I repubblicani accusano, condannano, fanno muro ed epurazioni all’interno del partito per continuare la campagna di disinformazione di Donadl Trump sulle elezioni truccate e gli americani li bocciano. Approvano, invece, l’operato del presidente Joe Biden, specialmente nel modo in cui ha affrontato il coronavirus e tutti i problemi collegati alla pandemia: dallo stimolo economico alla distribuzione dei vaccini. Lo afferma un sondaggio condotto dall’Associated Press-NORC Center for Public Affairs Research tra il 29 aprile ed il 3 maggio su un campione di 1,842 adulti nei 50 Stati dell’Unione: circa 37 persone per ogni Stato. L’indice di popolarità del presidente, dopo 4 mesi dall’insediamento alla Casa Bianca è del 63%, con l’approvazione record del 43% dei repubblicani intervistati. Il 54% degli intervistati afferma che il Paese è sulla strada giusta per uscire dalla crisi, la percentuale più alta dal 2017.
Una buona notizia per il presidente dopo i deludenti risultati sull’occupazione rilasciati venerdì scorso con sole 266 mila nuove assunzioni e una disoccupazione risalita al 6,1%, aumentata per la prima volta dall’aprile 2020. In tutto sono più di 8 milioni i posti di lavoro persi in 14 mesi a causa della pandemia. E per questo Biden fa leva non solo sulle vaccinazioni, ma anche sul suo Build Back Better con un impegno finanziario di circa 7 miliardi di dollari divisi tra i tre piani di soccorso e ripresa, l’American Rescue Plan, (l’unico finora adottato), l’American Jobs Plan, per il riammodernamento delle infrastrutture e la rivoluzione ambientale facendo leva sulla trasformazione energetica per la creazione di posti voro. Ed infine l’American Family Plan per gli aiuti sociali e per il miglioramento del sistema scolastico pubblico.
Ed oggi pomeriggio il presidente Joe Biden dopo che nei giorni scorsi era stato accusato dai repubblicani che continuare a mandare gli assegni di disoccupazione disincentiva la ricerca del lavoro, ha lanciato un appello affinché coloro che beneficiano di questi sussidi non respingano le offerte di lavoro. “Siamo sulla buona strada per la ripresa” ha detto il presidente.
Biden nel suo breve intervento ha parlato anche della “cyber estorsione” di questo fine settimana contro la Colonial Pipeline. “Non si è trattato di un attentato terroristico perché ci sono state richieste di soldi. Finora – ha detto Biden – non ci sono le prove che il governo russo sia dietro questa offensiva, ma stiamo indagando”. Aggiungendo poi in risposta ad una domanda che ne parlerà direttamente quando incontrerà Putin, ma non h specificato né dove lo incontrerà, né tantomeno quando.
Le indagini per questa cyber estorsione sono state affidate a una società specializzata, la FireEye, ma sono scesi in campo anche Fbi e la Cisa, Cybersecurity & Infrastructure Security Agency, per capire se la struttura di Darkside, l’organizzazione russa che ha sferrato l’attacco, abbia qualche legame con i servizi di sicurezza di Mosca. Finora gli hacker avevano preso di mira scuole, ospedali, enti federali e ospedali. Ma questo alla pipeline è sicuramente molto più grave e un campanello d’allarme su quello che potrebbe essere in futuro il confronto con la Russia.
Subito dopo l’incontro con i giornalisti Biden ha ricevuto separatamente alla Casa Bianca due senatori democratici, Joe Manchin, della West Virginia e Tom Carper del Delaware. Entrambi sono contrari a cambiare le regole del Senato sul filibuster, la misura che permette alla minoranza di bloccare l’agenda dei lavori della maggioranza. Bastano infatti 40 senatori per congelare la discussione di una legge che la maggioranza vuole portare avanti. Un sistema creato per cercare di sviluppare il dialogo tra gli opposti partiti, ma che dalla presidenza Obama si è trasformato nella dittatura della minoranza che il dialogo non lo cerca e non lo vuole, paralizzando l’attività parlamentare. In un momento politico così delicato e polarizzato come quello attuale, con il Paese che ha bisogno di avviare la ripresa economica e proseguire la lotta al coronavirus il presidente deve avere tutto il suo partito allineato sulle sue posizioni. Soprattutto Manchin è contrario al cambiamento. Biden al Senato ha una maggioranza fragilissima: per “rompere” l’equilibrio composto da 50 repubblicani e 50 democratici deve intervenire la vicepresidente Kamala Harris che può votare solo in caso di parità. Basta che un solo senatore della maggioranza si astenga o voti contro per far saltare tutto il disegno di legge. E Biden se vuole portare avanti i suoi progetti non ha lo spazio per il dissenso.

Alla Camera i repubblicani sono coinvolti nella faida interna lanciata dall’ex presidente contro i dissidenti del suo stesso partito. Il leader della minoranza repubblicana, Kevin McCarthy, ha dato il suo appoggio a Elise Stefanik per sostituire Liz Cheney dalla importante carica che detiene all’interno del partito. Una misura voluta da Trump dopo che la congresswoman ha votato per due volte in favore del suo impeachment e che si rifiuta di continuare la bugia della vittoria di Biden ottenuta con i brogli. Punita, insomma, perché non accetta di dire le falsità dell’ex presidente. Il voto per la sua estromissione dalla dirigenza del partito è stato messo in agenda per mercoledì. In favore di Liz Cheney è intervenuto il suo collega repubblicano Adam Kinzinger, anche lui dissidente in disgrazia, che durante un incontro con i giornalisti al National Press Club di Washington ha accusato i suoi compagni di partito di aver ceduto alla paura e di avallare le falsità dell’ex presidente. “E’ una farsa – ha detto Kinzinger – un ex presidente che ha perso le elezioni rimane al potere con le bugie per la vigliaccheria dei miei colleghi. Tutti sanno che Trump ha perso le elezioni e quelli che lo dicono vengono puniti. Questo è lo stato attuale del Gop”.
Incredibile la disinvoltura di Kevin McCarthy, leader della minoranza repubblicana che ha duramente attaccato Trump dopo l’assalto al Congresso (negando poi le affermazioni fatte in televisione) ora sia diventato uno dei più implacabili guardaspalle dell’ex presidente. Probabilmente ha dimenticato la fine che fece Eric Cantor, l’ex majority leader repubblicano della Camera durante il secondo mandato del presidente Obama, uno dei più fieri avversari della riforma sanitaria, che fece la battaglia contro la Casa Bianca e venne clamorosamente sconfitto nelle elezioni di Midterm del 2014.

Il Washington Post in un editoriale sottolinea la vigliaccheria della leadership repubblicana che con la scusa dell’unità del partito si allinea alle direttive dell’ex presidente diffondendo le bugie elettorali per paura di non essere confermata al parlamento alle prossime elezioni di Mid Term.
Secondo il Washington Post questa faida all’interno del partito repubblicano ha portato ai minimi la popolarità di Trump, tanto che all’ultima riunione del National Republican Congressional Committee che si è tenuta 8 giorni fa a Mar A Lago i sondaggi che evidenziavano come l’ex capo della Casa Bianca abbia perso 15 punti dal giorno della sua uscita dalla Casa Bianca non sono stati diffusi. Un’altra forma per non dire la verità e continuare il racconto alternativo della presidenza Trump.