È nata nel 1926, eppure giovedì scorso ha portato a Roma un po’ d’aria fresca. La regina Elisabetta d’Inghilterra, sul trono dal 6 febbraio 1952, da quando morì suo papà, Giorgio VI, il monarca che sotto le bombe degli aerei tedeschi ordinò che nessun Windsor s’allontanasse da Londra nemmeno per mezza giornata. Fu subito obbedito, obbedito con convinzione. Già popolari presso “the common people”, nel 1940 i reali d’Inghilterra lo furono ancora di più. Buckingham Palace fu sfiorato dalla Luftwaffe in un paio di occasioni… Ma nessun Windsor si mosse, appunto, da Londra.
Elisabetta II s’è formata nei rigori della Seconda Guerra Mondiale. È cresciuta presto. Come presto crebbero altre inglesi, altri inglesi, un popolo chiamato a far quadrato contro il Nazionalsocialismo e contro il Fascismo: un monolite che manco Zeus avrebbe potuto scalfire, non diciamo distruggere…! Lei, anche lei, è fatta di questa pasta. Non tollera la leggerezza, l’incostanza, l’episodicità. Crede fermamente nella forma poiché ben sa che non c’è sostanza senza forma e viceversa. Sa essere dura, ma non è mai ingiusta: la sua vita dal 1952, appunto, è subordinata al popolo, ai popoli della Gran Bretagna: Elisabetta II serve il popolo con dedizione oseremmo dire monastica.

I soliti superficiali, almeno in Italia, l’hanno sempre definita “fredda”, “distante”… È gente che non sa quel che dice. Che deve fare una regina? Raccontare berzellette, dispensare pacche sulle spalle, mettersi a cantare motivi di Louis Armstrong, dei Beatles… Ma in quanto a questo, i Beatles un bel giorno li volle elevare a rango di baronetti, ricordate? Macchè “fredda”, macchè “distante”.
È una regina, una donna che, invece, palpita, palpita assai; solo che non deve darlo a vedere, noblesse oblige. Eppure certi suoi sguardi, intensi, prolungati, sono piuttosto eloquenti: sono gli sguardi d’una sovrana che di tutto si fa carico e s’aspetta che chiunque faccia la propria parte. Ma in Italia, e in una certa misura anche in Inghilterra, venne crocifissa ai tempi (e prima ancora) della morte della nuora, Lady Diana, avvenuta a Parigi nel 1997. Di lei tutto si disse, con la solita faciloneria da rotocalco. Lei, un’”arpia”, una “megera”, una “gelida”… Una che non aveva saputo comprendere la ‘joie de vivre’ che animava Diana… Care lettrici e cari lettori, le cose raccontiamocele per intero: se avesse voluto condurre giorno per giorno una vita mondana, Lady D avrebbe dovuto sposare un tennista o un dentista molto “dashing”, un molto promettente “solicitor”: non il Principe di Galles. “It’s as simple as that”.
Ecco Elisabetta II: la regina che in più d’una circostanza, all’incirca una ventina d’anni fa, parlò così ai suoi rampolli e all’intero ‘entourage’: “We rule by popular consent; without popular consent we would be nothing”! Ma io nelle mani d’una donna così mi ci metterei ogni giorno, eccome. I Windsor hanno superato la “tempesta” Diana grazie a lei. Soltanto a lei.
Elisabetta a Roma ha incontrato il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano e Papa Francesco, già, il capo dei cattolici di tutto il mondo, il “”sovrano”” del Vaticano, il successore dei nemici di Lutero e di Cromwell. Lei che è capo della Chiesa d’Inghilterra giovedì s’è recata a San Pietro… Ma d’altro canto sono passati centottantacinque anni da quando in Gran Bretagna, sotto Giorgio IV e sotto la ‘premiership’ del Duca di Wellington, fu sancita l’emancipazione dei cattolici.
Elisabetta è parecchio rigorosa davvero: non rilascia mai giudizi, almeno in pubblico, sulle varie personalità da lei incontrate; non s’avventura nemmeno in sede storica: non sappiamo che cosa realmente pensi di Churchill, Attlee, Eisenhower, Kennedy; che cosa pensi dell’Unione Europea e delle follie che gli europei occidentali compiono a tutto spiano da una ventina d’anni (a battersi contro gli orrori dell’architettonica contempranea, ci pensa il figlio Carlo!). Ha un’opinione ben precisa di tutti, la regina d’Inghilterra. Opinioni che, come un agente segreto d’alta classe, tiene strettamente per sé. Lei ben sa che sul suo conto devono essere le azioni, gli atteggiamenti, il comportamento a parlare. Non le parole, che in certe occasioni stonano, suonano false, pretestuose. Fanno “propaganda”!
Dicevamo che Elisabetta II ha portato aria fresca a Roma. Nella Roma dei politici (e politicanti) di carriera… Nella Roma che affonda nella propria palude, in questa città di grotteschi personaggi vestiti da sera alle 9 di mattina… In questa città popolata di individui rissosi, alterati, magniloquenti… In questa città di donnine chiassose, chiassose e ingombranti le quali “rivendicano” uno scranno al Parlamento e scodinzolano dinanzi ai potenti. Nella metropoli soffocata, deturpata dalle automobili, dai negozi di chincaglieria, dagli inguardabili e inavvicinabili “bar gastronomia”: primo, secondo, minerale, per 6 euro e mezzo, e chissà che cosa ti dànno da mangiare…
In questa Roma che (attenzione!) non vuole difendere se stessa, come non lo volle nel 1944…
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