Dopo gli eventi dello scorso 6 Gennaio e l’insediamento di Joe Biden, i democratici al Congresso ritengono che sia il momento di approvare il “For the People Act” (H.R. 1), una nuova riforma elettorale che tenti di correggere alcune storture del sistema statunitense, accentuatesi soprattutto negli ultimi dieci anni di dominio repubblicano a Capitol Hill. A dare la notizia è stato il Sen. Chuck Schumer di New York, leader della maggioranza democratica al Senato, attraverso un tweet.
La legge ha una storia breve ma travagliata. Venne presentata al Congresso nel 2018 da John Sarbanes, rappresentante del Maryland, dopo le elezioni di medio termine che consegnarono la Camera al Partito Democratico. Il progetto, però, si infranse contro la resistenza esercitata dai repubblicani al Senato, in maggioranza rispetto agli avversari. Adesso, con la Casa Bianca ed il Campidoglio controllati dallo stesso partito, la riforma elettorale potrebbe avere una chance di essere approvata, soprattutto se Biden riuscirà a strappare un compromesso sulla pratica del “filibustering”, impedendo casi di ostruzionismo da parte della minoranza al Senato.
La proposta di legge, promossa anche dalla Sen. Amy Klobuchar del Minnesota, riguarda tre nodi fondamentali del processo elettorale: i finanziamenti ai candidati, l’etica e la trasparenza degli eletti ed il diritto al voto.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il “For the People Act” vuole introdurre un sistema di finanziamento pubblico ai candidati per presidenza e Congresso che rifiutino donazioni dai grandi donatori o gruppi di interesse. Il governo federale si impegnerebbe così a versare al candidato 6$ per ogni dollaro ricevuto come finanziamento privato fino a 200$. Oltre a questo, la legge mira ad implementate misure contro i Super PACs e le organizzazioni politiche no-profit che fanno uso di “dark money”, rendendo pubblici i loro donatori (DISCLOSE Act) e vietando ai candidati di coordinarsi con loro durante le campagne elettorali. Infine, la Federal Election Commission (FEC) si ridimensionerebbe, passando da 6 membri (tre per ogni partito) a 5, così da superare l’immobilismo che la contraddistingue.
Queste misure sono state largamente lodate dalla Speaker della Camera Nancy Pelosi in un suo op-ed per il Washington Post: “Wealthy special interests shouldn’t be able to buy more influence than the workers” . In particolare, la legge vorrebbe tentare di porre rimedio alla controversa sentenza della Corte Suprema Citizens United v. Federal Election Commission del 2010, responsabile di aver deregolato la normativa sulle donazioni ai candidati da parte di comitati elettorali e organizzazioni no-profit con finanziatori “occulti”, di fatto togliendo ogni tetto massimo al finanziamento privato, aprendo così allo strapotere delle grandi corporazioni nella politica americana.
Questa sezione della legge è già stata attaccata nel 2019 dall’allora Leader della maggioranza repubblicana al Senato Mitch McConnell, autore di un op-ed a sua volta apparso sul Washington Post. Il Senatore del Kentucky, riferendosi alla proposta come “Democratic Politician Protection Act”, ha criticato la mossa del partito democratico, reo, a suo dire, di voler forzare la competizione elettorale a favore dei propri candidati. McConnell si è detto particolarmente critico sulla riforma della FEC che, da commissione bipartisan, diventerebbe parte dello spoil system, perdendo così la sua neutralità.
Oltre ad una nuova normativa sui finanziamenti, il “For the People Act” mira a riscrivere il codice etico vigente. Presidente e Vicepresidente saranno obbligati a rendere pubbliche le loro dichiarazioni dei redditi mentre i membri del Congresso non potranno utilizzare denaro pubblico per chiudere casi di violenze sessuali e discriminazioni.
Dal punto di vista del diritto di voto, invece, la legge H.R. 1 vuole eliminare la pratica del gerrymandering, affidando l’organizzazione dei distretti elettorali ad una commissione indipendente, togliendo così ai partiti la possibilità di disegnare collegi uninominali a proprio favore. Il GOP, negli ultimi dieci anni, è stato il maggiore beneficiario di questa pratica, grazie anche al progetto REDMAP del 2010 che, tramite redistricting, ha sistematicamente messo in minoranza gli elettori democratici.

La rivoluzione più grande, però, riguarda il sistema di registrazione automatica alle liste elettorali per tutti gli elettori. Verranno anche promosse le pratiche del voto anticipato, delle registrazioni direttamente ai seggi e delle registrazioni online. La legge vorrebbe anche contrassegnare l’Election Day come giorno festivo, così da poter dare a tutti la possibilità di esprimere la propria preferenza alle urne senza vincoli legati alla propria professione. Oltre a questo, i democratici mirano a snellire il processo elettorale ai seggi per evitare code e ad affiancare sempre la scheda cartacea ai sistemi digitali, così da impedire attacchi informatici e boicottaggi. Il fine ultimo è quello di nazionalizzare le regole elettorali per impedire agli Stati di attuare norme discriminatorie. Questa era anche l’obbiettivo del “Voting Rights Advancement Act” promosso dal Sen. John Lewis, prima della sua scomparsa lo scorso luglio.
Facendosi alfieri della battaglia per la democrazia promossa dal Presidente Biden, i democratici puntano a cambiare le regole elettorali così da riforgiare il vincolo di fiducia fra elettori ed eletti. L’obbiettivo è portare al voto il maggior numero possibile di persone in un sistema giusto ed equo, che non discrimini le minoranze né preferisca un partito all’altro.