Bernie Sanders re per una notte: dopo le buone performance tra Iowa e New Hampshire, i caucus in Nevada premiano ampiamente il candidato socialista, che trionfa in quasi ogni segmento demografico – elettori tra i diciassette e i sessantaquattro anni, bianchi e quella fetta di minoranze che non seppe conquistare nel 2016 – e ora appare come il vero anti Trump in attesa della prova in South Carolina del 29 febbraio e il vicino Super Tuesday. È volata per Sanders, che stacca Pete Buttigieg e Joe Biden. L’interferenza russa non sembra aver minato la fiducia dei fedelissimi. Tra latino e afroamericani, una vittoria trasversale, ma è ancora lontana la soglia dei 1991 delegati su 3979 necessaria per vincere la nomination e ambire alla Casa Bianca.
L’America democratica sta premiando il candidato del Vermont, ma per la frangia moderata, sfilacciata tra candidati che si strappano voti a vicenda a vantaggio di Sanders – più la grande incognita Mike Bloomberg, assente in Nevada – la sua corsa alla presidenza può rivelarsi un passo falso. Solo il tempo dirà se gli Stati Uniti sono pronti per un messaggio più radicale, per una politica più attenta agli ultimi e meno ai primi.

Nella settimana seguente gli accesi dibattiti del Nevada, la discussione non si è placata. Per Elizabeth Warren, ora affannata nella corsa al capolista, la candidatura di Bloomberg è pericolosa. Le elezioni non sono e non possono essere in vendita, ripete la senatrice del Massachusetts. «Un arrogante per un arrogante»: un riferimento a Trump, nelle sue parole di fuoco. Giorni impegnativi anche per Sanders: secondo funzionari dell’intelligence, la Russia avrebbe tutto l’interesse nel favorirne la candidatura contro Trump in quanto ritenuto più debole in un’eventuale corsa contro l’attuale presidente. Sanders ha chiesto fermamente di non immischiarsi. Un messaggio chiaro e puntuale, in linea con i recenti successi.

Bernie Sanders sembra dunque avere ora tutte le carte in regola per battere Trump. In Nevada, stato multirazziale e culturalmente lontano dai più bianchi Iowa e New Hampshire, ha mostrato di saper espandere il proprio bacino elettorale. L’establishment democratico invece teme la disfatta. Ma se Sanders si ripeterà nel Super Tuesday, quando potrà accaparrarsi un terzo del totale dei delegati, per i rivali in corsa acciuffarlo sarà un’impresa. Secondo un recente sondaggio di NPR, il 28% dei nordamericani è a favore del socialismo, rispetto a uno schiacciante 58% di contrari. Più entusiasti giovani e giovanissimi, capitalisti i baby boomer. Il fantasma di George McGovern aleggia. Nel 1972, il candidato progressista perse in quarantanove stati contro il popolarissimo Richard Nixon; e il resto è storia. L’estremismo non ha mai portato fortuna al partito democratico. Gli americani dovranno scegliere quale strategia adottare, e forse qualcuno, pazienza, dovrà turarsi il naso. L’anyone-but-Trump, di questi tempi, sembra la scelta più saggia.