“Scusami ma stasera Viola non ce la fa proprio! Possiamo fare domattina, alle 10.00 che siamo in viaggio verso Roma e può?”. E’ l’ufficio stampa di Viola Carofalo, portavoce di “Potere al Popolo” a dirmelo in un whatsapp vocale, mercoledì alle 22.00 orario prestabilito per la nostra intervista telefonica, concordata incastrandoci alla meglio e superando la regola del galateo che non vuole telefonate di lavoro dopo le 21, 21.30 al massimo. Ma in campagna elettorale e per di più a tre giorni scarsi dal voto per le Politiche, le regole fanno a farsi benedire, qualche volta “purtroppo”. Alla fine ci accordiamo, rincastrando gli impegni reciproci per le 11.10, del mattino seguente (oggi, ora italiana). Mi sono preparata 4/5 domande, provocatorie chiaramente ma sono solo un menabò: le domande vere mi verranno in mente dalle sue risposte. Succede così nelle interviste che vuoi che vengano bene. Devo essere sincera: sono curiosa delle sue risposte prima da votante imminente e poi da giornalista. Lo devo ammettere. Voglio davvero vedere se in questa campagna elettorale del vuoto cosmico, lei riesce a dirmi qualcosa, qualunque cosa, non dico per dar loro il mio voto ma almeno per darmi una speranza: Potere al Popolo nasce a Napoli, non fosse altro che per spirito partenopeo, ma in qualcosa qui al Sud dobbiamo pur sperare.
Chiamo alle 11.06, precisa, meglio della Svizzera. Al secondo squillo risponde una voce squillante e allegra, direi entusiasta ecco, e decisa, l’accento è chiaramente napoletano ma sobrio, non di quelli che strascicano le parole e soprattutto è una voce decisamente giovane: Viola ha 38 anni, è del 1980, ci passiamo sì e no un anno di differenza, è nemmeno ci penso a darle del “lei”, sia per l’età sia per ciò che lei rappresenta: un movimento di sinistra che nasce dai centri sociali. Darsi del tu è un must, anche per lei ovviamente. Qualche convenevole, la messa in conto che la linea potrebbe cadere e la rassicurazione di richiamare subito dopo. Iniziamo.
Stamattina ero in un negozio, si parlava di elezioni e di partiti, di voto e candidati. Una ragazza ha detto testualmente: “Menumal cà i’ nun aggià vutà” (Trad. Menomale che io non devo votare). Aveva 17 anni. Cosa diresti a quella ragazzina?
“Che la capisco meglio di chiunque altro: anche io per tanto tempo sono stata molto distante dalla questione della rappresentatività politica, ma purtroppo in questo momento non è il caso di sottrarci al dovere di voto, a causa dello spostamento verso destra che è una vera e propria deriva e non penso solo ai “fascisti”, ma penso anche alla destra più moderata. Le direi che deve andare a votare (quando ne avrà la possibilità) per la discontinuità, e per noi, e dal giorno dopo deve anche attivarsi politicamente. Da subito”.
“Attivarsi politicamente”, che in concreto sarebbe?
“Essere attivisti vuol dire difendere l’ambiente, il territorio o le donne a seconda dei bisogni di quel territorio stesso e spesso l’ambito dipende dalla predisposizione di quella persona, dell’attivista. Il voto è uno strumento, così come lo è l’attività. E non si può fare a meno di nessuno dei due”.
Cosa risponderesti a chi fa il parallelo “Centro sociale= violenza”?
“Il centro sociale è un luogo per organizzare le attività, essere combattivi e determinati e questo viene visto in una accezione negativa perché la nostra epoca è legata alla passività. Ma noi non ci dobbiamo fermare e tutte queste forme permettono questa trasformazione, dall’essere passivi ad attivi”.
Cosa pensi dell’aggressività che però spesso connota la protesta e il cambiamento?
“Questo lo dice solo chi non ci conosce, è ignoranza rispetto a noi. Noi lavoriamo in un contesto di violenti senza violenza e mi riferisco alla violenza che subisce chi è pagato poco o le donne pagate meno degli uomini. “Riadatto” una citazione, spero di non essere fraintesa…
Vai.
“E’ più violento chi rapina una banca o chi la fonda?” (semi cit. di Bertolt Brecht)
Concetto chiaro, nessun fraintendimento.
“Chiaramente non sono con chi rapina le banche. Ma esiste una violenza quotidiana di cui nessuno parla mentre per gli scontri di piazza si parla di violenza. Questo è il punto”.
Lampada di Aladino. Vincete le elezioni. Quindi il primo desiderio è andato. Quali sono gli altri due che faresti esaudire nei famosi “primi 100 giorni”?
“Punterei sul diritto dei lavoratori e sul potere di acquisto. Finché i soldi sono solo nelle tasche dei ricchi, la vita sociale è insopportabile. Poi, attuerei politiche di riconversione dell’ambiente e investirei nel trasporto pubblico e nella sicurezza del territorio. Si parla di calamità naturali ma esse sono conseguenza di una cattiva gestione del territorio e delle politica”.
E da dove si prendono i soldi?
“Da una tassazione fortemente progressiva e patrimoniale, da chi ha speculato sui più poveri e dalle spese militari che sono un’assurdità. E ancora, attraverso una politica seria sull’evasione fiscale e da chi accumula ricchezze sulle spalle di chi invece paga le tasse”.
Una sorta di modernissimo Robin Hood all’italiana, è chiaro. Ora contestualizziamo: Napoli è Potere al popolo, nel senso che è qui che nasce questo movimento…
“Aspetta, sì, è vero che nasce qui ma intanto sono già 160 le città che ci seguono”.
Sì, certo ma nasce all’ombra del Vesuvio. Perché nasce proprio a Napoli e non altrove?
“Nasce a Napoli perché Napoli ha due volti, perché questa città ha vissuto la crisi e si è impoverita ma è la stessa città che ha visto il rinascere un grande movimento di ribellione e rivoluzione che poi ha assunto carattere nazionale. Ecco perché”.
Cos’è per te, al di là di ciò che c’è scritto sul vostro sito la “Questione meridionale”?
“Iniziamo a dire che i meridionali sono visti come coloro cui dare la colpa di tutti salvo poi “rivalutarli” in caso di elezioni, e penso a Salvini (Matteo) che viene qui a fare campagna elettorale. Negli ultimi 10 anni si parla ancora di emigrazione dal Sud verso il Nord, quando invece è dal Sud che si deve ripartire con piano di riqualificazione”.
Potere al Popolo, dal basso, ai cittadini, autogoverno, attivismo… Ricordano un po’ gli slogan del (fu?) Movimento 5 Stelle della rivoluzione. Un Movimento che però oggi è più simile di quanto non volesse ai partiti tradizionali. Cosa ne pensi e pensi che i cittadini possano o meglio, sappiano governarsi?
“È questo il senso della politica, ed è chiaro che la democrazia va coltivata e incrementarti. Non si parla solo alla pancia, non si deve fare anti politica e non si deve essere solo essere controcorrente ma bisogna essere costruttivi. Ecco, loro, i grillini hanno commesso l’errore di essere contro tutto e tutti e di non essere costruttivi. Hanno sottovalutato le persone, pensando che esse volessero solo un capro espiatorio per tutti i mali del paese. Questa non è democrazia e la democrazia non si fa un click: le loro elezioni sono una farsa, quella non è democrazia: Di Maio (Luigi) era il loro unico candidato. Questa davvero non è democrazia”.
Ipotesi peggiore: non entrate in parlamento. Che succede?
“Succede che continuiamo a fare ciò che facciamo, la politica. La politica la si fa nei comitati, sul territorio parlando di ambiente e di territori. Continuiamo ancora più forti di prima, insomma, anche perché prima eravamo, come dire, isolati, ognuno nel suo gruppo: oggi siamo una rete”.
Chi vince le elezioni?
“Nessuno, con questa legge elettorale si andrà ad un governo di colazione. Politiche contro i cittadini, insomma. Noi siamogli unici che possono fare la differenza, se entriamo, insomma, siamo noi che rompiamo le palle in Parlamento”.
E anche questo lo dicevano pure i grillini…
“Sì, lo so ma loro ci sono entrati da tanto tempo in Parlamento e non ricordo che abbiano fatto nulla di veramente serio! A livello personale mi ha creato un forte disprezzo, cosa è accaduto per la legge sullo “Ius soli”, che non era la migliore possibile ma era qualcosa e loro per andare contro il PD hanno scelto di astenersi, di non votare. Loro hanno scelto solo di protestare appena arrivati lì”.
E voi non correte lo stesso rischio?
“Lo escludo, categoricamente: accettiamo e mettiamo in conto tutti i rischi, ma quello di protestare e basta senza essere costruttivi, no, quello lo escludo”.
PS. Chiaramente non aggiungo la risposta alla mia curiosità, ovvero se questa intervista mi ha fatto sperare che qualcosa esista o meno. Non lo dico. Davvero, no. Ma una cosa la posso aggiungere: parlare con chi non parla per frasi fatte figlie di slogan senza neppure ascoltare la domanda che gli stai facendo… Beh, non è stato affatto male.