila occupati in meno, vedendo passare il tasso disoccupazione dal 22,1% al 22,5%”.
Pagliaro si sofferma sulla disoccupazione giovanile, che nell’Isola si attesta intorno al 57%. “Guardando questi dati – sottolinea il segretario generale della Cgil siciliana – salta all’occhio che il Jobs Act non ha avuto quegli effetti che il governo preconizzava. La strada da percorrere è un’altra: bisogna intervenire sulla domanda aggregata, incidendo cioè su consumi e investimenti, con politiche adeguate”.
Non va meglio tra i lavoratori autonomi. A parlare e Nunzio Reina, presidente di Confartigianato Palermo: “Un lavoratore autonomo non è una persona libera. Come Domenico Gambacci, presidente nazionale del settore Legno-Arredo di Confartigianato, ha dichiarato negli scorsi giorni, fare impresa in Italia è diventato difficilissimo. Mi ritrovo perfettamente nelle sue parole, sia come presidente dell'associazione che come artigiano: è proprio vero, tutto è diventato impossibile tra corruzione, burocrazia e un accesso al credito che non esiste. Ci vuole coraggio a fare impresa, ma ogni piccolo traguardo raggiunto rappresenta un successo. Siamo persone che rischiano sempre in prima persona – aggiunge – e che danno da vivere a decine di famiglie, nonostante gli immensi sacrifici che, in Sicilia, purtroppo, sono per noi il triplo”.
“Qui – prosegue Reina – chi fa impresa deve sfidare la mentalità errata, un'amministrazione regionale che non aiuta, ma al contrario, penalizza. Pensiamo ai fondi Crias, unica fonte di speranza sulla quale non si può più fare affidamento. Pensiamo alle forme di abusivismo professionale, che stanno danneggiando interi settori, portandoli al collasso. Ecco, l'artigiano e il piccolo imprenditore devono combattere contro tutto questo ed altro ancora. Ma è una lotta in solitario, senza feste e senza alcuna libertà”.
La Crias è la Cassa regionale per gli artigiani. Fa capo alla Regione siciliana ed eroga risorse e servizi agli artigiani. Almeno è stato così per tanti anni. Perché da quando il governo Renzi ha iniziato a tagliare i fondi alla Regione siciliana, la Crias paga solo gli stipendi ai propri dipendenti. Tra l’altro, si tratta di un ente regionale gestito in stile ‘carrozzone mangiasoldi’: basti pensare che su ottanta dipendenti ben 50 sono dirigenti, come hanno denunciato ieri nella seduta del Parlamento siciliano dedicata al Bilancio della Regione 2015 i parlamentari del Movimento 5 Stelle, tra i pochi politici che si battono per fare chiarezza sulla Crias.
Insomma, in Sicilia l’1 maggio c’è poco da festeggiare: è in crisi l’agricoltura, è in crisi l’artigianato, è in crisi l’edilizia. Segnano il passo le attività commerciali. I redditi dei siciliani sono bassi, in media tra i più bassi d’Europa. Nell’Isola i consumi sono sostenuti, per lo più, dai dipendenti pubblici. Ma su di loro si sono abbattuti i tagli dello Stato e, adesso, anche i tagli della Regione. Nella manovra di Bilancio 2015 che il Parlamento dell’Isola si appresta ad approvare sono previste pesanti penalizzazioni per i dipendenti regionali e per gli stessi pensionati regionali: in pratica, reddito in meno da spendere e, di conseguenza, in proiezione, un ulteriore abbassamento dei consumi. E quindi un ulteriore aumento della disoccupazione.
Ultima considerazione sulla grande presa in giro di Termini Imerese. Dal 2011 si parla di rilancio del polo automobilistico dopo la chiusura dello stabilimento Fiat. Da allora ad oggi i governi nazionali e regionali, a parte le chiacchiere, non hanno fatto nulla. Solo promesse. Risultato: per gli altre mille addetti che hanno perso il lavoro si va avanti a colpi di Cassa integrazione. Fino a quando?
Foto tratta da guidasicilia.it