Donald Trump ha vinto la battaglia, ma non la guerra: travolta dalla quantità degli scandali che lo vedono protagonista, ho alzato bandiera bianca e ho chiesto al direttore di postecipare questa rubrica al sabato, con la speranza che, impegnato a giocare a golf, il presidente non faccia danni almeno per 24 ore, dandomi il tempo di stare sul pezzo. In più da questa settimana ogni supposta va letta con la colonna sonora che vi suggerisco in apertura.
(Soundtrack: Un corpo e un’anima) Cominciamo dalla prima supposta: la più tragica di tutte. Quella che veramente mi ha stretto il cuore in una morsa di dolore inconsolabile, facendomi quasi ricadere nella mia dipendenza dai film del genere te le creo io le aspettative che ti distruggono la vita, tipo Pretty Woman, Il Diario di Bridget Jones o Come sposare un milionario: Melania Trump dovrà trascorrere nove giorni consecutivi, che sembrano undici, nella stessa città e, spesso, sullo stesso aereo di Donald, come escort del suo primo viaggio internazionale da presidente degli Stati Uniti. Cioè mettetevi nei suoi panni (anche se quella gonna color cocozza che ha sfoggiato per partire, richiamava molto il colore delle strade dopo il passaggio di una mandria di cavalli): quella povera femmina ha fatto tanto per sposarsi uno ricco, vecchio, incapace di capire la differenza fra una vagina e la dignità di Sean Spicer o Paul Ryan, pur di smettere di fare la escort e starsene nella Quinta Strada a godersi le sue pellicce di pelo di dalmata e bere i suoi succhi di sangue di cervo, e quello, contro ogni previsione, vince le elezioni, diventa presidente e se la deve portare appresso quando va a fare questi fatti che a lei interessano come il disboscamento dell’Amazzonia. Io l’ho vista mentre saliva in aereo di fianco a lui, con un’allegria in viso da far suicidare 7 milioni di fatine di Peter Pan: onestamente fino a quando non è arrivata in cima e si è girata a salutare, ho temuto si buttasse dalla scala giù. Per fortuna che lui, nemmeno finge più di volerle bene e non prova nemmeno a prenderle la mano. Qualcuno giura di averlo sentito mentre diceva a Chell’Ann “sarà pure nà mazza, ma non è buona neppure per giocare a golf“.
(Soundtrack: Popoff) Intanto, il New York Times, che fa a gara di cazzimma con il Washington Post e la CNN per fare prendere collera a Trump, perchè quello dice sempre che guarda solo la Fox (e sia chiaro lui la guarda per il nome, “volpe“, sperando di mischiarsi un po’ di intelligenza), manco l’ha fatto partire che già ha cacciato la notizia che, durante l’incontro con i russi, quello in cui gli sono scappate le cose segrete che gli riferiscono perché è il capo, ma lui pensa che se le sa solo lui allora non sono segreti, avrebbe detto, come un guappo qualsiasi, che finalmente aveva licenziato quel “pazzo scatenato” di Comey che lo aveva stizzito con quella storia che non la voleva finire di farsi i fatti suoi e di Vladimir. Una notizia così grave che uno si sarebbe aspettato di veder SS uscire dai dai cespugli, dopo un paio d’ore, tutto contrito, per dire che i giornalisti sono dei pezzenti, che dicono fesserie perché quello, il suo capo, a Comey lo aveva sì chiamato in tanti modi (tutti irripetibili qui), ma pazzo scatenato non scherziamo proprio. Invece, tomo tomo cacchio cacchio, SS ha scritto una cosa a caso su un pezzo di carta che in sintesi dà ragione al NYT. Un fatto che mò che lo scopre Trump gli manda Steve Bannon contro, che Anthony Soprano farebbe meno paura.
(Soundtrack: Alla fiera dell’est) Che io poi lo so che vi dovrei dire che prima del fatto di dire parole a Comey, si era già scoperto che lui al “pazzo” gli aveva pure chiesto di non dare fastidio a quel brav’uomo di Michael Flynn che stava ancora tutto pigliato collera che non aveva potuto mettere in gabbia Hillary Clinton e almeno gli doveva lasciare l’agio di godersi quei quattro soldi che gli avevano dato i turchi e i russi per farsi nà fumata e nà bevuta; che prima di quello di era deciso di stabilire una commissione di inchiesta sui legami con la Russia guidata dal predecessore del pazzo che, si vocifera, sia ancora più pazzo di lui; che prima di quello si era venuto a sapere che al pazzo gli piace prender nota e, quindi, tiene conservati tutti i quadernetti in cui scriveva il diario de Gli incontri con il presidente che ho fatto personalmente eleggere, che sono assai tragici come tutte le grandi storie d’amore che finiscono davanti ai giudici; che prima di quello il pazzo era stato licenziato perchè a Trump quel fatto che aveva danneggiato Hillary e fatto vincere lui non scendeva proprio giù. Insomma, io lo so che vi dovrei dire tante cose ma mentre le scrivo già ne sono successe cento altre. E altre ne succederanno visto che dopo il Memorial Day è attesa la testimonianza proprio di Comey. Quindi non vi dico nulla più e vi lascio ad affrontare il weekend serenamente sapendo che in Arabia Saudita, Trump leggerà un discorso scritto da Steve Miller, mente pacifista e accogliente che ha partorito i “muslim bans” e che lo staff del presidente ha finalmente trovato il modo di mantenere la sua attenzione su informazioni fondamentali mettendoci il suo nome di mezzo e non dicendogli mai, proprio mai che sono “classified informations”.
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