Finisce l’anno e siamo di nuovo tutti qui, attaccati al televisore per ascoltare le parole del nostro Presidente del Consiglio. Come da tradizione, infatti, prima del discorso del Presidente della Repubblica, che si terrà domani sera alle 20.30 (ora italiana), è il turno di Giuseppe Conte. Questa volta il Premier non si trova di fronte a un compito facile. Tirare le somme del 2020 non deve essere certo piacevole, specie se, nel farlo, sa di essere bersaglio delle critiche di milioni di italiani usciti stremati dall’anno della pandemia. Si presenta però davanti alle telecamere con il suo solito sano ottimismo. Sembra quasi sorridere, sotto quella mascherina. L’atteggiamento è di chi nutre una certa speranza nel futuro, facendosi largo tra gli argomenti spinosi con la fortissima arma della campagna vaccinale.

Il tema più scottante è quello, ovviamente, della tenuta del governo. Ogni giorno sembra essere l’ultimo per questa maggioranza, solida come un castello di carta. Anche oggi, Matteo Renzi ha tenuto un discorso in Senato per rispondere a chi lo accusa di mettere in discussione la stabilità dell’esecutivo. “Ho lavorato perché si proseguisse l’esperienza di legislatura – ha detto Renzi – perché pensiamo sia un valore la stabilità, ma c’è una differenza epocale tra stabilità e immobilismo. Come in una bicicletta, l’equilibrio si tiene se ci si muove, mentre l’immobilismo fa terminare la vita della legislatura. Ecco perché abbiamo chiesto chiarezza”. Renzi si prodiga così in quello che gli osservatori politici chiamano un ultimatum.
Difficile condividere questo termine, dato che ultimatum, da definizione, è un atto con il quale vengono trasmesse le ultime perentorie proposte su una determinata questione, chiedendo precisa risposta. Di perentorio, però, nelle parole di Renzi c’è ben poco, visto che da tempo minaccia di far cadere il governo ogni volta gli si presenti l’occasione, senza poi far seguire alle parole anche i fatti. A questa minaccia, Conte risponde serafico: “Se verrà meno la fiducia di una forza di maggioranza, andrò in Parlamento, dove ognuno si prenderà la sua responsabilità. Ma non voglio pensare a uno scenario del genere in un contesto come questo”.

Tradotto dal politichese, lingua che il Premier ha imparato molto bene e di cui ormai sembra essere addirittura madrelingua, significa due cose. Che sfida Renzi a sfiduciarlo in Parlamento, ricordando probabilmente come andò l’ultima volta con Salvini, e ad assumersi i rischi di spiegare a un elettorato inferocito il motivo per il quale abbia deciso di far cadere il governo in un momento così delicato.
È proprio sui vaccini, infatti, che Conte spinge molto. Per lui, abituato com’è a dividere le iniziative in fasi, la prima terminerà quando si saranno vaccinate 10/15 milioni di persone. È un traguardo apparentemente lontano, considerate le 470.000 dosi settimanali previste. Per averne 15 milioni servirebbero circa 32 settimane, ovvero 8 mesi. Parliamo di Agosto. Conte invece indica aprile come data possibile e noi non possiamo che far finta di credergli. Esclude poi l’ipotesi di un obbligo per la vaccinazione, ma non quella di una limitazione degli spostamenti per chi deciderà di non sottoporsi all’iniezione. “Faremo le valutazioni del caso: ci sono varie proposte e tra queste anche su chi, dopo essere stato vaccinato, avrà un’abilitazione di maggiore mobilità”.

Parla poi di scuola, sottolineando come sia sua volontà un ritoro in classe dal 7 gennaio delle scuole secondarie di secondo grado, con una didattica in presenza almeno al 50%. Il tutto, chiaramente, “nel segno della flessibilità e della responsabilità, senza mettere a rischio le comunità scolastiche”. Queste specificazioni, dopo quasi un anno di pandemia, risultano quasi superflue. Tutti le conoscono. Ma nel linguaggio della politica, dove vige la regola del “ogni cosa che dici potrà essere usata contro di te”, è bene non dare mai nulla per scontato.
Chiude la lunghissima conferenza stampa (quaranta domande e altrettante risposte) con una riflessione sul turismo. L’ENIT stima che il livello dal settore turistico nel 2019 si riotterà solo nel 2023, tra tre lunghissimi anni. Conte risponde un’ovvietà, ovvero che, per far ripartire il meccanismo, saranno necessari gli investimenti, e ricorda le indennità concesse ai lavoratori stagionali.
Oltre due ore e mezza di discorso. Conte, pur con la solita dialettica nebulosa allenata strenuamente da marzo a oggi, ha toccato tantissimi temi e concesso molti dati. Il punto più alto lo tocca rispondendo a Renzi, che in Senato si è scomodato citando Moro. Il leader di Italia Viva ha sentenziato “la verità illumina e dà coraggio” e Conte ha risposto a tono. “Ci sono due aspetti che non riesco a fare miei. Uno sono gli ultimatum, non appartengono al mio bagaglio. Nell’ultimo discorso, l’ultimo fatto nel febbraio 1978, Moro ha detto che gli ultimatum non sono ammissibili in politica, significano far precipitare le cose e impedire una soluzione. Io sono per il dialogo e il confronto e trovare una sintesi per il Paese”.
Su questo passaggio, poco da dire. Conte-Renzi: 1-0.