Ricompare in seguito all’ennesimo episodio di discriminazione razziale in USA la frenesia anti monumentale che già infiammò le piazze in passato e che sempre ha colto i popoli nel momento di un trapasso di regime.
Sarà sempre così, perché l’uomo cede sempre alle emozioni, prima di rivolgersi alla ragione. Io cerco di non farlo, non sempre con successo immediato ma, col senno di poi, torno alla ragione. Posso condividere una riflessione che mi ha convinto, unita ad altre simili del passato, che è sempre sbagliato distruggere i monumenti che hanno fotografato un’epoca, un pensiero, un ideale, un periodo storico.
Amo conoscere la storia per quello che è, senza devianze ispirate dalle opinioni politiche o religiose che sempre la distorcono rendendola inutile a capire il presente e prevedere il futuro.
Vi immaginate cosa sarebbe il nostro presente se, quando nella Francia della Rivoluzione Francese e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, con la restaurazione successiva all’epoca Napoleonica, si fosse distrutto ogni ricordo di Robespierre, Danton, Marat, Lafayette … perché complici dell’orribile bagno di sangue scatenato dalla Rivoluzione che cambiò il mondo?
Danton, processato dai Giacobini, esortò a ricordare tutti loro non per i massacri e le vendette, ma per la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e la nascita del concetto di potere del popolo.
Ricordiamo un esempio di questo pensiero con un personaggio straordinario, pressoché ignorato dai manuali scolastici italiani, Marie-Joseph Paul Yves Roch Gilbert du Motier, Marchese de LaFayette (1757-1834). La Fayette è stato un personaggio chiave della storia europea e americana, contribuendo in maniera decisiva alla diffusione delle idee libertarie in Europa sul finire del XVIII secolo. Spesso conosciuto semplicemente come La Fayette, è stato un ufficiale militare francese originario di Chavaniac, in Alvernia. Poco conosciuto in Italia e nel mondo dove appare sporadicamente menzionato nei manuali scolastici, La Fayette ha svolto un ruolo di primo piano sia nella Guerra di Indipendenza Americana sia durante la Rivoluzione Francese, meritandosi l’appellativo di eroe dei due mondi, «The Hero of the Two Worlds». Proprio come Giuseppe Garibaldi, oggi declassato come bandito dal revisionismo ottuso di buona parte degli Italiani. La Fayette era un aristocratico della Francia di Re Luigi XVI, godeva di tutti i privilegi del suo rango, eppure sposò gli ideali libertari del secolo dei Lumi perché li riteneva giusti e si batté per essi mettendo in gioco la propria vita per questo.

Durante la Guerra di Indipendenza Americana, La Fayette si distinse in più occasioni per il suo coraggio e le sue capacità militari. Amico personale di George Washington, La Fayette partecipa, con ruoli di comando e di responsabilità crescenti, a tutte le principali battaglie della guerra di Indipendenza, dal 1777 al 1779. Dopo aver negoziato l’invio di truppe regolari francesi a sostegno della causa degli indipendentisti, riparte per gli Stati Uniti nel 1780, guidando un contingente franco-americano durante l’assedio di Yorktown, fino alla capitolazione degli Inglesi (19 ottobre 1781).
Altrettanto importante è il ruolo di La Fayette negli eventi precedenti e seguenti la Rivoluzione Francese (14 luglio 1789). Convinto della legittimità delle istanze libertarie americane, della vanità delle guerre di religione e della sostanziale uguaglianza di tutti gli uomini, La Fayette diffonde in Europa le nuove idee. Come esponente della nobiltà usa la sua influenza per trattare con i suoi pari e il Re l’approvazione di una serie di riforme a sostegno dei ceti più deboli; accolto in patria come eroe di guerra, riesce a imporsi anche nell’orizzonte post-rivoluzionario, cercando di limitare la violenza e gli eccessi del periodo giacobino.
Senza tenere conto di interessi personali, riesce a suggerire e talora realizzare riforme di portata epocale. Influenzato dalla sua amicizia per Washington, che era protestante, convince Luigi XVI a promulgare l’Editto di Versailles sulla libertà religiosa nel 1787; l’11 luglio 1789 presenta all’Assemblea Nazionale una bozza della «Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino», scritta di suo pugno. Allo stesso modo, in qualità di comandante della Guardia Nazionale, impone con la forza il rispetto dell’ordine venendo a duri contrasti con il governo giacobino (1791).
Minacciato per questo in patria dai Rivoluzionari, temendo per l’incolumità sua e della sua famiglia, nel 1792 tenta di fuggire negli Stati Uniti: ma viene catturato dagli Austriaci che lo condannano a 5 anni di carcere proprio per le sue attività rivoluzionarie. Rilasciato per intervento di Napoleone, rientra in Francia nel 1797, ma rifiuta di far parte del governo. Incrollabile sostenitore dei propri ideali e servitore leale del suo paese, La Fayette diventa membro liberale della Camera dei Deputati durante la Restaurazione (1815), carica mantenuta fino alla morte. Durante la «Seconda Rivoluzione» del 1830 rifiuta di diventare Dittatore, sostenendo la candidatura di Luigi Filippo come monarca costituzionale.
Nel 1824, il presidente degli Stati Uniti James Monroe invita La Fayette come «ospite della Nazione». Durante il suo soggiorno americano La Fayette visita, in un lunghissimo viaggio, tutti i ventiquattro stati dell’Unione: molte città e molti monumenti portano da allora il suo nome, in segno di gratitudine e di rispetto.
Muore il 20 maggio 1834 e viene sepolto nel cimitero di Picpus a Parigi. Secondo una tradizione, La Fayette riposa sotto una bandiera americana dal giorno della sua morte: quel simbolo di libertà e di amore fra i popoli non venne rimosso neppure durante l’occupazione nazista di Parigi.
Simbolo di Libertà e amore fra i popoli, non razzismo e discriminazione!
Ho voluto entrare nei dettagli di questo illustre personaggio storico, del quale ho ammirato il monumento bronzeo posto come a guardia del Congresso degli Stati Uniti a Washington, perché ben rappresenta i motivi di questa riflessione.
Pensiamo a quante volte un personaggio può essere gradito o sgradito nel corso dell’evoluzione storica della civiltà cui appartiene. Il Marchese de Lafayette era un eroe della Rivoluzione Francese, poi no!, un nemico della Rivoluzione Francese, un criminale da incarcerare per gli Austriaci; un eroe per i ribelli Americani, un criminale da fucilare per gli Inglesi di Re Giorgio d’Inghilterra. Garibaldi, ugualmente, se al potere andassero coloro che lo considerano un bandito, dovrebbe sparire dalle piazze d’Italia? Cancellato dai libri di storia o ridipinto come un bandito? Tutto questo lo trovo assurdo. Ovvio che Lafayette fosse un eroe per chi condivideva i suoi ideali, altrettanto ovvio che Garibaldi lo fosse per chi amasse l’unità e l’indipendenza Italiane, altrettanto ovvio che fossero criminali da eliminare per chi aveva interessi ed idee contrarie. Gli austroungarici lo ricercavano come un bandito così come i Borbone di Napoli. Io, penso, però, che il loro posto nella storia se lo siano guadagnato comunque, chiunque sia stato vincitore o perdente!
Cosa sarebbe Ajaccio, senza il monumento equestre all’Imperatore dei Francesi, Napoleone Bonaparte, nato li e sepolto a Parigi? Nonostante sia caduto in disgrazia e la Francia sia stata restaurata dai monarchici, nessuno ha mai pensato di abbattere le statue della sua storia. Idiozie che erano solite nel mondo sovietico. Stalin cancellava chi gli aveva fatto ombra persino dalle fotografie ufficiali. Faceva condannare per crimini comuni, o spionaggio chiunque non stesse al suo gioco, ma questo è proprio delle dittature. Persino gli archeologi raccontano di Faraoni cancellati dalla storia d’Egitto da coloro che presero il potere dopo di loro.

Non trovo mai intelligente questo comportamento, serve solo a chi vuole impadronirsi della storia per gestire meglio il potere facendoci credere fischi per fiaschi!
In Italia abbiamo vissuto e viviamo questo modus operandi dei poteri dispotici che hanno assunto il controllo col golpe perfettamente riuscito nel 1978 e si sono dimostrati pronti a tutto per mantenerlo.
Cancellare la storia uccidendo e screditando i testimoni di quello che accadde quando il naturale decorso della democrazia fu deviata violentemente da stragi e omicidi, è un’attività propria delle tirannie.
Ma in America c’è la democrazia e così in Europa, dunque, perché voler distruggere i simboli della storia, invece di approfittare di nuove consapevolezze per aggiornarla e completarla?
Io restai deluso quando seppi che un eroe della Rivoluzione Americana che partecipò anche alla scrittura della Costituzione: il concetto che “tutti gli uomini sono nati liberi e uguali” era davvero rivoluzionario in quel tempo e non solo in quello, risultava, invece, essere uno schiavista! Mi riferisco a Thomas Jefferson che fu anche Presidente dell’Unione. Aveva una piantagione in Virginia, Monticello, e possedeva schiavi “negri” per la coltivazione, che ovviamente aveva acquistato al mercato degli schiavi. Gente sottratta violentemente alla loro terra d’origine, l’Africa, e portati in catene in condizioni bestiali in America per essere ridotti in schiavitù e costretti a coltivare la terra o altre mansioni. Aveva anche una schiava sessuale, fin da quando era una minorenne, dalla quale ebbe dei figli che tenne in schiavitù, costretti a lavorare come schiavi fino a che la madre, alla morte del loro padrone, non riuscì a farli fuggire, cancellando le loro origini africane, approfittando del loro aspetto da “bianchi” per farli vivere da uomini liberi. Una storia nota da molti anni e che certamente non fa onore all’Immagine storica di Thomas Jefferson che ha anche il suo volto impresso sul famoso monte Rushmore al fianco di Washington, Roosevelt e Lincoln.
Seguendo questo principio e questa furia iconoclasta si dovrebbe deturpare anche quel monumento, giacché Thomas Jefferson era indubbiamente uno schiavista, cosa che al suo tempo era legale negli USA.

Moralmente non importa se era legale o meno, ma che era un crimine contro l’umanità e quella stessa dichiarazione universale che ipocritamente Thomas Jefferson aveva contribuito a creare, ma non ha rispettato.
Invece, io trovo giusto che si sappia la verità della doppiezza del personaggio, ma senza dimenticare ciò che di grande ha fatto per la nostra civiltà e questo vale per tutti e tutto.
Cristoforo Colombo? Ormai la storia ha dimostrato che una volta ottenuta la nuova rotta per le Indie occidentali, che poi erano in realtà un continente sconosciuto, la bramosia di ricchezze da estorcere al nuovo mondo colse tutti, probabilmente anche Cristoforo Colombo e il fratello. Indubitabile è che molte di quelle accuse furono calunnie dissacratorie per levargli il potere che aveva in forza dell’accordo stipulato con la Corona di Spagna. Tuttavia, se anche una minima parte di esse fosse vera, questo non giustifica l’abbattimento dei monumenti dedicati alla grandezza della sua impresa che, per quanto ne sapeva lui, poteva finire in una morte orribile, smarriti nell’immensità dell’oceano che affrontarono su gusci di noce.
Cosa c’entra la sua immagine storica con il genocidio dei nativi americani? Specie i “pellerossa” che persero la loro terra di guerra in guerra, di trattato in trattato. Essa è stata dovuta alla “civiltà che avanzava”, l’uomo sedentario, agricoltore ed allevatore, che soppiantava quello nomade, cacciatore e raccoglitore. La civiltà del Bisonte era giunta alla fine della sua storia evolutiva, come quella del Mammouth per l’Homo di Neanderthal. Era successo molto tempo prima anche a vari popoli nomadi eurasiatici che vennero “civilizzati” dai romani. Spesso erano loro stessi a voler essere civilizzati per avere le infrastrutture che Roma offriva, città, acqua corrente, protezione dai saccheggi e “Diritto romano”, una legge che garantisca i loro diritti, concetti sconosciuti anche ai nativi americani. La civiltà del Bisonte, vista senza romanticismo, non era meno crudele e ingiusta tra diverse tribù. Si attaccavano e saccheggiavano di frequente per rubarsi vicendevolmente le provviste invernali senza le quali non sarebbero sopravvissuti ai rigidi inverni. O vogliamo considerare giusta quella Azteca o Inca? Quelle dei sacrifici umani e dei bambini sacrificati agli Dei in quel modo orribile? I cuori strappati dal petto delle vittime ancora vive? Notizie indagate da storici interessati alla verità. Che sia giusto o sbagliato quello che è avvenuto dev’essere argomento degli storici, per approfondirla e non per distruggere le testimonianze e i simboli di essa. Soprattutto, non si deve usare la storia per la propaganda politica!
Grazie a questa oggi non celebriamo più come eroi i massacratori di Wounded Knee, il nome con cui è passato alla storia un eccidio di Miniconjou, un gruppo di Lakota Sioux, da parte dell’esercito degli Stati Uniti, ma conosciamo esattamente i fatti e le ingiustizie subite dalle popolazioni native.
Sono solidale con le proteste degli afroamericani, sono giuste, ma non con la distruzione dei monumenti!
Conoscere la storia è importante per capire il presente e organizzare il futuro.
Distruggerla è diabolico!
Discussion about this post