Un articoletto di 50 righe senza firma filo aziendalista comparso pochi giorni fa su Repubblica ci dice tanto sulla stampa italiana e dunque sulla salute della nostra democrazia. Ormai da tempo le vere notizie sui quotidiani italiani si trovano nelle colonne delle brevi o nella posta dei lettori, come accadeva sulla Pravda. Se un politico aveva il raffreddore e non poteva comparire in pubblico, allora voleva dire che era stato silurato. Lo stesso accade più o meno da noi.
In questo pezzo l'entusiasta estensore che potrebbe trovare migliore fortuna nella Corea del Nord ci raccontava che Repubblica si confermava il primo quotidiano italiano con circa 400 mila copie al giorno, più altre 100 mila in abbonamento su tablet. Di poco superava il Corriere della Sera che inseguiva con qualche migliaia di copie in meno. Benissimo. Ma ci descriveva solo una faccia della medaglia. L'altra riguarda le altre 400 mila copie che Repubblica e Corriere hanno perso in meno di dieci anni. Prima vendevano esattamente il doppio, anzi qualcosa di più, questo vuol dire semplicemente che i due principali quotidiani italiani hanno perso complessivamente qualcosa come un milione di copie in dieci anni. Perché ?
La risposta più immediata e' perché tutta la carta stampata sta attraversando una crisi forse irreversibile. Giovani al di sotto dei 30 anni non si sognano di comprare un giornale di carta, leggono solo giornali on line, o i blog di informazione. Temo anche che nessuno, soprattutto di questi tempi, voglia spendere un centesimo per informarsi, le notizie devono essere gratis per i lettori abituati alle infinite possibilità che ti concede la rete.
Detto questo c'è come al solito qualcosa che non torna. Restando in Italia, con l'esempio fino ad ora vincente del Fatto Quotidiano, c'e'ancora spazio per giornali che offrono informazione non di regime e che dunque stimolano curiosità, polemiche e dibattiti, ricetta da sempre vincente per imporsi in edicola. Perché dunque quasi tutti gli altri giornali perdono copie? Perché sono noiosi. Perché i lettori non ne possono più di sorbirsi le otto pagine quotidiane su Berlusconi, i suoi "piani segreti", le minchiate delle sue pitonesse e dei suoi lacchè con o senza riporto. Non ne possono più delle novità fiscali del governo Letta e neanche delle indecisioni di Obama, figurarsi quelle del PD.
Questa estate anche per un addetto ai lavori è stata un tortura leggere i quotidiani. Repubblica come al solito ha cercato di distinguersi, reinterpretando un genere di successo. Il legal thriller. Il giorno prima annunciava in prima pagina che Berlusconi stava escogitando l'ennesimo piano per salvarsi (la grazia, la grazia solo per la pena accessoria, la commutazione della pena, la Corte di Strasburgo, le elezioni anticipate, le cavallette, Gerry Scotti in galera al posto suo) e il giorno dopo rassicurava sempre in prima pagina che il piano era stato sventato, grazie allo scoop del giorno prima e, in modo implicito, alla presenza salvifica di Repubblica stessa. E via così per giorni e settimane, e mi sembra di capire che anche scapolato ferragosto la deriva non sia cambiata.
Mi domando perché qualcuno dovrebbe ancora comprare giornali così. E nel resto del mondo cosa succede? Perché sappiamo cosi poco? A cosa servono gli inviati, i corrispondenti in Europa, in America, in Asia, non hanno nulla da raccontarci, servono solo a rimpastare notizie di agenzie o di giornali on line pubblicate il giorno prima? La globalizzazione, l'accesso inesauribile a tutte le fonti di informazione hanno reso paradossalmente la stampa italiana ancora più provinciale e autoreferenziale e a poco a poco ne ha dimezzato la diffusione. Prima o poi Berlusconi finirà e allora bisognerà tornare a fare i giornalisti, o finiranno anche i giornali.