Parlare di Egitto oggi significa avere a che fare con la velocità della luce. Questo è quanto impariamo dopo aver visto The Square, film di Jehane Noujaim che appartiene alla categoria degli imperdibili. Perché? Perché in Egitto, negli ultimi 30 mesi sono accaduti tanti e tali sconvolgimenti – e a una tale velocità, appunto – da mettere in difficoltà qualunque filmmaker (e qualunque platea, dalla meno informata alla più preparata). Fare un pò di ordine in una storia tanto complessa e aggroviagliata appare quindi impresa necessaria e rischiosa. Il rischio, ovviamente, è quello della semplificazione. Il fatto che The Square sia un film imperdibile è dato poi dal fatto che sia piuttosto inusuale avere accesso a una gran mole informazioni come quelle che questo documentario mette in fila. E che, sia detto per inciso, che queste informazioni siano state registrate per un tempo tanto lungo (oltre due anni di produzione, numerosi operatori, centinaia di ore di materiale girato, una vera e propria opera monumentale) accresce il valore dell’operazione.
Resta il fatto che lo sguardo da dedicare a queste immagini che giungono in diretta – o quasi – dall’occhio del ciclone debba essere critico: stiamo parlando di un film che racconta il presente di un intero paese in rapidissimo mutamento, la prudenza di giudizio è obbligatoria.
Per altro, almeno nella prima parte del film, appaiono evidenti tutti i limiti di un documentario che punta a creare dei personaggi idealtipici piuttosto che a frequentare davvero i propri personaggi, ovvero a conoscerli e ad incontrarli. In alcune circostanze il film, passateci la forzatura, pare piuttosto servirsi dei propri personaggi, e questo ovviamente non giova alla serenità di giudizio dello spettatore. Troviamo infatti Ahmed, che incarna lo spirito popolare libertario che cerca di accompagnare il popolo nel processo di emancipazione (e a tratti il suo entusiasmo ci pare davvero troppo ingenuo e semplicistico), Magdy (appartenente ai Fratelli Mussulmani, ma da posizione critica), Khalis (attore e regista, figlio di esuli espatriati negli US benestanti e liberal), Ragia (avvocatessa militante), Ramy (cantore della rivoluzione) e Aida (giovane mediattivista). Nella prima parte del film, ogni personaggio, descritto nella propria diversità, pare si erga a rappresentante del proprio ambito sociale; allo spettatore rimane la sensazione di avere a che fare con un prodotto già pre-masticato e semi-digerito, con personaggi confezionati e poco vitali. Poche domande, ancor meno dubbi.
Avendo avuto la fortunata esperienza di aver assistito a Tahrir: Liberation Square di Stefano Savona, film dove lo sguardo ad altezza d’uomo offre esattamente l’opposto, ovvero la sensazione di avere un punto di vista parziale ma sincero, i primi minuti di The Square sono stati di grande disagio. Ma superata questa impasse, il film, seguendo e abbandonando i propri personaggi, perdendosi nella rutilante e convulsa storia dell’Egitto contemporaneao, diviene uno strumento straordinario per percepirne gli umori, le energie, le tensioni. In qualche modo, il controllo della regia pare diluirsi e accettare il fatto che Tahrir Square sfugga a qualunque governo e vada accompagnata, piuttosto che guidata. Quindi, non a caso, quando il film inizia a seguire la cronaca degli avvenimenti, cercando di mantenersi aderente ai fatti che descrive, raggiunge con maggiore effetto il risultato di farci partecipare alla dimensione epica che si respira a Il Cairo da tre anni a questa parte.
Ciò che rimane di questo film epocale è sostanzialmente l’idea che la lotta politica è anche e soprattutto attraversata dall’idea e dal simulacro dello spazio fisico, (vivere il proprio tempo è una questione di spazio, ci verrebbe da dire, e non da oggi…). Occupy Wall Street, allo stesso modo, oltre ad essere una diretta conseguenza delle primavere arabe, ci pare incarnare e replicare questo preciso ideale.
The Square riesce quindi – e con un ritmo incalzante – a restitutire senza eccessivi schematismi questo clima ribollente e feroce, che segna l’incubazione di una guerra civile: in poche parole, vi stiamo assisitendo, e per l’intera durata del film. Impressiona, infine, la potenza che riesce ad avere l’integrazione tra mediattivismo, web e partecipazione. Un video che mostra le violenze dell’esercito, in quel preciso contesto, ci racconta a fine proiezione Jehane Noujaim, la giovane regista di The Square, riesce a diventare un propellente per la sollevazione popolare che fino al millennio scorso era assolutamente inimmaginabile. Che questa capacità dei media di produrre sommossa sia nulla in confronto alla potenza di fuoco che riesce a dimostrare l’esercito è – in effetti – un’altra storia, un altro film. Prova ne sia la tremenda azione dell’esercito egiziano a ferragosto 2013, a film appena concluso, contro la Fratellanza: centinaia di morti, stato d’assedio, lo Stato che si trasforma in vendicatore, Il Cairo stritolata dalla forza delle armi.
The Square ci pone di fronte a tante questioni irrisolte, dalla censura posta al film alle richieste di pane, dignità, diritti, uguaglianza che i partecipanti alla rivoluzione di Piazza Tahrir chiedono da anni. Come forse giustamente sottolinea Ahmed, il popolo di Tahrir Square sta creando una cultura, una coscienza, e tre anni sono pochi per valutarne la portata, la potenza. The Square, attraverso la moltitudine di storie che racconta, attraverso i materiali, prodotti e condivisivi con televisioni e mediattivisti, ci immerge con efficacia rara in questa atmosfera.