Bandiere rosse, nere, gialle, verdi. Canti struggenti accompagnati dal suono di centinaia di migliaia di mani che si battono il petto. Messa in scena di un martirio che dopo 1300 anni ancora spinge milioni di persone nelle strade con affetto, forza e un sentimento d’amore tangibile e smisurato. Beirut, il Sud del Libano e tutte le zone musulmane sciite, come ogni anno, per dieci giorni hanno ricordato l’evento del martirio dell’Imam Hussain, nipote del Profeta Muhammad ucciso con un manipolo di seguaci, mentre era in viaggio da Medina alla volta di Kufa. Il suo viaggio finirà tragicamente nella piana di Karbala, oggi Iraq, con il martirio suo, dei suoi familiari e dei suoi discepoli. La data della ricorrenza è dettata dall’inizio, secondo il calendario tradizionale arabo, del mese lunare di Muharram, il mese del lutto e del dolore, proprio perché il martirio avvenne in questo mese nell’anno 61 dell’Egira, ovvero il 680 dopo Cristo. Durante i dieci giorni, centinaia sono le riunioni e le manifestazioni di cordoglio: il nero è il colore del vestiario e basta fare una passeggiata nelle strade di Dahieh, quartiere sciita di Beirut, per capire quanto questa ricorrenza sia radicata nel cuore e nell’anima degli sciiti. Il decimo giorno prende il nome di Ashura, momento in cui milioni di persone scendono in strada in tutto il mondo: un modo per ricordare l’esempio dell’Imam Hussain.
Non stupisce, nel Libano multi-religioso, che il primo e l’ultimo giorno di Ashura siano giornate di vacanza per tutti a livello nazionale. Come per il Natale, il Ramadan, la Pasqua. Nonostante le violente tensioni settarie che provengono dal conflitto siriano, la paura non ha bloccato gli sciiti che anche quest’anno sono scesi in strada in migliaia.
Ogni sera gli eventi raggruppano centinaia di persone, come a Nabatiye nel Sud del Libano, dove il ricordo è tradizionalmente molto radicato e nei cortei sono proposti scenograficamente gli eventi della battaglia e del sacrificio di Hussain e dei suoi famigliari. In ogni situazione di ricordo riecheggia il grido “Labayka ya Hussein!”, come le lacrime e i racconti epici. E impressionante è il suono secco e cadenzato delle mani che battono il petto, senza sosta. Come in tutte le ricorrenze religiose, questo è anche il momento in cui le famiglie e le comunità si riuniscono e si stringono tutte insieme. E’ il momento di cucinare e offrire il proprio cibo ai vicini di casa o l’acqua per strada. Così le famiglie si incontrano per un pasto frugale, per una lettura sacra e un ricordo condiviso di quell’evento così lontano, ma così chiaramente presente nella vita di tutti i giorni: un simbolo di forza, fierezza, orgoglio e di resistenza davanti all’oppressione.
Anche un occhio esterno non può fare altro che rimanere affascinato dalla forza di questa ricorrenza e dal profondo atto d’amore che ogni singola persona porta con sé durante le serate di ricorrenza e soprattutto durante l’Ashura. La compostezza, l’ordine, ma anche il sincero cordoglio di un intero popolo che ricorda il proprio martire.
Mentre per le strade della Beirut sciita risuonano le canzoni tradizionali e religiose, con testi che raccontano quanto successo a Karbala, non si può non pensare a quanto sia pieno di rispetto fermare tutto il Paese: una forma di rispetto per tutti i cittadini e per tutte le fedi. Una forma di rispetto, che purtroppo in troppe altre nazioni in tutto il mondo non viene neanche lontanamente immaginata.
Twitter: @TDellaLonga