L’elezioni regionali della Calabria e dell’Emilia Romagna segnano un ritorno dirompente del bipolarismo. Da una parte troviamo una forza progressista guidata dal PD, mentre dall’altra troviamo una forza sovranista guidata dalla Lega di Salvini. I pessimi risultati racimolati dai 5 Stelle in entrambe le regioni confermano il Movimento come una meteora della politica Italiana. Non convincono le parole rassicuranti del candidato dei 5 Stelle Simone Benini, che si dice soddisfatto del 3,6% ottenuto in Emilia Romagna perché in fondo il ruolo del Movimento era quello di “sentinella utile” per la regione. Caro Benini, un partito nato a Bologna dal Vaffa Day, che nel 2018 ha ottenuto il 27,54% diventando primo partito della regione, non si può ridurre a sentinella utile in poco meno di due anni. Non c’è un bel niente da esser soddisfatti. Questo tracollo dei 5 Stelle cambia inevitabilmente i rapporti di forza all’interno dell’esecutivo, con il PD che si conquista il ruolo di partner di maggioranza e il Movimento che effettivamente diventa una stampella del governo.
Forte di questi risultati, il PD deve cogliere l’occasione al volo e porre le basi per una legge elettorale maggioritaria che possa forzare quel poco rimasto dei 5 Stelle all’interno di un’unico campo progressista con le altre forze di sinistra. Una legge proporzionale, purché con sbarramento alto, sarebbe un “suicidio” in termini politici per il PD, che si ritroverebbe a dover ricucire tutti i frammenti di un Movimento frastagliato dalle proprie divisioni interne. È molto meno complesso, e decisamente più conveniente, forzare l’elettorato dei 5 Stelle in un voto utile verso una nuova forza progressista che si possa contrapporre al sovranismo populista della Lega. In questo nuovo fronte progressista ci dovranno sicuramente essere le Sardine, che in pochi mesi sono riuscite a mobilitare centinaia di migliaia di persone in tutta la penisola senza alcuna bandiera politica a farle da guida. Un movimento che rischiava di nazionalizzare troppo il voto in Emilia Romagna, e che invece è probabilmente riuscito a portare alle urne alcuni elettori estraniati dalle attuali forze politiche.
Questo è dimostrato anche dal voto personale ricevuto da Stefano Bonaccini, che recupera su Lucia Borgonzoni ben il 5,8% rispetto alle coalizioni. Negli ultimi anni è un dato pari a quello di Chiamparino in Piemonte (5,82%) e inferiore solo a quello di Zedda (7,07%) in Sardegna. Questo risultato non è solo dovuto al fenomeno delle Sardine o alla buona amministrazione di Bonaccini, ma è anche dovuto alla strategia intrapresa da Salvini, che con la sua presenza morbosa in tutte le piazze della regione ha effettivamente oscurato il ruolo della Borgonzoni. Non è dato sapere se questa strategia sia stata una scelta forzata per via dell’inferiorità di quest’ultima nei confronti di Bonaccini o se sia semplicemente stata una decisione egoistica da parte di Salvini, ma i dati alla mano dimostrano che la scelta di nascondere la propria candidata regionale dietro al capo politico non ha probabilmente giovato. È possibile che la presenza costante di Salvini in Emilia Romagna abbia mobilitato alcune anime della sinistra (vedi Sardine) che altrimenti sarebbero state a casa.
Una Lega che però non può e non deve perdersi d’animo, dato che è dalla caduta del muro di Berlino che questa regione prettamente rossa non veniva messa minimamente in discussione. Anche solo il fatto di non aver avuto certezze sull’esito dell’elezione fino all’arrivo dei primi dati dev’essere motivo di orgoglio per Salvini. Inoltre, la vittoria stracciante in Calabria con il resto del centrodestra di Jole Santelli su Filippo Callipo, dimostra come la strada imboccata sia quella giusta. Fatto sta che questi risultati non produrranno la tanto sperata spallata al governo Conte. Infatti, a meno che di scenari imprevedibili, il governo si rafforza da questa tornata elettorale e mette un’ipoteca importante sull’elezione del Presidente della Repubblica nel 2022.
È infine interessante concludere con i dati instantpoll raccolti da Tecnè sul voto in Emilia Romagna. Bonaccini batte nettamente la Borgonzoni sia tra gli elettori under 35 (56 a 38) che tra gli over 64 (57 a 40), mentre la situazione è di sostanziale parità nella fascia tra i 35 e i 64 anni. Inoltre, tra chi ha un licenzia media/elementare o un diploma di scuola superiore è pareggio tra Borgonzoni e Bonaccini, che però vince di ben 24 punti tra i laureati: 60 a 36.
Discussion about this post