In occasione del summit di Anchorage, Alaska, gli Stati Uniti hanno deciso di giocare in casa e prepararsi per tempo. Il vertice di venerdì fra il Segretario di Stato USA Antony Blinken e il direttore della commissione Affari esteri del Partito Comunista, Yang Jiechi assieme al ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, era stato preceduto da una serie di incontri con gli alleati dell’area indo-pacifica. Una staffetta che aveva permesso al Dipartimento di stato di arrivare ad Anchorage con tutti i vantaggi del caso ma senza nessuna intenzione di accomodare le velleità cinesi.
La scorsa settimana, il Presidente Joe Biden aveva partecipato al suo primo incontro multilaterale online con i capi di governo di India, Giappone e Australia. Il dialogo strategico fra le quattro potenze (Quad), con l’arrivo di Biden alla Casa Bianca, mira a diventare un concerto di stati nell’area indo-pacifica, con l’intenzione poco velata di contenere l’espansione e le mire cinesi. Le tre potenze amiche degli USA hanno tutti i motivi per guardare con sospetto a Pechino: con l’India esistono frizioni ai confini ed una collaborazione sino-pakistana che indispettisce Nuova Delhi; con il Giappone i mai sopiti malumori nel Mar cinese orientale mentre l’Australia si sta dimostrando particolarmente preoccupata per i movimenti nel Mar cinese meridionale, crocevia di traffici commerciali che fanno capo a Canberra.
Maggiore collaborazione era stata la parola chiave. Il famoso “ritorno del multilateralismo” o della diplomazia, come è stato più volte dichiarato da Biden e Blinken. E proprio il Segretario di stato, assieme al Segretario alla difesa Austin, si è recato negli scorsi giorni in Giappone e Corea del Sud, per ristabilire quella triangolarità che con Trump era mancata. Senza gli USA a fare da playmaker, Tokyo e Seul non godono di simpatie reciproche a causa di tensioni nate storicamente dopo il 1905, quando la Corea venne annessa dal Giappone, dando inizio ad un lungo periodo di barbarie. La frase chiave dell’incontro a Tokyo, pronunciata dal ministro degli esteri giapponese Toshimitsu Motegi, è stata “[Stati Uniti e Giappone] si oppongono ad ogni tentativo di alterare lo status quo nell’area”. Il bersaglio di questi sforzi è la Cina, che Blinken non ha esitato ad attaccare:
“La Cina utilizza coercizione ed aggressività per erodere sistematicamente l’indipendenza di Hong Kong, colpire la democrazia a Taiwan, violare diritti umani nello Xinjiang e Tibet e avanzare pretese marittime sul Mar Cinese meridionale che violano il diritto internazionale”.
Blinken ha promesso che gli USA reagiranno qualora la Cina dovesse usare la forza per farsi strada nell’area e ha ribadito l’alleanza con Corea del Sud e Giappone.
Il vertice di ieri in Alaska è stato il preludio di un possibile incontro fra Joe Biden e Xi Jinping che potrebbe tenersi in occasione della Giornata della Terra il prossimo 22 aprile. Ma le premesse, lanciate al summit di Anchorage, non sono state incoraggianti. Pochi punti su cui dialogare e molti nodi da sciogliere. Blinken e Austin hanno parlato di clima, tema che i repubblicani temevano la Cina potesse usare per ottenere allentamenti delle sanzioni o minori opposizioni sul caso Hong Kong o sul genocidio degli uiguri. Ma, in realtà, è stata da subito battaglia. Blinken, descrivendo gli scenari delicati per gli Stati Uniti, come Taiwan, il Tibet, lo Xinjiang e Hong Kong, ha accusato la Cina di minare alla stabilità globale basata sul diritto internazionale. Secondo il Segretario di Stato, le politiche portate avanti dai cinesi anche nelle questioni interne possono portare ad “un mondo molto più violento e instabile”. Yang Jiechi e Wang Yi hanno chiamato “ipocriti” gli Stati Uniti, bollando le loro accuse come “questioni interne”. Per loro, anche gli USA hanno problemi con i diritti umani, come il rapporto con la comunità nera, “massacrata” in America.
Insomma, ad Anchorage si è giocato un win-win fra potenze. Gli Stati Uniti, facendosi trovare preparati ed inamovibili, hanno lanciato un messaggio alle potenze alleate che spesso flirtano con Pechino. Blinken ha sottolineato che Washington non cerca il conflitto ma è pronta a difendere i principi in cui crede ed i partner aggrediti dalla Cina. Allo stesso modo, i funzionari cinesi non hanno temuto di giocare al rialzo per compattare l’opinione pubblica interna contro l’avversario americano. Un incontro che è servito per posizionare tutte le pedine sulla scacchiera, in attesa di summit ben più importanti che lo stesso Joe Biden presenzierà.