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L’odio per Greta e Carola e quella “peste” che dilaga

Dovremmo seriamente interrogarci sul perché queste giovani attiviste in difesa dell'ambiente e i migranti suscitano tanto disprezzo e odio

Valter VecelliobyValter Vecellio
L’odio per Greta e Carola e quella “peste” che dilaga

Greta Thunberg nell'illustrazione di Antonella Martino

Time: 3 mins read

Giornali e televisioni hanno dato grande risalto e ampiamente riferito dell’intervento della giovane Greta Thunberg al summit delle Nazioni Unite dedicato all’ambiente, e alla situazione, davvero inquietante, degli sconvolgimenti climatici. Abbiamo visto tutti quel viso di adolescente in lacrime; lacrime di rabbia e dolore. Abbiamo ascoltato tutti quelle parole, scagliate all’indirizzo dei potenti della terra: “Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia. Ci state deludendo, ma i giovani stanno iniziando a capire il vostro tradimento, gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi, e se sceglierete di fallire non vi perdoneremo mai. Il mondo si sta svegliando e il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no”.

Questa ragazza sedicenne può esserci antipatica o, al contrario, possiamo nutrire ammirazione per quello che dice e che fa. Possiamo certamente interrogarci se dietro, o sopra di lei, agisca e intervenga qualcuno che la strumentalizza e – consapevole o no che sia – ci specula sopra; si guadagna su tutto, da Che Guevara a madre Teresa di Calcutta, perché no su Greta? Possiamo anche trovare una stravaganza assurda questo suo aver voluto attraversare l’oceano Atlantico a bordo di un naviglio messogli a disposizione da un rampollo dei principi monegaschi; come se fosse possibile abolire il traffico aereo e tornare alle Caravelle e ai Galeoni. Non è certo così che si risolve l’enorme questione dell’emergenza climatica.

Sarebbe inoltre un buon esempio se Greta decidesse di tornare a scuola: l’istruzione, la conoscenza, la consapevolezza, sono gli elementi fondativi e i presupposti fondamentali per chiunque voglia rendere questo mondo un po’ migliore di come lo ha trovato. Al contrario, l’ignoranza è il terreno fertile su cui prosperano politicanti e potenti.

Resta, con tutte le obiezioni possibili e immaginabili che si possono fare, l’essenza del discorso: la responsabilità di ciascuno di noi nei confronti di generazioni future. Il tipo di mondo che verrà lasciato a figli e nipoti. Non saprei dire se “tradimento” sia la parola più adeguata per descrivere le indiscutibili colpe e indifferenze di tanti di noi nei confronti dell’ambiente; ma di certo fra venti, cinquanta, cento anni per questo si sarà giudicati e ricordati: per quello che abbiamo fatto, o non abbiamo fatto.

Non saprei neppure dire se il mondo si sta davvero svegliando, se il cambiamento stia arrivando; che tipo di sveglia e cambiamento sia. In ogni caso, dovremmo seriamente interrogarci sul perché questa ragazza suscita tanto disprezzo e odio. Odio mi pare sia la parola giusta, non esagerata. Non è necessario che Greta ci sia simpatica; la si può benissimo disapprovare; ma qualcuno provi a spiegare come e perché si può arrivare addirittura ad auspicare che sia violentata. Lo stesso auspicio di alcuni cretini, che nel giugno scorso si auguravano che Carola Rackete, la comandante della “Sea Watch” fosse stuprata; quell’ignobile coro fatto di “Zingara” “Venduta”, “Tossica”, “Vattene in galera, drogata”, “Vai dalla Merkel”, “Vergogna. Le manette!”, “Spero che ti violentino ‘sti negri”…

Carola Rackete nel disegno di Paola Formica

Greta e Carola, a questo punto, passano in secondo piano. Il problema sono i germi di questa peste che si diffonde e si manifesta: un giorno attraverso dei ragazzi che pestano a sangue l’autista di un autobus a Roma; e il giorno dopo nell’aggressione di un inerme extracomunitario ad Anzio, e in mille altre situazioni. Come i topi de La peste di Albert Camus, sono i sintomi di un qualcosa che ci sta sfuggendo di mano. E’ arrivato il tempo di dire NO a tutto questo. Capire che quei “topi” portano i bacilli della peste; che la peste va curata e prevenuta con adeguati vaccini. Che la “peste” – leggiamo le bellissime pagine de I promessi sposi di Manzoni, quando arriva, non fa distinzione: muore don Rodrigo, muore frate Cristoforo. E per chiudere con le citazioni pestifere: è illusorio chiudersi in un castello isolato e inaccessibile. Come ci insegna l’esemplare racconto di Edgar A. Poe, The Masque of the Red Death.

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Valter Vecellio

Valter Vecellio

Nato a Tripoli di Libia, di cui ho vago ricordo e nessun rimpianto, da sempre ho voluto cercare storie e sono stato fortunato: da quarant'anni mi pagano per incontrare persone, ascoltarle, raccontare quello che vedo e imparo. Doppiamente fortunato: in Rai (sono vice-caporedattore Tg2) e sui giornali, ho sempre detto e scritto quello che volevo dire e scrivere. Di molte cose sono orgoglioso: l'amicizia con Leonardo Sciascia, l'esser radicale da quando avevo i calzoni corti e aver qualche merito nella conquista di molti diritti civili; di amare il cinema al punto da sorbirmi indigeribili "polpettoni"; delle mie collezioni di fumetti; di aver diretto il settimanale satirico Il Male e per questo esser finito in galera... Avrò scritto diecimila articoli, una decina di libri, un migliaio di servizi TV. Non ne rinnego nessuno e ancora non mi sono stancato. Ve l'ho detto: sono fortunato.

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