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April 22, 2021
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Dopo il verdetto del processo Chauvin, c’è ancora chi difende il poliziotto omicida

Senza freni l'anchor di Fox News Tucker Carlson, che ha detto in tv che i giurati erano intimiditi dai possibili disordini istigati da Black Lives Matters

Massimo JausbyMassimo Jaus
Il razzismo, l’America che se ne frega e quella che spera ancora nella giustizia

Floyd a terra con il ginocchio dell'agente Chauvin sul collo, mentre implora di lasciarlo respirare (da yotube)

Time: 5 mins read

L’America ha tirato un sospiro di sollievo, ma non tutti gli americani sono rimasti soddisfatti dal verdetto per l’ex agente Dereck Chauvin condannato a Minneapolis per aver ucciso George Floyd.

Per molti non sono state sufficienti le testimonianze, i filmini fatti con i telefonini, il parere del medico legale, le dichiarazioni del comandante della stazione di polizia in cui Chauvin prestava servizio, le 18 precedenti denunce per violenze commesse dall’imputato nei confronti di alcune persone che aveva arrestato. 

Il processo di Dereck Chauvin per l’omicidio dell’afroamericano George Floyd nell’Illustrazione di Antonella Martino

Chi ha un preconcetto trova attenuanti e aggravanti discrezionalmente secondo convenienza e i giornali conservatori hanno sottolineato come George Floyd, la vittima, fosse un pregiudicato e che l’agente, magari con un po’ più di forza del necessario, cercava di fare solo il suo mestiere. Un incidente sul lavoro, insomma, strumentalizzato dalla sinistra, da Black Lives Matter, da quelli che denunciano i “privilegi dei bianchi” creando un’atmosfera di catastrofe se l’assassino bianco non fosse stato punito per l’uccisione di un nero. Questa la tesi di The Federalist. Opinioni che non vogliono tener conto del crescendo di intolleranza instillata negli ultimi quattro anni con gli ammiccamenti dell’ex presidente alle frange armate dell’estrema destra, strizzatine d’occhio che hanno riacceso l’astio razzista mai sopito in quella parte d’America definita da Hillary Clinton come il “basket of deplorables”, una battuta che le è costata le elezioni. Un fronte interno che si è compattato, si è vittimizzato e, soprattutto, ha trovato un difensore nell’ex presidente. E non a caso tutti quelli che deplorano il verdetto sono simpatizzanti di Donald Trump.

“I giurati erano intimiditi – ha detto Tucker Carlson, l’anchorman di Fox News nel suo programma della sera – Un verdetto scaturito dalla paura di disordini memori degli incendi e dei saccheggi compiuti da Black Lives Matter la scorsa estate”. L’altro anchorman, sempre di Fox News, Sean Hannity, insieme a Tucker Carlson ancora promuove ancora promuove le bugie dell’ex presidente e delle elezioni vinte dai democratici con i brogli. Lui, megafono televisivo delle menzogne presidenziali, ha appena acquistato una villa da 5 milioni di dollari in Florida vicino a Mar A Lago dove Trump ha stabilito il suo quartier generale. E non è il solo.

Marjorie Taylor Greene durante un suo intervento al Congresso (Immagine di youtube)

La congresswoman Marjorie Taylor Greene che promuove le teorie dei QAnon e che durante la sua campagna elettorale in Georgia nei comizi sosteneva che bisognava uccidere i democratici al Congresso, da’ la colpa del verdetto alla Congresswoman afroamericana Maxine Waters che sabato scorso durante una dimostrazione per la morte di un giovane afroamericano ucciso dalla polizia a Brooklyn Park, sobborgo di Minneapolis, aveva sostenuto che le proteste dovevano essere più forti per far sentire all’America il peso dell’indignazione. E ora Marjiorie Taylor Greene accusa la sua collega di aver minacciato i giurati con le sue parole di fuoco e pertanto chiede l’espulsione della Waters dalla Camera dei Rappresentanti. Meno dure le parole del leader repubblicano di minoranza, Kevin McCarthy, che invece chiede a Nancy Pelosi, la speaker democratica della Camera, di censurare la Waters. Tutti indignati perché una parlamentare afroamericana ha reagito alla infinita serie di uccisioni da parte della polizia di persone di colore.

“Non succederà nulla. Ne sono sicura” ha detto Nancy Pelosi appena uscita dalla Camera dove era stato votato il disegno di legge per far diventare il Distric of Columbia, il 51mo Stato dell’Unione. La capitale federale, che appunto è District Of Columbia, ha quasi un milione di abitanti che non sono rappresentati al Congresso né alla Camera, né al Senato. Ha un riconoscimento “ibrido” perché non è uno Stato ma ha un rappresentate senza diritto di voto. Se al Senato dovesse passare la proposta della Camera, il Distretto di Columbia avrebbe di diritto 2 sentori e un congressman. La città di Washington é tradizionalmente democratica, con il sindaco che ha fatto dipingere lungo Pennsylvania Avenue, dove c’é la Casa Bianca, una gigantesca pittura sull’asfalto di Black Lives Matter. Difficilmente la proposta di legge approvata alla Camera passerà anche al Senato.

Oggi pomeriggio a Brooklyn Park, vicino Minneapolis, si sono tenuti i funerali di Daunte Wright, il ragazzo di 20 anni ucciso dalla polizia la settimana scorsa da una agente che aveva “confuso” la pistola taser con quella di ordinanza.

Daunte Wright (Immagine da youtube)

La lunga serie di uccisioni di afroamericani da parte degli agenti è ora entrata nel dibattito politico con il presidente Biden che vuole creare una task force per esaminare le proposte per la riforma della giustizia e sgretolare il “muro blu”, la complicità omertosa che lega gli agenti e soprattutto per creare un codice federale di comportamento per tutte le polizie nei 50 Stati dell’Unione. Il  ministro della Giustizia Merrick Garland ha fatto sapere che è stata aperta una inchiesta sul Dipartimento della polizia di Minneapolis.

Inchiesta anche a Washington per l’insurrezione del 6 gennaio dopo che ieri, durante la deposizione alla Commissione amministrativa della Camera da parte dell’ispettore generale Michael Bolton, è saltato fuori che gli agenti di sicurezza erano stati sollecitati via radio di fermare solo i dimostranti contro Trump. Lo ha detto la congresswoman Zoe Lofgren che presiede la commissione. La parlamentare ha detto che Office of Professional Responsibility della Camera sta cercando di capire chi abbia lanciato il segnale via radio a tutti gli agenti.

Attack on Capitol Hill. January 6, 2021. (Wikimedia Commons)

Nuove incriminazioni, invece, per alcuni arrestati per i disordini del 6 gennaio. Ieri è stato arrestato a Syracuse Matthew Green, accusato di aver seguito gli ordini che venivano dati da Charles Donohe, leader dei Proud Boys a William Pepe e Dominic Pezzola, questi ultimi due già rinviati a giudizio per altri reati. Durante l’udienza formale per la convalida dell’arresto il procuratore federale ha detto al giudice che i Proud Boys ancora continuano ad essere una minaccia alla democrazia e che all’assalto al Congresso hanno preso parte una quarantina di “legionari” dei Proud Boys. Non è stato detto quanti di loro sono stati arrestati né quanti di loro sono stati rilasciati in libertà su cauzione.

Secondo quanto scrive the Hill alla manifestazione c’erano circa un centinaio di appartenenti alle milizie tra i Proud Boys, gli Oath Keepers, i Three Percenters. In uno degli appartamenti vicino al Campidoglio, affittato da uno degli arrestati, l’Fbi ha trovate armi e ordigni. La manifestazione era stata preparata per impedire al Congresso la certificazione della vittoria elettorale di Joe Biden.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Sposato, 4 figli. Studia antropologia della musica alla Adelphi University. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga. Married, 4 children. Studies Anthropology of Music at Adelphi University.

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