La settimana politica siciliana si è conclusa all’insegna della confusione. Il governo regionale di Rosario Crocetta ha messo a punto quella che, in fondo, non è altro che una manovra di variazioni di Bilancio. Annunciando di aver trovato i soldi per gli operai della Forestale, per gli ex Pip e per i Teatri dell’Isola. Ma sul Bilancio del prossimo anno l’unico dato certo, come segnala il parlamentare nazionale del PD eletto in Sicilia, Giuseppe Lauricella, è il possibile indebitamento delle famiglie e delle imprese siciliane per altri 5 miliardi di euro. Sicilia Nazione – il movimento che prova a raccogliere le istanze degli autonomisti e degli indipendentisti siciliani – lancia l’allarme sulle trivellazioni petrolifere. Altre tre notizie sono il definitivo passaggio della versione siciliana del Nuovo Centrodestra del Ministro Angelino Alfano nel centrosinistra; un appello per il rinnovo delle commissioni legislative del Parlamento siciliano; e lo ‘sgambetto’ che il governo siciliano ha fatto al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, impedendogli di candidarsi alla guida della città metropolitana di Palermo. Ma andiamo con ordine.
Forse la notizia più interessante è la presa di posizione del parlamentare della Camera dei deputati del PD eletto in Sicilia, Giuseppe Lauricella. Che, di fatto, chiede al governo regionale di Crocetta di non indebitare i siciliani di altri 5 miliardi di Euro prima di aver definito il contenzioso finanziario con lo Stato.

Il parlamentare nazionale del PD, Giuseppe Lauricella
“La situazione finanziaria della Regione siciliana – scrive Lauricella – è preoccupante. Insomma, la strada di un nuovo, pesante indebitamento a carico di famiglie e imprese siciliane ancor prima di aver definito i rapporti finanziari tra Stato e Regione mi sembra irragionevole. Già il 2016 si annuncia problematico. L’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, dice che bisogna trovare un miliardo e 800 milioni di euro, ‘spremendo’, di fatto, famiglie e imprese siciliane. Se debbo essere sincero, dubito, con la crisi economica che c’è in Sicilia, che il governo regionale riesca a trovare questi soldi con nuovi balzelli o con l’improbabile recupero dell’evasione fiscale”.
“Detto questo – prosegue il deputato nazionale del PD – l’assessore non ci ha detto se il governo nazionale si terrà un miliardo e 200 milioni di accantonamenti. Se il governo nazionale non effettuerà questo prelievo forzoso dalle ‘casse’ regionali – e io me lo auguro – tanto meglio. Ma se Roma si terrà questi soldi, come negli ultimi anni, il disavanzo non sarà più di 1,8 miliardi, ma di 3 miliardi di euro circa”. Lauricella tocca un punto nodale: gli accantonamenti che, ogni anno, il governo nazionale opera a carico del Bilancio regionale. E cioè: 915 milioni di Euro che Roma ha prelevato dal Bilancio regionale 2013; un miliardo e 150 milioni di Euro circa (ai quali, in realtà, andrebbero sommati altri 200 milioni di Euro con i quasi sono stati pagati i noti 80 Euro al mese ai lavoratori con redditi inferiori a mille e 500 Euro al mese) che il governo Renzi ha prelevato dal Bilancio della Regione nel 2014 e un miliardo e 150 milioni di Euro che lo stesso governo Renzi ha tolto alla Sicilia quest’anno).
A questo punto il parlamentare nazionale del PD fa chiarezza su una manovra che era stata scambiata da qualche osservatore come una sorta di piano finanziario di rientro. “Giustissima la manovra di cancellazione dal Bilancio regionale dei residui attivi e passivi, pari a circa 5 miliardi di Euro, annunciata da Baccei – osserva ancora Lauricella -. Ma questi soldi li pagheranno, nei prossimi trent’anni, famiglie e imprese siciliane. Con una ‘rata’ da quasi 169 milioni di Euro all’anno. Ricordo che questa cifra va a sommarsi all’indebitamento finanziario complessivo che è già pesante”.
“Se facciamo quattro conti – dice ancora il parlamentare del Partito Democratico – sulle tasche di famiglie e imprese siciliane dovrebbero pesare le ‘rate’ dei mutui già contratti dalla Regione; i 169 milioni di Euro all’anno per i prossimi trent’anni per la cancellazione dal Bilancio regionale di residui attivi e passivi; e la ‘spremuta’ a carico di famiglie e imprese siciliane per reperire un miliardo e 800 milioni di Euro. Tutto questo – unica Regione in Italia – senza aver ancora definito i rapporti finanziari con lo Stato”.
“Io credo che il Parlamento siciliano – sottolinea sempre Lauricella – prima di indebitare ulteriormente famiglie e imprese della nostra Isola, debba definire il contenzioso finanziario con lo Stato. Ci sono gli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto. E c’è la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso anno i cui effetti positivi, per la Sicilia, sono stati incredibilmente postergati di quattro anni. Poi c’è la questione della sanità, con riferimento alla quota di compartecipazione della Regione passata dal 42 per cento circa e quasi il 50 per cento. In questo caso ci sono ancora da conteggiare le contropartite. E c’è tutta la questione di IRPEF e IVA maturata in Sicilia, ma trattenuta dallo Stato”.
Delle contropartite sulla sanità si parla poco. A parte un intervento, di qualche anno fa, del parlamentare regionale del Movimento 5 Stelle, Sergio Tancredi, il silenzio su questa storia un po’ incredibile è pressoché totale. Ed è importante che a ricordarlo sia un esponente del PD. Nel 2007 il governo nazionale di Romani Prodi, nella Finanziaria nazionale, stabilì che la quote di compartecipazione della Regione siciliana alle spesa della sanità sarebbe passato, in tre anni, dal 42% circa al 50% circa. Con un aggravio di circa 600 milioni di Euro all’anno. Nel testo approvato dalla Camera c’era scritto che la Regione siciliana avrebbe incassato, a titolo di compensazione, una quota delle accise sulle benzine consumate nell’Isola. Nel passaggio al Senato, in modo proditorio, questo passaggio è stato ‘annacquato’, con la complicità ‘ascara’ dei senatori siciliani di quella legislatura. Il risultato è che la Sicilia, dal 2009, perde 600 milioni di Euro all’anno. Solo gli arretrati sarebbero 4 miliardi e mezzo di Euro circa. Più i 600 milioni di Euro del prossimo anno. Insomma, anche questo scippo sulla sanità in danni di famiglie e imprese siciliane (soprattutto a carico di queste ultime, che lo pagano con l’Irap più cara d’Italia!) rientra nel contenziosi finanziario Stato-Regione che Lauricella sostiene dovrebbe essere chiarito prima di indebitare ulteriormente i siciliani.
“Ribadisco – sottolinea il parlamentare nazionale del PD -: senza la definizione di questo contenzioso, in buona parte favorevole alla Regione siciliana, un nuovo indebitamento a carico di famiglie e imprese siciliane sarebbe una follia”.
Sulle trivellazioni intervengono gli esponenti di Sicilia Nazione, Gaetano Armao, Massimo Costa, Salvatore Musumeci e Rino Piscitello in un appello lanciato ai 90 deputati del Parlamento siciliano: "Fate muro contro le trivellazioni petrolifere nell'Isola, non voltatevi dall'altra parte. Nel silenzio generale – si legge sempre nell’appello – sono ripartite le trivellazioni petrolifere nella Val di Noto, in provincia di Ragusa. A consentirlo due articoli dello Sblocca Italia con cui viene ridotto il sistema dei controlli in materia e viene del tutto esautorata la Regione siciliana, violando le prerogative dello Statuto".
Il comitato nazionale di Sicilia Nazione, nella lettera inviata ai deputati regionali, chiede di opporsi alle trivellazioni e di aderire alle proposte referendarie. "Il Governo Crocetta – prosegue la lettera – nonostante i nostri solleciti, ha omesso di impugnare queste norme innanzi alla Corte Costituzionale. Lanciamo l'appello ai deputati regionali eletti dal popolo siciliano, affinché siano difese le prerogative statutarie, ma soprattutto il diritto dei cittadini alla salute, all'ambiente e allo sviluppo sostenibile aderendo entro il termine utile del 30 settembre alla richiesta di referendum proposta all'unanimità dall'assemblea dei presidenti dei Consigli regionali”.
Per Sicilia Nazione, "si tratta del diritto della Sicilia di crescere e svilupparsi senza essere trasformata in una pattumiera, per di più con irrilevanti introiti finanziari per le comunità. Il saccheggio dei nostri territori ha troppe ferite ancora aperte per continuare a farsi piegare dai diktat imposti da Roma. È il tempo della dignità e della fedeltà ai cittadini elettori".
L’altra ‘novità’ politica è, in realtà, una delle solite operazioni d trasformismo politico siciliano che lo scrittore Federico De Roberto ha descritto in modo magistrale nel romanzo I Vicerè. I protagonisti sono i deputati del Parlamento siciliano del Nuovo Centrodestra del Ministro Alfano che, dopo essere stati eletti, nel 2012, con i voti dell’elettorato di centrodestra, stanno ‘svoltando’, per dirla con Renzi, passando, armi e bagagli, nel centrosinistra, in appoggio del governo Crocetta del quale hanno detto peste e corna. Il tutto per arraffare qualche poltrona di governo e molte poltrone di sottogoverno nella speranza di essere rieletti. Miserie della politica in Italia molto diffuse.

Il deputato del Parlamento siciliano Riccardo Savona
Sul rinnovo dei vertici delle commissioni legislative del Parlamento siciliano interviene il deputato di Forza Italia, Riccardo Savona. “Il rinnovo delle commissioni – dice Savona – è un fatto importante non soltanto per il necessario riequilibrio dei gruppi parlamentari negli anni modificatisi nella loro composizione, ma soprattutto perché è l’ultima occasione del Parlamento siciliano di ristabilire un rapporto democratico con le forze di opposizione da tempo compromesso. Questa Legislatura, infatti, si è contraddistinta per la furibonda contrapposizione tra forze politiche di diversa estrazione che ha estremizzato il dibattito politico a livelli inaccettabili, sia in sede di rapporti con il Governo della Regione che con il Parlamento. A risentirne è stata la qualità degli atti e, quindi, l’incapacità di dare risposte ai tanti bisogni dell’Isola”.
“Ritengo necessario – prosegue il deputato azzurro – un cambio di rotta che possa garantire nell’ultimo biennio della Legislatura uno sprint collettivo. La priorità è nella programmazione dei fondi comunitari e nella loro conseguente spesa.
Il bilancio della Regione è oramai inidoneo a soddisfare le esigenze di crescita del territorio isolano, inchiodato com’è al pagamento di debiti e stipendi. La capacità di rilancio economico e sociale della Sicilia si misurerà dal livello di spesa produttiva delle risorse comunitarie, in mancanza delle quali saremo destinati a fare i conti con gravi crisi sociali di misura inimmaginabile. Maggioranza ed opposizione devono lavorare insieme – nel rispetto delle legittime diversità politiche – per garantire ai siciliani un futuro certo”. Quindi l’appello al presidente del Parlamento dell’isola, Giovanni Ardizzone: “Auspico che il presidente, da garante dell’istituzione parlamentare, voglia e sappia cogliere l’occasione del rinnovo delle commissioni parlamentari per ristabilire il diritto delle opposizioni ad essere rappresentate nelle opportune sedi istituzionali”.
Intanto il governo regionale di Rosario Crocetta ha sferrato un ‘colpo basso’ al sindaco di Palermo, Leoluca

Leoluca Orlando
Orlando. E l’ha fatto fissando per il 29 novembre la data delle elezioni dei vertici della città metropolitana di Palermo. La città metropolitana di Palermo è un’istituzione che sostituirà la vecchia Provincia di Palermo ormai disciolta. Si tratterà di un’elezione di secondo grado tra Sindaci e amministratori comunali (in pratica, è la politica che si va a sostituire alla volontà popolare: cosa che Renzi sta cercando di imporre anche al nuovo Senato tra mille polemiche).
Orlando è stato escluso perché è eleggibile un sindaco che abbia davanti almeno 18 mesi di governo. E con la data fissata dal governo Crocetta ad hoc, Orlando viene messo fuori gioco. “Una data e una scelta politica che si commentano da sole”, ha dichiarato il sindaco di Palermo. Di fatto, assistiamo al ‘divorzio’, ormai definitivo, tra Orlando e il PD. Il sindaco metropolitano, sempre che ne avrà le capacità, andrà a gestire un segmento di fondi europei. E il PD renziano, quando ci sono soldi di mezzo, non dà spazio a nessuno, La stessa cosa è avvenuta, in fondo a Roma con il Giubileo. Con il ‘commissariamento dolce’ del sindaco della Capitale, Ignazio Marino, al quale il Partito Democratico, di fatto, ha strappato la gestione di questi fondi. E meno male che con Renzi e con i renziani l’Italia sta “svoltando”…