“It’s tangible, it’s solid, it’s beautiful. It’s artistic, from my standpoint, and I just love real estate.” – Donald Trump
Una fuga di gas riduce in polvere due condomini nel quartiere di East Harlem, all’incrocio tra Park Avenue e la 116esima strada: due edifici di cinque piani, che ospitavano delle abitazioni. 2008: nell'East Side di Manhattan, una gru precipita su un edificio residenziale di 23 piani e l'intero palazzo crolla. Riavvolgere il rullo di due mesi ci porta dritti allo stesso scenario, identiche macerie. Sarebbero crollati, quegli edifici, se fossero sorti altrove? La torre d'avorio che sogna il magnate del mercato immobiliare Donald Trump sembra un po' troppo vecchia per resistere alla triade "tempo, incidenti, intemperie”. Eppure, dai co-op ai condo, le tasse aumentano, i prezzi non perdonano e i mutui, con la crisi dei subprime, sono diventati un’arte. La città è sempre più infilzata in quel Risiko “verde”, per milionari, ideato da Bloomberg, che stando ai detrattori risolveva problemi staccando assegni nel suo salottino. Una delle ultime ricerche condotte dal Center for an Urban Future, però, mette le cose in chiaro: il neo-sindaco de Blasio dovrà dedicare sforzi notevoli alle infrastrutture di New York City, se vorrà lasciare un segno. I dati: oltre 1000 miglia (più di 1600 chilometri) di condutture dell’acqua, a Manhattan, hanno più di 100 anni e, nell’arco di un anno, se ne rompono almeno 400 provocando allagamenti. In media, una fognatura della città ha 84 anni. Il 26 per cento dei segnali e degli indicatori della metropolitana non sono sostituti da 70 anni; circa il 43 per cento delle strade di Manhattan è classificato come “al di sotto dello standard”. Più o meno 800 strutture pubbliche (per lo più appartamenti) messe a disposizione dall’organo New York City Housing Authority (NYCHA) risultano inabitabili, per via di calcinacci, soffitti slabbrati e muffa. Se a questo aggiungiamo ospedali, scuole pubbliche e rifugi per senza dimora in stato di semi-inagibilità, le agenzie di Stato e le autorità che amministrano le infrastrutture potrebbero aver bisogno di 34.2 miliardi di dollari per riparare i danni della City entro il 2019.
Allora, la “scatola” degli investitori è davvero resistente? Secondo Richard Tayar (Keller Williams NYC, una delle più grandi compagnie di mercato immobiliare negli Stati Uniti) parlare di una Manhattan fatiscente è un’esagerazione. “Ci sono delle infrastrutture che andrebbero migliorate – commenta Tayar – con particolare riferimento alla pavimentazione stradale e numerose stazioni di metropolitana. Credo si debba anche fare un distinguo tra l’infrastruttura visibile e quella nascosta (linee del gas, tubature dell’acqua, etc.). Il recente incidente a Harlem ha sicuramente messo in allerta la città a proposito di sicurezza di certi sistemi, che devono essere sorvegliati costantemente. Ma questo è vero per qualunque città e credo sia giusto aspettarsi dalla Grande Mela un livello di monitoraggio ben più elevato. Cosa c’è sotto Manhattan? Roccia! La città è costruita su un’isola, la cui struttura si fa notare camminando in Central Park o su e giù per Carnagie Hill… una collina, proprio!”.
Con una conduttura del gas di 127 anni, mai rinnovata, l’episodio di Harlem può sembrare un caso isolato, ma nel 2013 sono stati ben 13 gli edifici storici a New York ad aver spento 100 candeline (e ve ne sono molti altri, fuori e dentro l’isola di Manhattan, anche se non 'landmark'). Tra i centenari architettonici troviamo il Woolworth Building (che ha aperto le porte il 24 aprile del 1913), l'ex New York Times Building, lo Shubert Theatre (e con sé una serie di teatri come il Booth, Longacre, Cort), la stazione di Grand Central e il Grand Army Plaza. Si tratta di building storici con funzione (e manutenzione) distante parecchie miglia da luoghi residenziali dove i problemi convergono su tubature, riscaldamento, umidità, ed il costo è meno ammortizzabile per il ceto medio. Forum specializzati e siti come treehugger.com, ad esempio, partono “dal basso” e si battono per la sostituzione dei termosifoni centralizzati (troppo caldi di inverno, tanto da costringere la maggior parte dei newyorchesi ad aerare la casa aprendo le finestre; chiudere le valvole è altamente sconsigliato, causa usura). Poi ci sono team di condomini, prevalentemente nell'East Village, pronti a spedire lettere di protesta per pavimenti che scricchiolano o l'intonaco che cade. Nel Meatpacking District, gli appartamenti della Old Homestead Steakhouse sembrano aver tutti finestre di ultima generazione, salvo scoprire che basta svitare qualche vite per trascinarle via a mano nuda (all’angolo tra 14esima Strada e 9a Avenue, gli infissi e i vetri sono stati sostituiti dopo le raffiche di vento dell’uragano Sandy, nel 2012, ma se si ripresentasse un fenomeno atmosferico del genere sarebbero di nuovo guai: manca persino il silicone).

Richard Tayar
"Molti dei miei clienti tendono a comprare in costruzioni nuove, a meno che non siano interessati a strutture più ‘caratteristiche’ quali le classiche (e più datate) brownstones” prosegue il broker Richard Tayar, secondo cui, nell’acquistare un condominio o una cooperativa, è compito dell’avvocato verificare dai board minutes che non vi siano problemi strutturali con l’edificio, che di norma sono stati riportati nel corso delle riunioni mensili. "Naturalmente, ognuno è libero di intervenire, a proprio costo, di portare un ingegnere per un’ispezione accurata dell’appartamento e di certe strutture del palazzo – aggiunge – questa prassi è molto più comune, quasi d’obbligo, dell’acquisto di una palazzina intera, sia essa ad uso mono-familiare o suddivisa in più unità. Può succedere che, dopo l’acquisto, certi elementi della palazzina debbano essere aggiornati. Non è neanche inusuale trovare developers che, ottenuti i necessari permessi, radono al suolo la struttura esistente per costruirne una nuova di zecca”. Insomma, è vero quel che dice il city planner Alexander Garvin: "La città è così vecchia che spesso non si sa quel che c'è sotto la strada"? Per Tayar, New York non è una città a rischio.
"L’incidente di Harlem – spiega – è dovuto ad una fuga di gas: per fortuna sono passati diversi anni dall’ultimo incidente simile. Sono certo che a breve l’intera rete di gasdotto sarà passata a tappeto per i necessari controlli. Davvero tutti gli investitori e costruttori che stanno investendo miliardi di dollari in nuovi progetti sarebbero disposti a mettere a rischio il loro capitale, con il potenziale rischio che dopodomani la città affondi? Non direi!”.