La pandemia, come è ormai noto, ha limitato le libertà personali di tutti i cittadini del mondo e c’è chi ritiene che abbia lanciato una sfida alla democrazia. Molte personalità di spicco ed organizzazioni internazionali hanno infatti lanciato l’allarme.
Il timore è quello di uscire dall’emergenza con una democrazia notevolmente indebolita, i cui i cittadini, si sono abituati a vivere con queste nuove limitazioni e sono disponibili a cedere le loro libertà e riservatezza per salvaguardare un bisogno di sicurezza che rischierebbe di protrarsi anche quando il pericolo della pandemia sarà passato. I cittadini, sentendosi spaesati potrebbero accettare di affidarsi a quel potere nelle mani di pochi, che finirebbe per accentrarsi senza controllo.
L’allarme per difendere la democrazia
Il 25 giugno International IDEA, insieme a oltre 70 organizzazioni internazionali, ha promosso la campagna A Call to Defend Democracy che è stata firmata da quasi 500 personalità influenti, provenienti da 119 paesi.

Secondo l’appello “i regimi autoritari stanno usando la crisi per mettere a tacere i critici e rafforzare la loro presa politica. Ma anche alcuni governi eletti democraticamente stanno combattendo la pandemia accumulando poteri di emergenza che limitano i diritti umani e migliorano la sorveglianza dello stato, senza tener conto dei vincoli legali… I parlamenti vengono messi da parte, i giornalisti vengono arrestati e molestati…”
Mettere a tacere la libertà di parola, incarcerare dissidenti pacifici, reprimere il controllo legislativo e annullare indefinitamente le elezioni non aiuteranno.
Già perché la pandemia non minaccia solo le vite umane, ma mette in discussione anche i valori liberali su cui l’Occidente si è fondato.
Mesi fa, a porsi il problema della crisi delle democrazie unita alla crisi dell’economia di mercato è stato il premio Nobel Mario Vargas Llosa, che nel suo manifesto, firmato da tanti altri intellettuali e pubblicato sul sito della Fundación Internacional para la Libertad (FIL) (documento ufficiale disponibile in lingua originale), ha affermato che la pandemia sta diventando un pretesto per l’autoritarismo in vari paesi. “Molti governi adottano misure che restringono libertà e diritti di base... Alcuni governi hanno individuato un’opportunità per arrogarsi un potere smisurato: hanno sospeso lo stato di diritto e, persino, la democrazia rappresentativa e il sistema giudiziario”.

Sono in molti a porsi queste domande. Domande lecite, date le situazioni che si stanno verificando in merito anche alla libertà di espressione, elemento cardine in ogni democrazia.
Limitazioni sulla libertà di espressione
In tutto il mondo a causa della pandemia, ma soprattutto in America in occasione delle proteste contro il razzismo, Committee to Protect Journalists (CPJ) insieme a US Press Freedom Tracker si sono unite per documentare e indagare sui casi in cui la stampa è stata vittima di aggressioni.
Amnesty International aveva riportato che molti governi usano il virus come pretesto per sospendere una serie di garanzie costituzionali.
Il mondo sta vivendo la sua più grande recessione globale dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Ma già da tempo il sistema democratico era in difficoltà. Covid-19 è visto da molti come un acceleratore delle debolezze dei paesi occidentali.
La libertà personale è un diritto che ogni cittadino dovrebbe avere e pretendere. Secondo il diritto costituzionale non è ammessa alcuna forma di detenzione, perquisizione personale e restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria.
L’informazione durante il lockdown in Italia e Stati Uniti
In tempo di Covid-19, si è presentato in Italia un clima di tensione e quasi apocalittico durato per tutta l’infinita quarantena. I telegiornali mostravano le immagini catastrofiche dei militari, che nella città di Bergamo, trasportavano le bare. Un bombardamento di notizie H/24, su Covid-19, ha giocato un ruolo chiave nell’incutere ansie e pressioni. Multa di 400 euro all’uscita di casa e autocertificazione obbligatoria in caso di allontanamento. Protezione civile che con i megafoni raccomandava di rimanere chiusi in casa. Strade deserte, quasi si fosse tornati all’epoca della guerra.

Mentre negli Stati Uniti si è osservato uno scenario completamente diverso. Una New York realmente “spopolata”, è stata mostrata al mondo solo nei primissimi giorni di quarantena. Gradualmente, molti iniziavano a uscire. Il consiglio era comunque quello di rimanere a casa, ma il tutto avveniva in un clima relativamente più disteso rispetto all’Italia. Non esistevano multe, né autocertificazioni. La quarantena era una responsabilità civile più che un’imposizione.
La gestione del lockdown nei due paesi è stata completamente diversa. Anche se bisogna sottolineare che proprio a causa di questa gestione troppo “libertina” gli Stati Uniti stanno pagando un prezzo alto con morti che sfiorano ad oggi i 130.000 decessi, mentre si confermano 3,53 milioni di casi.

Quello su cui varrebbe la pena porre l’accento, però, riguarda il modo in cui le informazioni venivano trasmesse. Alcuni sostengono che il clima di terrore creato dall’informazione italiana si spiega con ragioni di carattere interno. La tesi diffusa, è quella che incutere ansie nelle persone, sia la garanzia del governo per restare al potere. È vero?
È Giorgia Meloni che, tempo fa, in Parlamento ha criticato il Presidente Conte di aver esautorato il parlamento nelle trattative con l’UE e di aver “rinviato le elezioni, sospeso le libertà personali, tracciato la vita e i movimenti delle persone”, sostenendo che “in Italia non si può fare più niente perché c’è l’emergenza”.
La personalizzazione della leadership
Inoltre durante il lockdown, i poteri del governo, e in particolare dalla Presidenza del consiglio, si sono accentrati.

“Il Presidente del Consiglio Conte e i Presidenti delle regioni più coinvolte si sono rivolti direttamente alla popolazione, utilizzando strumenti che, per quanto necessari, sono risultati in molti casi limitativi dei diritti dell’opposizione e dell’equilibrio dell’informazione”. Le figure istituzionali hanno mostrato una tendenza costante a personalizzare la leadership, monopolizzando l’informazione televisiva, come spiega un gruppo di studiosi e professionisti guidati da Marianna Sala e Massimo Scaglioni, che riflettono sul ruolo che la comunicazione ha avuto nel corso della pandemia. Dalle loro ricerche è nato il libro “L’altro virus. Comunicazione e disinformazione al tempo del Covid-19”.
Dinamiche simili hanno caratterizzato anche altri sistemi politici, dove si è notato un aumento del consenso per i leader in carica. Fenomeno abbastanza frequente e normale da parte dei cittadini in momenti di grave crisi. In effetti, il senso di smarrimento aumenta la necessità del “credo nelle istituzioni”.
Il punto è, che se in un primo momento, almeno in Italia, i cittadini hanno scelto di credere nel governo, con l’inizio delle riaperture, si sono sentiti abbandonati, in quanto le promesse non sono state mantenute. Un senso di smarrimento e incertezza per il futuro colpisce il paese. L’atteggiamento degli italiani muta e le percentuali di gradimento dell’operato dei leader parrebbero destinati ad incrinarsi.
Il potere della polizia come arma di repressione
Con l’inizio della fase 2, ad espandere il malcontento, è stata la manifestazione a Milano da parte di alcuni ristoratori, che avrebbero ricevuto una multa di 400 euro l’uno. Questo ha dimostrato la tendenza a concepire il potere poliziesco come strumento di repressione di cittadini immaturi e irresponsabili anche se non criminali.

Una dinamica avente lo stesso nucleo, ma esasperato a livelli esponenziali, è stato il caso dell’uccisione dell’afroamericano George Floyd per mano di un poliziotto bianco negli Stati Uniti.
Il dilagare del populismo
Il populismo sembra crescere ogni giorno e la coscienza collettiva che diventa insurrezione si verifica in tutto il mondo. Partendo dall’America “BlackLivesMatter” dilaga in ogni angolo del globo, e quando Trump minaccia di schierare l’esercito contro il popolo americano, la protesta si fortifica, come reazione di forza uguale e opposta. Ma questo è solo un altro esempio dei disordini sociali che il mondo sta vivendo. Ha creato profondi dissensi anche la violazione da parte della Repubblica Popolare Cinese della linea di demarcazione tra i sistemi legali/giuridici tra Hong Kong e la Cina.
Insomma nel mondo post-pandemia, l’unica certezza sembrerebbe essere lo smarrimento delle certezze.
Secondo il manifesto di Vargas Llosa, “su entrambe le sponde dell’Atlantico risorgono lo statalismo, l’interventismo e il populismo con un impeto che fa pensare a un cambio di modello lontano dalla democrazia liberale e dall’economia di mercato.”
E’ bene sperare che la realtà si riveli migliore delle aspettative buie che molti preannunciano.

Aldo Pigoli è docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dove insegna Storia dell’Africa contemporanea e Storia delle Civiltà e delle Culture Politiche. Insegna anche presso l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali; tiene inoltre lezioni di Geopolitica, Geoeconomia e Analisi delle Relazioni Internazionali in numerosi corsi di perfezionamento in Italia e all’estero. Gli abbiamo posto alcune domande.
Come mai Italia e Stati Uniti hanno gestito in modo così diverso l’emergenza?
“Ogni Paese a livello internazionale ha affrontato la crisi sulla base delle diverse condizioni di partenza, a livello politico ma soprattutto economico-finanziario, della rapidità e ampiezza nella diffusione del virus e dell’impatto della pandemia sull’economia. Gli USA hanno potuto e voluto mettere immediatamente in atto misure monetarie, fiscali e finanziarie che hanno permesso di mitigare gli effetti economici della crisi ma, allo stesso tempo, con un approccio “negazionista” rispetto alla pericolosità del COVID-19, hanno posticipato o limitato le misure di contenimento sociale, contribuendo in buona parte alla successiva diffusione del virus in varie parti del Paese. L’Italia, dal canto suo, ha dovuto affrontare per prima, nel mondo occidentale, la gestione del Coronavirus, con tutti i limiti e vincoli all’azione che una democrazia deve affrontare, diversamente da quanto accaduto nella Repubblica Popolare Cinese. Inoltre, la condizione macroeconomica di partenza del Paese, già critica da diversi anni con scarsa crescita del PIL e un forte peso del debito sulle finanze pubbliche, non ha facilitato le scelte del governo, che è caratterizzato da una strutturale fragilità dato il difficile rapporto tra le due forze politiche di maggioranza ed un’opposizione agguerrita”.
Gli italiani sono vittime dell’informazione sulla pandemia? I media italiani fanno terrorismo rispetto ai media americani?
“L’informazione in Italia è notoriamente caratterizzata da faziosità e legami con le varie aree del mondo politico. Fortunatamente, esiste pluralità di voci ma ciò spesso contribuisce a disorientare l’opinione pubblica. Inoltre, oggettivamente, la comunicazione istituzionale e quella dei Media è stata resa più complessa dalla sostanziale mancanza di dati confermati da parte della comunità scientifica, alle prese con una minaccia largamente sconosciuta, benché in parte attesa. Nei Media americani, molta parte dell’informazione è stata influenzata dall’assertività della Casa Bianca, e abbiamo visto schieramenti opposti (es. CNN Vs Fox News) attaccare o sostenere la visione dell’amministrazione Trump rispetto alla pandemia ed ai suoi impatti”.

Per il governo italiano, Covid-19 è un pretesto per arrogarsi poteri?
“Ogni situazione critica può essere un pretesto per visioni e azioni più autoritarie, così come creano maggior spazio per il populismo e il radicalismo. Per stare in tema di COVID-19, le democrazie occidentali, compresa quella italiana, hanno tutta una serie di “anticorpi” in grado di reagire alle minacce anti-democratiche, sia interne che esterne”.
Concorda con Llosa? La democrazia liberale e l’economia di mercato stanno andando incontro ad una crisi?
“La democrazia liberale e l’economia di mercato saranno sempre “in crisi”, perché contengono al loro interno i principi della libertà di pensiero, espressione e azione. Da questo punto di vista esiste ed esisterà un deficit “operativo” nei confronti dei regimi autoritari o dove i processi decisionali sono di tipo verticale, come nella Repubblica Popolare Cinese o nella Federazione Russa. Tuttavia, va considerato che sia il modello politico che economico occidentale sono il frutto di un’evoluzione che deve considerare i tempi e i luoghi in cui si sviluppano. In un mondo come quello attuale, dove dinamiche politiche, economico-finanziarie e sociali sono sempre più interconnesse e con capacità di influenzarsi reciprocamente in maniera molto rapida (se non immediata), gestire la complessità in maniera efficace ed efficiente è sempre più difficile”.