Cose di giustizia, per cambiare. È, o no, l’Italia, culla del diritto? Più esattamente la sua bara, osserva amaro Leonardo Sciascia. Con ragione, purtroppo.
“Verificheremo la correttezza, spero, delle notifiche alle parti offese residuali, e affronteremo le questioni che abbiamo accennato…buona giornata…”. Con queste parole il 5 gennaio scorso il giudice monocratico di Napoli prende atto che il processo per il “sangue infetto” , a causa di un ennesimo difetto di notifica, va rinviato. Per quando? Per il 27 aprile prossimo. Cosa saranno mai, tre mesi? Niente, rispetto all’accaduto. Perché l’accaduto risale nientemeno che alla fine degli anni ’80, quando viene consentito l’utilizzo di sacche di sangue infetto nonostante una prescrizione dell’Unione Europea a non adoperarle. Per quel sangue decine di migliaia sono stati gli infettati di AIDS ed epatite C: si parla di circa 80.000, e in tanti ne sono morti.
Una vicenda di cui si è smarrita memoria, il ricordo si è scolorato come le pagine di giornali che all’epoca dedicarono al caso pagine e pagine. Imputato in questo processo che non decolla un personaggio di cui ormai in pochi avranno memoria: Duilio Poggiolini, l’ex direttore del servizio farmaceutico nazionale, è accusato per omicidio colposo. Ve lo ricordate, Poggiolini? Sì, proprio lui: iscritto alla gelliana P2, già coinvolto in una storia di tangenti, lui e la moglie Pier Maria accumulano una quantità enorme di denaro, gioielli, oggetti preziosi, per catalogare tutto il tesoro sono necessarie dodici ore.
Una storia contrassegnata da una sconcertante catena di lentezze e ritardi: l’indagine comincia a Napoli, gli atti poi passano a Roma, finiscono poi a Trento, ritornano infine a Napoli. Anni e anni persi nei labirinti dei cavilli giudiziari, nel palleggiamento delle competenze territoriali, negli inghippi burocratici. Ci sono stati risarcimenti, ammesso che una vita e la salute irrimediabilmente compromessa possa essere risarcita da una somma di denaro? Sì: meno di mille; in migliaia invece sono ancora in attesa.
Un singolo caso di naufragio della giustizia comunque sufficiente a far rivoltare mille volte nelle loro tombe Cesare Beccaria e Piero Calamandrei, per dire di due che ci hanno insegnato cosa sia (cosa dovrebbe essere) il diritto, la giustizia, la sua amministrazione?
Qualche mese fa un rapporto Legambiente, passato inosservato, faceva una panoramica su una situazione preoccupante. Una quantità di processi e di procedimenti per reati legati all’ambiente hanno un destino in comune: quello di andare in fumo. Si sta parlando di processi importanti, che riguardano la salute di tutti noi: dall'Ilva, all'inquinamento del fiume Lambro è ricca la mappa dei processi che rischiano di andare in fumo per la prescrizione. Che si tratti di 'disastro' o smaltimento illegale, sulla mappa degli uffici giudiziari che si occupano di ecologia sembra incombere il pericolo dello 'stop', del nulla di fatto. Gli eco-processi prescritti: discarica Pitelli di La Spezia: prescritti i reati ambientali, e nel 2011 sentenza di assoluzione per tutti gli imputati accusati di disastro ambientale; il petrolchimico di Porto Marghera; il processo Cassiopea, sui rifiuti tossici; quello sulla discarica del Vallone, a Campo dell'Elba; il processo Artemide relativo al traffico illegale di sostanze tossiche provenienti dallo stabilimento Pertulosa di Crotone; i mercanti dei rifiuti; operazione agricoltura biologica.
I processi a rischio prescrizione sono quelli per l’impianto di Colleferro; la discarica Valle del Sacco; il disastro al Fiume Lambro; parte del processo per la raffineria Tamoil di Cremona; la bonifica di Santa Giulia; il processo Poseidon; il processo relativo all'inchiesta sulla presunta gestione illegale dell'impianto a biomassa gestito dalla Riso Scotti Energia.
I processi archiviati: quello per il petrolchimico Brindisi; l’operazione Mar Rosso. Di disastro ambientale si parla per Vado Ligure; di inquinamento ambientale per la discarica di Bussi.
I numeri dicono più di qualsiasi discorso: ogni anno in Italia vengono accertati oltre 30.000 reati contro l'ambiente, quasi 4 all'ora; discariche abusive, inquinamento e quant’altro legato a questi traffici illegali, si è calcolato fruttino alle organizzazioni criminali qualcosa come 17 miliardi di euro l'anno.
Vogliamo proseguire nella descrizione di questo sfascio che pur non costituisce oggetto di alcun confronto pubblico, dibattito e approfondimento da parte di chi avrebbe il dovere di assicurarlo, di garantirlo, di informare e consentire di conoscere?
Tra le tante cose dissennate messe in cantiere dal Governo di Matteo Renzi c’è anche un maldestro decreto legge che d’un colpo “pensiona” circa 500 magistrati tra i più importanti d’Italia, quelli ai vertici apicali di procure e uffici giudiziari; per limiti d’età, che da 75 anni si è “scesi” a 70. Per favorire, si dice, il ricambio. Solo che lo si fa con un tratto di penna, d’imperio, senza neppure pensare a una “transizione”. Cosicché essendo piuttosto lenti i tempi per l’attribuzione di nuovi vertici ad opera del Consiglio Superiore della Magistratura, frutto di laboriose contrattazioni e “do ut des” da parte delle varie correnti e in omaggio agli incontestabili e incontestati interessi che in quel mondo ruotano, per coprire i posti vacanti occorreranno mesi; forse anni.
Ci ha pensato Renzi, alle conseguenze concrete, pratiche, di quel suo decreto? Certo che no. Si preoccupa del fatto che gran parte dei processi e l’attività stessa del CSM verranno di fatto paralizzati? Quisquilie, evidentemente…
E per chiudere in bellezza (si fa per dire). Giorni fa Ilda Boccassini, “Ilda la rossa” ha raccontato che è stato aperto un procedimento nei suoi confronti, sulla base della segnalazione di un avvocato di un processo per mafia. Segnalazione forse infondata, o al contrario, fondata, non saprei dire, e comunque non è questo che qui interessa. Dice “la rossa”: “La cosa non mi preoccupa per niente, tanto che sono scoppiata a ridere. Ma poi ho riflettuto che un altro magistrato ha deciso di dare più credito a questo avvocato piuttosto che a me. E di fronte alla prospettiva della responsabilità civile, io temo soprattutto la cattiveria dei miei colleghi”. E se a temere la cattiveria dei suoi colleghi è “Ilda la rossa”, il cittadino cosa deve temere?
Altro episodio: una trasmissione televisiva di cui chi scrive è stato ospite. Si parla di piazza Fontana, la strage alla Banca dell’Agricoltura del dicembre 1969. C’è anche il giudice Guido Salvini, che sulla strage ha indagato a lungo. Mi scappa una domanda: “Da chi ha trovato i maggiori ostacoli?”. Immagino dica: i soliti deviati servizi, i politici del tempo… “All’inizio”, sillaba Salvini, “settori dei servizi segreti; poi molti miei colleghi”.
A questo punto sia il lettore a trarre il succo da questi fatti; è cosa che si può facilmente fare; a volerlo fare, naturalmente, e a essere messi in condizione di conoscere questi fatti, questa situazione.