7 febbraio 2020, in Italia scatta il primo lockdown anti-Covid. Ci accorgiamo di non avere neanche le mascherine: le fanno tutte in Cina.
Giugno 2021, Seat chiude per tre giorni lo stabilimento di Martorell in Spagna. Scopriamo di non avere più semiconduttori. Dipendiamo dalla Cina, principale produttore al mondo, oltre che da Taiwan e Corea del Sud.
7 febbario 2022, il padre di Facebook, Zuckeberg, alla Commissione vigilanza di borsa americana: “Se la Ue ci impedisse di trasferire i dati degli utenti europei negli Usa, Meta potrebbe essere costretta a chiudere in Unione Europea”. Un ricatto bello e buono. Ma potremmo scoprirci senza Facebook e WhatsApp.
24 febbraio 2022, guerra in Ucraina. Attacchiamo Putin ma ne dipendiamo per gas e petrolio. E questa la chiamiamo sovranità? E se Putin invadesse l’Estonia, abbiamo un esercito europeo da contrapporgli?

Quattro date per quattro eventi che ci hanno mostrato come in diversi settori strategici gli europei siano asserviti a quelle grandi potenze che sono diventati gli Stati-civiltà.
La terza puntata di questa nostra inchiesta parte dal disperato bisogno di componenti elettronici.
Non solo il Covid-19 ma anche una siccità a Taiwan può mandare in crisi il mercato dei semiconduttori nel mondo. Per produrli servono infatti grandi quantità di acqua purissima. La tempesta perfetta è avvenuta nel 2021 quando, per timore di un crollo dei consumi, i produttori di computer avevano già ridotto le produzioni senza pensare che, con DAD, smartworking e divano Netflix, l’acquisto di devices sarebbe invece aumentato. Scorte esaurite e produzione bloccata per mancanza d’acqua.
I chip non servono solo per smartphone, tablet e computer ma, come sappiamo, per tutto – dalle automobili ai frigoriferi ai ventilatori salvavita, agli ospedali, agli impianti di riscaldamento. Sono fondamentali nell'”Internet delle cose” e necessari per l’intelligenza artificiale. Insomma sono strategici.
Il principale player europeo è la società italo-francese StMicroelectronics, undicesima nella classifica mondiale di settore e dedicata al settore automotive. I leaders nel software per il disegno dei circuiti integrati sono gli Stati Uniti che, con Nvidia, Qualcomm e Amb, hanno il 65 per cento del mercato mondiale. Seguono Taiwan e Cina. Nella fabbricazione dei circuiti svetta Taiwan, col 60 per cento del mercato, seguita da Sud Corea (19%) e dall’americana Intel.
Nel suo Discorso sullo Stato dell’Unione del settembre 2021, la presidente von der Leyen diceva: “La Ue necessita di una sovranità tecnologica. Dipendiamo troppo dalla produzione asiatica di microprocessori. Bisogna unire produzione e ricerca in Europa”.

È stata di parola. Un mese fa il primo atto. Il Chips Act prevede un piano Ue da 50 mld per raddoppiare la quota Ue sul totale mondiale dal 10 al 20 per cento entro il 2030. I fondi proverranno dal bilancio Ue (12mld), dai Governi nazionali (6mld), dal Recovery Fund (30mld). 5 mld saranno inoltre investiti in un fondo per start-up.
Anche gli Usa stanno correndo ai ripari. Negli anni Novanta producevano il 37 per cento dei chip del mondo, ora solo il 12. Il 5 febbraio 2020 è stato approvato il Chips Bill: 52 mld $ per rimpatriare le produzioni fagocitate dalla Cina.