In occasione delle performance statunitensi di Ferite a morte, progetto teatrale che tratta il femminicidio e la violenza sulle donne, scritto e diretto dall’autrice Serena Dandini con la collaborazione della ricercatrice Maura Misiti, venerdì sera la Casa Italiana Zerilli Marimò della NYU ha ospitato la presentazione dell’omonimo libro della Dandini, che raccoglie tutti i testi prodotti per il palcoscenico ed è arricchito da un approfondimento sul fenomeno del femminicidio.
Il direttore della Casa Italiana Stefano Albertini ha dato il benvenuto sul palco a Serena Dandini, notissimo personaggio della televisione italiana, scrittrice e conduttrice di diversi programmi di successo; Maura Misiti, ricercatrice del CNR che ha svolto un fantastico lavoro di ricerca e documentazione sullo scottante argomento; Marina Catucci, giornalista documentarista attualmente impegnata in un progetto che va ad esplorare la violenza sulle donne dal punto di vista degli aggressori uomini, e Antonio Monda, docente di cinema alla New York University.
“Il femminicidio è un dramma democraticamente diffuso in tutto il mondo: paese che vai, violenza domestica che trovi” dice Serena Dandini con la pungente ironia che la contraddistingue, e sottolinea come il fenomeno sia assolutamente indipendente anche dalla classe sociale e dalla condizione economica. “Dicendo femminicidio e violenza di genere, si identifica la violenza contro le donne in quanto donne, e le donne sono ovunque nel mondo.” Dice Maura Misiti, spiegando come in questa stessa definizione si trovi la motivazione alla diffusione universale di questo dramma.
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, oltre un terzo della popolazione femminile mondiale subisce violenza fisica o sessuale, spesso per mano del partner. E in moltissimi casi le vittime non denunciano gli abusi, secondo la Misiti a volte le donne non sono neanche realmente consapevoli di stare subendo dei sopprusi, fino a che non è troppo tardi.
“E’ un problema enorme, ad oggi ancora sottostimato, così ho sentito l’esigenza di fare qualcosa. – Spiega la Dandini – Attraverso il teatro ho il potere di arrivare allo stomaco delle persone, così ho deciso di dare voce alle donne maltrattate e uccise, raccontando le loro storie dal loro stesso punto di vista”. E mentre Serena lavorava con Maura a questo progetto, il dramma di una donna siciliana richiama la sua attenzione e così raccoglie diverse note attrici e le porta a Palermo, perché diano una voce e un volto alle vittime, leggendo i monologhi sul palco. Così nasce Ferite a morte, che dopo aver riscosso un enorme successo al suo debutto siciliano, con un pubblico che “piangeva e rideva”, viene portato in scena con spettacoli sold out nelle più grandi arene italiane, fino a varcare i confini del Bel Paese e approdare negli Stati Uniti, dove, dopo essere andato in scena a Washington D.C., sarà rappresentato lunedì 25 novembre a New York alle Nazioni Unite, in occasione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza Contro le Donne.
In Ferite a morte, per una volta, sono le stesse donne a parlare, uscendo da una fredda lista di statistiche e raccontando le loro storie in prima persona.
La Dandini fa parlare da morte le donne che non hanno potuto o voluto farlo da vive. Col suo tocco sagace e ironico tocca le corde più sensibili del pubblico, facendo arrivare direttamente alle viscere tutto ciò che di profondamente sbagliato le ha così duramente colpite.
Antonio Monda parla del fenomeno dello stupro nel cinema, e mostra come in certe pellicole la violenza sia inevitabile, mentre altre volte quasi subita con rassegnazione dalle vittime.
La documentarista Marina Catucci sta esplorando lo stesso drammatico fenomeno nel suo progetto Besame Mucho, dove vuole andare and indagare i motivi di tali atti di violenza, e per farlo va ad esplorare l’origine del problema, ovvero gli uomini persecutori. “Io non giustifico in alcun modo i colpevoli, – Afferma la Catucci – ma voglio capire perché essi feriscono persone che dovrebbero amare”.
E quali sono questi motivi? In parte l’iniqua distribuzione del potere tra uomini e donne, in parte il senso di inadeguatezza degli uomini nei confronti di donne sempre più affermate e indipendenti. Ma qualunque ragione si ipotizzi, non è comunque una giustificazione. Infatti, come dice la Dandini: “Anche se le donne a volte sono proprio str…, non è una buona ragione per ucciderle”.
Il progetto si avvale del patrocinio del Ministero degli Esteri. Ulteriori informazioni su www.feriteamorte.it.
Leggi la nostra intervista con Serena Dandini