Subito al punto: volete sapere chi ha vinto il dibattito dei democratici a Las Vegas dove per la prima volta partecipava l’ex sindaco di New York, il miliardario Mike Bloomberg? Sulla certezza di chi ha prevalso, ci saranno opinioni diverse (per chi scrive, ha vinto la senatrice Elizabeth Warren. Ma per altri magari Joe Biden, o Bernie Sanders…). Ma sicuramente nessun giornale negli Stati Uniti giovedì mattina avrà un nome diverso su chi l’ha perso, e in modo catastrofico, questo dibattito: già, al tappeto è finito il tycoon dei media, il “Citizen Mike” di Orsonwellsiana memoria. Il pallone Bloomberg gonfiato da 400 milioni già spesi in pubblicità, a Las Vegas si è ammosciato davanti agli attacchi della senatrice Elizabeth Warren, che subito, con le prime parole che ha pronunciato al dibattito, ha sferrato un colpo da KO:
“I’d like to talk about who we’re running against: a billionaire who calls women fat broads and horse-faced lesbians. And no, I’m not talking about Donald Trump. I’m talking about Mayor Bloomberg.” (Voglio parlare di colui che noi ci stiamo candidando contro: un miliardario che chiama le donne grassone e lesbiche dalla faccia da cavallo. E no, non sto parlando di Donald Trump, sto parlando del sindaco Bloomberg!”.
Una mitragliata di devastanti attacchi si sono abbattuti subiti su Mike Bloomberg, entrambi prevedibilissimi ma che per come sono andate le risposte di Bloomberg, si deve dedurre: o l’ex sindaco di New York non si era affatto preparato al dibattito, o ha svelato senza pudore quello che è sembrato un tratto predominante del carattere: l’arroganza. Infatti sia quando è stato oggetto di attacchi per la sua politica discriminatoria del “stop and frisk” (l’aver ordinato alla polizia di NYC di fermare e perquisire i giovani di colore per strada considerandoli “sospetti” proprio per il colore della pelle), sia che per le accuse di essere stato più volte denunciato da alcune donne sue impiegate (quante? decine? centinaia?) per dei maltrattamenti subiti nel lavoro poi “risolti” con accordi legali in cui le donne venivano pagate in cambio del loro impegno a “mai rilevare” il contenuto delle loro denunce, Bloomberg ha mostrato, con l’alzare gli occhi all’insù senza rispondere in maniera credibile, tutta la sua gelida arroganza. Come quando rispondeva a Warren e Biden che lo incalzavano che “stop and frisk era una politica necessaria per diminuire i delitti e che poi è sfuggita di mano alla polizia”, o che le donne che lo denunciavano lo avevano fatto soltanto perché “non gli erano piaciute le mie barzellette”.
Ma davvero ha pensato che fosse possibile? Così Bloomberg ha creduto di cavarsela in diretta tv davanti a milioni di americani? Invece di scusarsi per una politica pericolosa e opprimente per le minoranze, considerata apertamente razzista, o dare una risposta seria sulle serissime accuse di maltrattamenti sulle donne? Mentre molti americani nel vedere quell’arroganza avranno notato la somiglianza, come gli aveva del resto suggerito Warren, a quella di Donald Trump, in quello stesso momento a noi italiani in America ci appariva lo spettro di Silvio Berlusconi e della “nipote di Mubarak” in versione a stelle e strisce!
Come potrebbe veramente pensare Bloomberg di ottenere il voto delle minoranze come delle donne dopo la sua performance a Las Vegas?
La coppia Warren-Biden (sembravano coordinati nei loro micidiali attacchi a Bloomberg) non ha mollato l’osso Mike, e alla fine il tycoon è apparso come un pugile suonato, all’angolo che implora il gong per non andare K.O!
Così ecco la Warren subito sfilare un altro colpo:
“No, non sconfiggeremo Donald Trump scegliendo un uomo che ha chissà quanti ‘accordi che non si possono rivelare’ e chissà quante altre storie di donne che si sono sentite insultate e discriminate lavorando con lui”.
E mentre Bloomberg sembrava un pugile suonato, che non riusciva a dir nulla di sensato a Warren che insisteva nel chiedergli perché non rilasciava le donne dall’impegno preso di non rivelare le accuse, ecco che arrivava l’ex vicepresidente Biden con un altro colpo sferrato a volte alta: “Tutto quello che il sindaco deve dire è ‘siete libere dal non rispettate l’accordo di non rivelare’. Punto”. Ma niente, Bloomberg è rimasto prima congelato e quindi fritto nella sua arroganza per non riuscire ad ammettere le sue colpe, scusandosi, o, se veramente si fosse trattato soltanto di “barzellette”, allora liberare le sue accusatrice dall’accordo in modo che potessero rivelare queste storielle sconce (Ma davvero Bloomberg vorrebbe farci credere che pagava dei soldi per il silenzio di sue impiegate affinché non rivelassero il contenuto delle sue barzellette?).
Il maggior beneficiario del fuoco incrociato contro Bloomberg, è risultato essere Bernie Sanders, che essendo il candidato in testa nei sondaggi invece di essere il maggior obiettivo si è ritrovato come “secondo scelta” degli attacchi, che per lo più poi sono arrivati dalle domande dei giornalisti che dagli altri candidati. Warren e Biden (resuscitato!) hanno mostrato tutta la loro aggressività solo per Bloomberg, mentre Pete Buttigieg se l’è presa con la povera senatrice Amy Klobuchar che è apparsa molto innervosita dai continui attacchi arrivati dal giovane sindaco di South Bend, cittadina dell’Indiana. Ad un certo punto la senatrice del Minnesota, visibilmente scossa, ha chiesto a Buttigieg se la stesse prendendo per una “stupida”. Fino a quel momento la politica estera era rimasta completamente fuori dalla dibattito, se si esclude appunto il duello che ha visto protagonista Klobuchar con il sindaco Buttigieg che incalzava la senatrice per non aver ricordato il presidente del Messico durante una intervista (e a venire in soccorso di Klobuchar è arrivata Warren).
L’unico momento in cui Sanders è apparso sotto pressione, è arrivato quando gli è stato chiesto di rispettare la sua promessa di rilasciare tutti i documenti medici dopo aver avuto un infarto lo scorso anno. Sanders ha detto che quello che era stato già rilasciato, cioè attestati di buona salute da parte di medici e cardiologi, era sufficiente e poi ha cercato di districarsi dalle insistenze (ancora, più dei giornalisti che dei candidati) dicendo: “Forse dovreste venire un giorno con me nei varie comizi elettorali che faccio, vediamo chi ha il fisico più adatto…”.
Ma Bernie Sanders ha confermato senza mai mollare le sue convinzioni sulla riforma sanitaria e sull’ingente aumento delle tasse per i ricchi e le corporations – un tratto, quello della coerenza e convinzione ferrea nelle idee del suo programma “rivoluzionario” che gli altri candidati democratici hanno cercato di rappresentate negativamente per l’“inflessibilità” ma che finora invece è stato il tratto più attraente per milioni di sostenitori del senatore indipendente del Vermont -. Sanders non si è scomposto, non si è tirato indietro quando gli è stato chiesto del suo “anti capitalismo”. “Sono per la social democrazia. In Danimarca si vive bene…”, e giù con la frase “dare la sanità garantita per tutti è un diritto umano!”.
Per chi scrive, alla fine la vincitrice del dibattito è stata la senatrice del Massachusetts Elisabeth Warren, che ha con successo attaccato il carattere di Bloomberg, paragonandolo praticamente a Trump, facendo emergere una grinta veramente notevole, forse puntando ormai a cercare di risalire nei sondaggi attraendo voti dai moderati più che dall’inarrestabile Bernie Sanders. Quest’ultimo però ci sembra il maggiore beneficiario della serata di Las Vegas: il senatore del Vermont ha praticamente ribadito la sua linea, anche se questa volta chiamata “social democratica” (invece che socialista), che punta alla sanità pubblica, istruzione superiore pubblica accessibile per tutti con condono di tutti i debiti studenteschi, e una politica ambientalista “senza compromessi”. Proprio su questo ultimo punto, quando è stato per esempio affrontato il tema del “fracking”, il senatore del Vermont è stato il più inflessibile tra i candidati: eliminare senza altri tentennamenti tutto quello che danneggia l’ambiente.
Joe Biden è sembrato “rinvigorito” dagli attacchi al malcapitato Mike Bloomberg: quando l’ex sindaco di New York ha cercato di arrampicarsi negli specchi della sua politica “stop and frisk”, il vicepresidente di Obama non gli ha dato scampo: “Smettila di non dire i fatti come sono andati: la tua politica è stata interrotta solo quando noi da Washington vi abbiamo mandato degli ispettori per controllare che cosa stavate combinando…”.
Buttigieg ha cercato di mettersi in luce ma restando alla fine un candidato tanto eloquente quanto leggero, che non sembra adatto al grande duello di novembre con Trump; mentre la senatrice del Minnesota Klobuchard, che a tratti è apparsa convincente nell’elencare la sua esperienza legislativa in vari campi, ha mostrato troppo nervosismo quando è stata oggetto di critiche.
Bloomberg esce quindi come l’assoluto perdente di questo dibattito, al quale tra l’altro avrebbe potuto benissimo non partecipare dato che non concorre ai caucus del Nevada. Eppure sarebbe troppo presto per annunciare la fine delle sue ambizioni per la nomination . In realtà il fatto che Bloomberg sia riuscito a salire nei sondaggi così velocemente grazie alle centinaia di milioni spesi in poche settimane, non può che far prevedere che “Citizen Mike”, magari raddoppiando i piani di spesa sulla pubblicità, inondi tutti gli stati per le primarie del “Super Tuesday” (3 marzo) con una “masculiata” di spot elettorali che potrebbero far dimenticare la sua magra figura a Las Vegas. Già, a Bloomberg non resta che sperare, dopotutto, che tutto quello che è accaduto a Las Vegas, resti a Las Vegas…