Ieri sera, nella città di Houston, si è svolto il terzo dibattito del Partito Democratico in vista dell’elezione Presidenziale del 2020. Si sono presentati sul palco i 10 candidati che hanno ottenuto donazioni da almeno 130,000 persone e che hanno registrato un 2%, o più, di preferenze in quattro sondaggi riconosciuti a livello nazionale. Una platea di candidati che si è dunque dimezzata rispetto ai 20 che si sono presentati per il secondo dibattito democratico lo scorso Luglio a Detroit.
I più attesi erano ovviamente i tre frontrunner: l’ex Vice Presidente Joe Biden, la Senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, e il Senatore del Vermont Bernie Sanders. L’ultima media dei sondaggi realizzata da Realclearpolitics, prima del dibattito, dava Biden stabilmente in testa con il 26.8%, seguito da Sanders con il 17.3%, e a stretto giro da Warren con il 16.8%. Dietro di loro l’abisso. La Senatrice Californiana Kamala Harris che ha cavalcato l’ondata di entusiasmo nata dai suoi attacchi contro Biden nel primo dibattito registrava solo un 6.5%, mentre Buttigieg, Yang, e O’Rourke – tutti presenti sul palco ieri sera – registrano rispettivamente il 4.8%, il 3%, e il 2.8%. C’è dunque da domandarsi se il dibattito di ieri sera è riuscito a cambiare le carte in tavole. Facendo uso di una metafora prettamente ciclistica, bisogna valutare se qualcuno dei candidati minori è riuscito a staccarsi dal gruppetto degli inseguitori e mettersi a ruota dei 3 davanti, ma sopratutto se qualcuno dei 3 in davanti ha tentato la fuga in solitaria.
La risposta breve a questi due quesiti è sostanzialmente no. Nessuno dei candidati minori ha stravinto il dibattito con cosi tanto margine da poter dire di essersi proteso al livello dei tre davanti, e nessuno dei tre davanti è riuscito a conquistarsi la certezza del primato assoluto. Joe Biden, attaccato a destra e a manca per le sue posizioni “troppo moderate”, ha avuto il suo miglior dibattito di questa stagione delle primarie. Nonostante alcune problematiche con la scioltezza del linguaggio, probabilmente dovute all’età – fattore da non sottovalutare – è comunque riuscito a respingere in maniera convincente gli attacchi provenienti da Sanders e dal candidato ispanico Julian Castro.
Biden ha fatto pesare, e non poco, il lavoro svolto dall’amministrazione Obama quando lui era Vice Presidente. Ogni qualvolta veniva attaccato, Joe incominciava a snocciolare dati e successi del Presidente Obama, a tal punto che a qualcuno potrebbe venire il dubbio che in realtà Biden stia correndo per Obama e non per se stesso. Fatto sta che in un momento pieno di dubbi nel Partito Democratico, riportare l’attenzione verso i bei tempi passati, può certamente giovare all’ex Vice Presidente.
La tanto attesa Elizabeth Warren, considerata una delle contendenti più quotate per conquistare la nomination, ha avuto una serata relativamente tranquilla. Nessuno dei candidati l’ha presa particolarmente di mira e lei è riuscita a spiegare in tutta tranquillità i suoi piani per l’assistenza sanitaria universale, la de-criminalizzazione del reato di clandestinità, e le tasse sulle cosiddette “big corporations”. Si è dunque riproposta come una delle candidate più a sinistra del partito democratico assieme a Bernie Sanders. Il Senatore del Vermont, d’altro canto, ha avuto una serata molto agitata per via dei suoi attacchi continui contro le ricette di Biden. Uno degli scontri principali è avvenuto sulla sanità, che Bernie vorrebbe universale – come Warren – e che Biden invece vorrebbe con un’opzione privata. Resta da capire se aver attaccato cosi duramente il leader nei sondaggi possa aver giovato a Sanders, il quale pare aver sempre più terrore di essere superato dalla Warren, la quale ricopre le sue stesse posizioni ma è più giovane, è nuova nella corsa alla Presidenza, ed è una donna.
Tra gli altri candidati c’è da sottolineare la prova convincente di Beto O’Rourke, che dopo la sparatoria avvenuta lo scorso mese nella sua città natale di El Paso, si è posizionato duramente contro le armi e l’odio razziale. Quando gli viene chiesto cosa fare per fermare queste sparatorie, Beto risponde che bisogna confiscare tutti gli AK-47, l’arma semi-automatica che viene maggiormente utilizzata dagli attentatori in queste tragedie. Il Senatore Newyorkese Booker lo prende un pò in giro dicendo che ci è voluta una sparatoria prima che Beto si accorgesse della necessità di confiscare queste pericolose armi e forse ha anche un pò ragione, visto che fino a ieri sera la stella nascente Beto – che aveva quasi strappato il Texas ai Repubblicani negli ultimi midterm – non era riuscito a sfondare, non avendo ancora trovato una posizione chiara nel rinnovato spettro ideologico del partito Democratico. Che sia troppo tardi per questo cambiamento?
Infine c’è da spendere due parole per il business man Andrew Yang, l’unico sul palco di ieri sera a non aver mai ricoperto alcun ruolo politico. Yang, anche l’unico senza cravatta, ha esordito dichiarando che darà 1000 dollari al mese a 10 famiglie americane per un anno intero, cosi da poter dimostrare che il suo “freedom dividend” – praticamente un reddito di cittadinanza – è la soluzione ai problemi dell’automatizzazione che sta rubando il lavoro agli Americani. Si può discutere ampiamente sugli aspetti negativi del reddito di cittadinanza, e anche condannare quello che sembra un chiaro voto di scambio, ma Yang – con le dovute proporzioni – è l’unico a cavalcare il fattore Trump, non essendo mai entrato in politica, ed è anche uno degli unici ad aver esplicitamente chiesto il voto dei trumpiani delusi. Su uno “snap Survey” pubblicato dalla pagina Twitter @Politics_Polls poco dopo la fine del dibattito, Yang risultava in testa con il 51% delle preferenze alla domanda su chi avesse vinto il dibattito democratico. Occhio.