“Ma sì, ma sì: dai cieli d' Italia, in quei giorni pioveva fango, ecco, e a palle di fango si giocava, e il fango s'appiastrava da per tutto, su le facce pallide e violente degli assaliti e degli assalitori, su le medaglie già guadagnate su i campi di battaglia (che avrebbero dovuto almeno queste, perdio! esser sacre) e su le croci e le commende e su le marsine gallonate e su le insegne dei pubblici uffici e delle redazioni dei giornali. Diluviava il fango; e pareva che tutte le cloache della città si fossero scaricate e che la nuova vita nazionale della terza Roma dovesse affogare in quella torbida fetida alluvione di melma, su cui svolazzavano stridendo, neri uccellacci, il sospetto e la calunnia”.
Così Luigi Pirandello nel bellissimo romanzo “I vecchi e i giovani” – forse l’unica opera in cui lo scrittore e drammaturgo siciliano mette da parte, almeno parzialmente, i temi tipici della sua poetica per parlare della società del suo tempo – descrive l’Italia nei giorni dello scandalo della Banca Romana.
Quei giorni li stiamo rivivendo qui in Sicilia: in una Sicilia nella quale, come abbiamo scritto proprio sulle colonne di questo giornale nel primo articolo di questa nostra rubrica settimanale, la povertà torna prepotentemente a farla da padrona; in un Sicilia nella quale, proprio come ai tempi in cui le stragi di Capaci e di via d’Amelio uccidevano Falcone, Borsellino e le rispettive scorte, la mafia, quella vera, torna ad avere il volto delle istituzioni; in una Sicilia dove i potenti di turno tornano a leccare il culo ai padroni che arrivano da fuori: ai petrolieri russi, ai soliti prepotenti dell’Eni e ai soliti militari americani.
Tutti a promettere grandi cose, ma tutti pronti a portare in Sicilia nuove palate di fango di pirandelliana memoria: altre raffinerie nella parte orientale della nostra disgraziata Isola (ce ne sono già sette, tutte altamente inquinanti), altro inquinamento a Gela, da cinquant’anni città-ostaggio dell’Eni (Eni che qualche settimana fa è tornato ad inquinare il mare di Gela nel silenzio generale: insomma, in perfetto stile Eni) e altre armi da parte degli ‘amici’ americani.
Gli ‘amici americani’ ci vorrebbero regalare il Muos: un sistema satellitare di certo indispensabile per le guerre che gli Stati Uniti combattono nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. Agli americani quest’arma letale serve: ai siciliani, no.
Ma ai siciliani, soprattutto, non servono le onde elettromagnetiche che si sprigioneranno dal Muos. La medicina ufficiale, davanti agli effetti di queste micidiali onde ha elaborato un principio: il principio di precauzione. Queste onde elettromagnetiche fanno male all’ambiente e alla salute umana. Bene, poiché non sappiamo qual è il limite di sopportabilità dell’uomo, per precauzione teniamole lontane dai centri abitati.
Si sa che le onde elettromagnetiche – soprattutto le onde elettromagnetiche potenti come quelle del Muos – sviluppano il massimo dei danni a 50 chilometri circa dal punto di emissione: questo è il motivo per il quale debbono essere posizionate nei deserti, lontano dai centri abitati.
Per la Sicilia gli amici americani hanno fatto un’eccezione: complici il Governo Prodi tra il 1996 e il 1998 e il Governo Berlusconi tra il 2001 e il 2006, hanno deciso di piazzare il Muos a Niscemi, nel cuore della Sicilia.
Forse questa decisione non è stata presa dai militari americani. In un forum tenuto dal quotidiano LinkSicilia, lo scorso inverno, proprio sul Muos, un parlamentare regionale del Movimento 5 Stelle (potete andare a consultarlo sul giornale: www.linksicilia.it) ha rivelato che i primi ad essere sorpresi dalla localizzazione del Muos in Sicilia erano proprio i militari americani.
Gli americani saranno come vuole Dio, combatteranno pure cento guerre in tutto l’universo mondo, però sono razionali. Il deputato grillino del Parlamento siciliano ci ha raccontato che gli americani, quando gli prospettarono d’insediare il Muos in Sicilia, erano stupiti: “Ma siete sicuri? In un centro abitato?”.
Dovete sapere, cari lettori americani, che quando in Italia c’è da gettare merda in testa alla Sicilia e ai siciliani, i Governi italiani, dal 1860 ad oggi, non si sono mai tirati indietro. La storia del ‘Risorgimento’ italiano, vista dalla parte del Sud Italia, è in buona parte falsa. La spedizione dei Mille è stata una grande truffa. I Mille di Garibaldi senza la flotta inglese, senza il tradimento dei generali borbonici e, soprattutto, senza l’aiuto della mafia non sarebbe mai riuscita.
Del resto, gli americani queste cose le sanno benissimo: sia perché la storia la scrivono meglio di come è scritta nei libri di scuola italiani, sia perché 70 anni fa – era l’estate del 1943 – lo sbarco in Sicilia l’organizzarono con un certo Salvatore Lucania detto Lucky Luciano, capo indiscusso delle mafie delle due sponde dell’Oceano.
La merda del Muos di Niscemi è arrivata da Roma, insomma. Come l’Eni. Come le raffinerie. Come le cementerie. Come la chimica della piana di Siracusa. Tutta la grande merda che oggi travolge la Sicilia è il frutto di scelte romane e di una classe politica siciliana di venduti e ladri. E non è un caso che oggi, nell’anno di grazia 2012, una certa politica siciliana s’inchini agli americani: perché, alla fine, una politica cresciuta nella merda, fatta di merda e idrocarburi non può che inchinarsi ai militari americani. Chi è nato in ginocchio non può vivere con la schiena dritta.
Ma non tutta la Sicilia è fatta di merda. Il fango c’è, ma accanto al fango c’è anche qualche luce. Come la manifestazione di venerdì prossimo, 9 agosto. La speranza, per la Sicilia, arriva dai Comuni. I Sindaci di tanti Comuni siciliani tra quattro giorni saranno accanto al Movimento No Muos, accanto alle Mamme No Muos, accanto alle tante persone per bene che non vogliono morire di cancro a causa delle onde elettromagnetiche. Accanto a tanti Comuni, in lotta per la libertà, contro il ‘Mostro’ elettromagnetico di Niscemi ci saranno gli amministratori di Modica, di Ragusa, di Caltagirone e di tanti altri Comuni. E ci sarà anche – e questa è notizia dell’ultima ora – il Comune di Palermo.
Anche la Capitale dell’Isola – con in testa il Sindaco Leoluca Orlando – parteciperà alla manifestazione. Insomma, chi è che in Sicilia difende il Muos?
A questa domanda non può che rispondere l’inizio di questo articolo: “…in quei giorni pioveva fango, ecco, e a palle di fango si giocava, e il fango s'appiastrava da per tutto, su le facce pallide e violente degli assaliti e degli assalitori, su le medaglie già guadagnate su i campi di battaglia…”.