È durato pochi giorni l’alt del Dipartimento di Giustizia di Biden, prima che tornasse operativa la famigerata legge sull’aborto texana. La legge SB8, firmata dal Governatore Greg Abbott ed entrata in vigore il 1 settembre, pone fine all’85% circa degli aborti effettuati nello stato, vietando l’interruzione di gravidanza fin dal momento in cui viene rilevato il battito cardiaco del feto.
La natura controversa della nuova legge ha provocato la Marcia delle Donne di due settimane fa, coinvolgendo tutte le persone indignate all’idea che avesse passato lo scrutinio dei 9 giudici della Corte Suprema, ben 3 dei quali nominati durante il mandato di Donald Trump.
Proprio la settimana scorsa, il Dipartimento di Giustizia era riuscito a bloccare la legge per 48 ore circa, il che aveva permesso alle cliniche texane di eseguire gli aborti di alcuni pazienti. La maggior parte delle persone incinte in Texas che desidera porre fine alla propria gravidanza, infatti, è costretta da più di un mese a recarsi in uno degli stati confinanti.
Quello che sta ricevendo la maggior parte dei pazienti texani è l’Oklahoma, uno stato che conta solo 4 cliniche abortive. Le cliniche si sono già occupate degli aborti di 300 persone provenienti dal Texas, il che ha posto un carico eccessivo sul poco personale sanitario e sui pazienti locali.
Lunedì sera, il Dipartimento di Giustizia ha chiesto al quinto circuito della Corte d’Appello di bloccare, almeno temporaneamente, la legge sull’aborto texana. Il DOJ ha già iniziato il processo per fare causa allo stato, sulle basi che la legge sia incostituzionale e, per altro, non voluta dalla grande maggioranza della popolazione. Ci potrebbero però volere diversi mesi prima che, come sperato dalla Casa Bianca, la causa raggiunga per la seconda volta la Corte Suprema per una nuova valutazione.
Una dichiarazione del portavoce del DOJ riporta: “Sfidando la Costituzione e frustrando il controllo giudiziario, il Texas non ha solo prolungato il suo assalto ai diritti dei cittadini; ha ripudiato i suoi obblighi sotto il National Compact in una maniera che coinvolge direttamente gli interessi sovrani degli Stati Uniti.”
Anche la stessa Casa Bianca è entrata in gioco per dichiarare l’incostituzionalità della legge stessa, e dei metodi utilizzati per la sua applicazione.
“Secondo la causa Planned Parenthood v. Casey,” ha ricordato il Procuratore Generale Merrick Garland, “a prescindere dalle eccezioni messe in atto per circostanze particolari, uno stato non può vietare ad alcuna donna di prendere la decisione di terminare la sua gravidanza prima della viabilità.”