Sul lato meridionale del Campidoglio a Roma c’è una parete rocciosa, la Rupes Tarpeia o Saxum Tarpeium; era il luogo dove s’usava gettare i traditori condannati a morte; un modo piuttosto radicale e definitivo per espellerli dall’ Urbe. La rupe Tarpea è un colle di tufo, ospita diverse aree verdi per il Giardino Belvedere di Villa Tarpea; per il momento è chiuso al pubblico. Ove venisse aperto, e restituito alla sua originaria funzione, chi scrive ha già una bella lista di individui da “espellere”.
Comincerei con tre personaggi che pur diversi, sono sostanzialmente uguali, uno tra qualche giorno leverà il disturbo, gli altri due continueranno a dare del filo da torcere. Il primo, si sarà intuito, è Donald Trump, improvvidamente quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America. Ha rischiato di essere riconfermato, se non lo è stato lo si deve a un essere più microbo di un microbo, il virus Covid-19, che con irresponsabile spavalderia, da sguaiato e volgare arruffapopolo che è, ha sottovalutato, condannando di fatto migliaia di persone a morire in modo orribile. Solo per questo, al pari di altri due inqualificabili personaggi, il britannico Boris Johnson e il brasiliano Jair Bolsonaro, andrebbe processato e condannato per crimini contro il genere umano. Nonostante Trump sia Trump, e per qualificarlo basta il nome, una buona parte degli statunitensi gli ha rinnovato fiducia e credito. Trump probabilmente nelle prossime settimane andrà a far danni nella sua tenuta con la sua pallina da golf a Mar-a-Lago; il virus con cui ha infettato gli Stati Uniti, il trumpismo, gli sopravviverà per molto tempo ancora. E’ il nemico più temibile del ticket Joe Biden-Kamala Harris, che hanno ereditato una nazione divisa, frantumata, inquieta, impaurita, collerica, ulcerosa.

Gli altri due personaggi che volentieri scaglierei dalla Rupe Tarpea sono due presidenti destinati a restare presumibilmente in carica per tanto tempo ancora: Vladimir Vladimirovic Putin, ex militare, ex funzionario del KGB russo. Xi Jinping, anche lui un passato di militare cinese, attualmente segretario generale del Partito Comunista Cinese e presidente della Repubblica Popolare cinese. Poi, certo: si può obiettare che un posto alla Tarpea lo meritano un po’ tutti i dittatori che opprimono buona parte del pianeta, Africa, Asia, Sud e centro America, qualcuno anche in Europa; si può procedere in ordine alfabetico, senza tema di errore. Si può obiettare ancora che anche chi viene eletto democraticamente può fare (e fa) danni analoghi a chi invece prende il potere con la forza e la violenza lo mantiene. Giusto, ma una cosa alla volta, procediamo per gradi, e lasciamo un po’ di lavoro per la fine del 2021.

Un “lancio” a parte occorre poi dedicarlo a tutti i no-vax, coloro che non si limitano a diffidare del vaccino, ma operano nel concreto e sabotano le campagne di vaccinazione. Non solo quelle per contrastare il Covid-19; migliaia, milioni di persone sono vive grazie ai vaccini anti-polio, anti-morbillo, anti-vaiolo, anti-influenza. E migliaia di persone muoiono perché vittime di campagne scellerate di anti-vaccinisti militanti.
A questo punto qualcuno sospetterà che chi scrive è preda della sindrome di Cecco Angiolieri. Ricordate? Quel bel tipo di senese, nato intorno al 1260. Il suo sonetto è un classico:
“S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo; / s’i’ fosse vento, lo tempesterei; / s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; / s’i’ fosse Dio, manderei l’en profondo…”.
Da questa ideale e sommaria strage, rimane qualcuno? Sì, e anche troppi. Tanti che a forza di gettarli dalla Rupe ne verrebbe colmata dai corpi. Trasformiamoci allora nel Manrico del “Trovatore” di Giuseppe Verdi, appicchiamola anche noi
“…quella pira l’orrendo foco / Tutte le fibre m’arse avvampò!… / Empi spegnetela, o ch’io tra poco / Col sangue vostro la spegnerò…”.
In lista d’attesa, dunque, e per restare in Italia, quel personaggio che non si qualifica per non scadere nel cattivo gusto (e nel rischio di una querela): quel Matteo Salvini divisivo e volgare in ogni sua manifestazione, con un singolare tocco da Re Mida: capace di trasformare in letame qualsiasi cosa tocca. Chi scrive prova un senso di irrefrenabile ripulsa per alcuni individui che affollano la scena politica italiana: oltre Salvini, i dirigenti del movimento neo-fascista di Forza Nuova; e la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

D’accordo, anche gli altri, i Matteo Renzi e i Nicola Zingaretti, i Giuseppe Conte e i Luigi Di Maio, i Silvio Berlusconi e i Carlo Calenda, non scherzano e quando ti chiedono a chi di loro dare fiducia, ti senti come Bertoldo, che non sa quale albero scegliere per farsi impiccare. Però non è vero che due o più contendenti sono, in fin dei conti, tutti uguali. Ce n’è sempre uno che è peggio degli altri. In questo caso Salvini, Meloni, Forza Nuova, primeggiano.
Profittando del fatto che sono ormai settecento anni dalla morte di Dante, si può edificare un piccolo personale “Paradiso”, dove collocare i buoni e i giusti. D’ufficio, tutte le vittime del Covid. Sono morti di una morte orribile, da augurare solo al peggior nemico. Poi ai tanti destinati a restare senza nome e senza volto che hanno cercato di salvarli, e tanti ne hanno salvati, anche a costo di rimetterci loro, vita e salute. Si può poi, non foss’altro per spregio e sfregio, di “santificare” Anthony Fauci.

Qui, conviene comunque, una cautela simile a quella che occorrerebbe per l’attribuzione dei premi Nobel per la pace: che andrebbero assegnati post mortem, e trascorsi almeno vent’anni.
Così vorrei innanzitutto ricordare alcuni personaggi che quest’anno sono andati “altrove” e hanno lasciato un’impronta: Sean Connery, Olivia de Havilland, Juliette Gréco, Ennio Morricone, Michel Piccoli, Gigi Proietti; chi ama il cinema nelle sue mille sfumature, non ha bisogno che gli si spieghi che debito abbiamo contratto con loro; e, per i sorrisi agro-dolci che ci ha saputo strappare, Joaquin Lavado, in arte Quino: autore di una saga immortale, quella di Mafalda e dei suoi tenerissimi amici di “nuvola”: Felipe, Guille, Libertà, Manolito, Miguelito, Susanita; e Mordillo, al secolo Guillermo Meéndez: irresistibile illustratore e autore di cartoon con i suoi buffi silenziosi ometti che parlano con i gesti, le inconfondibili giraffe, i colori vivaci che solo a vederli mettono allegria.