DO
Silvano Bordignon è un professore veneto di filosofia in pensione e anche se non lo sa, ad ogni suo compleanno organizza degli house concerts.
“Il 4 luglio è il mio compleanno e lo festeggio con tutti gli amici. Loro aspettano questo momento. Lo faccio da quando sono sposato quindi da molti anni. Si mangia e si fa festa assieme nel mio giardino. In genere siamo sempre una quarantina di persone. Da qualche anno ho preso l’abitudine di chiamare qualcuno che, a fine cena, ci intrattenga musicalmente. Io non posso offrire tanto, li pago cento euro, ma i musicisti mangiano con noi. Una caratteristica: non perdo l’abitudine del professore e prima che si esibiscano chiedo sempre il programma, così posso prepararmi una piccola introduzione storico-musicale per ogni pezzo, una consuetudine molto apprezzata dai miei amici”.
La pratica degli house concerts, nata negli States ma molto apprezzata anche in Italia, nell’ultimo periodo sembra essere in un girone di ritorno dopo il boom della novità avvenuto dieci anni fa. Quella del professore in pensione è un’idea diffusa e inflazionata che però è alla base delle tante associazioni che gli house concerts li organizzano in modo professionale. Con un pubblico di amici, con sconosciuti in giro per casa, con cene a buffet o con installazioni di sponsor, in serre private abbandonate o in grandi terrazzi dove si affacciano anche i vicini: ce n’è per tutti i gusti. Quella dei concerti in casa è una scala con tante note, un accordo che mette d’accordo generi musicali, addetti ai lavori e spettatori esigenti. Abbiamo suonato questa scala a sette note su e giù per l’Italia, per capire che cosa ci sia di così speciale nel preferire il salotto di casa al pub, la grande soffitta dove tutti ascoltano seduti su dei tappeti allo stadio.
Quella di Silvano Bordignon è l’esperienza più rudimentale, è il DO, l’idea amatoriale, la passione.
“Credo che oggi trovarsi a tavola con tanti amici significhi la gioia di stare assieme, più che il cibo in sé. E allora – conclude il professor Bordignon – la musica crea un clima positivo, ha più potere di una bottiglia di champagne. Se oltre alla cena offro anche un po’ di musica, sono più apprezzato e do' una gioia migliore ai miei ospiti”.
RE
Paola Iafelice e Claudio Ripoli con il loro SalottoLive sono stati per anni i RE degli house concerts made in Italy. Grandi nomi e grandi numeri, da Simone Cristicchi a Paola Turci, da Niccolò Fabi a Le luci della centrale elettrica, una compilation con alcuni brani suonati ai loro eventi in casa realizzata dalla Universal fino ad un epilogo internazionale, con la loro idea esportata in Spagna. Pugliesi di origine, ma residenti a Firenze da 20 anni, iniziarono con un piccolo evento nel loro salotto nel 2007 “e ci venne addosso un successo che non ci aspettavamo. Abbiamo sempre avuto un buonissimo riscontro mediatico, di pubblico e da parte degli artisti. Durante le serate capitava spesso che ci fossero artisti in incognito nascosti tra il pubblico, ne uscivano duetti o cambi di palco con sorpresa ed emozione per tutti”. A parlare è Paola, l’allora coinquilina di Claudio.
“SalottoLive era un evento domestico, ma molto strutturato, casalingo, ma con una grande attenzione per l’aspetto estetico. C’era il momento conviviale, con un buffet per intrattenere le persone, ma volevamo avvicinarci al momento musicale con una formula diversa, con un preciso format. Il concerto durava non più di un’ora. Cercavamo di rendere accogliente il salotto che ci ospitava aggiungendo solo luci e impianto audio. Il pubblico era seduto per terra, era un modo per rendere tutto più domestico e caldo e tutti si sentivano a proprio agio. Dopo il concerto c’erano i saluti con l’artista e tra una chiacchierata e un autografo passava un’altra mezz’oretta. Dopo che tutti se n’erano andati si facevano le pulizie già nella notte, per riportare entro la serata tutto come prima”.
“Abbiamo organizzato più di 100 concerti con una location diversa per ogni evento. Stavamo attenti che ogni casa avesse un ampio parcheggio disponibile, abbiamo anche scartato case bellissime perché non c’era parcheggio. I condomini invece li abbiamo sempre evitati. L’indirizzo della casa scelta rimaneva segreto fino a poche ore prima del concerto: era un’esigenza di privacy da parte dei padroni di casa. C’erano delle prenotazioni ed era tutto online, ricordo ancora come i posti per l’house concert di Nicolò Fabi, con 80 disponibili, si esaurirono in 10 minuti. Non andavamo mai sopra ai 100 posti e non ne ricavavamo alcun profitto. Era un lavoro vero e proprio, anche difficoltoso qualche volta, ma poi quell’ora di concerto ti ripagava di tutto, di ogni fatica”.
Paola non a caso parla al passato. Nel 2011 SalottoLive ha messo in stand by la propria macchina organizzativa. Non prima però di aver avuto un degno exploit.
“SalottoLive stava andando benissimo quando la FIAT Cinquecento ci convocò, volevano diventare il nostro sponsor e proporre la nostra idea in Spagna, a Madrid. Accettammo con entusiasmo e organizzammo con loro cinque serate con nomi altisonanti. Fu una grande soddisfazione per noi. In Italia ci conoscevano già a Firenze, Milano, Verona e Roma, approdare all’estero fu una grande gratificazione. All’epoca non se ne parlava molto degli house concerts, poi hanno iniziato ad essere di moda. Ma essendo tra i primi avevamo tante richieste, sia di pubblico che tra i musicisti”.
Nonostante il successo poi però SalottoLive si ferma.
“La nostra formula prevedeva un costo di 15 euro più o meno a spettatore, un prezzo con tutto compreso, concerto, vino e un buffet con un menù consolidato. Le spese invece non erano così contenute: SIAE, EMPALS, gli addetti ai lavori, fonici, fotografi, gli artisti che comunque ricevevano un rimborso spese. Avevamo poco margine di guadagno. Ma non ci siamo fermati per questo. Ripartiremo solo quando avremo qualcosa di nuovo, uno stimolo in più. Abbiamo un sogno che non abbiamo mai messo del tutto nel cassetto: vorremmo riuscire a portare SalottoLive in tv e far rivivere quell’atmosfera magica”.
Se SalottoLive è un accordo che si chiude in Re minore vista la sua vena più malinconica nel finale, c’è un Re maggiore che ha iniziato 10 anni fa e non ha più smesso. Si tratta di Kavatik Ensemble, un’associazione culturale con un nome che trae origine da una località nelle colline abruzzesi, nella cintura esterna di Pescara. A Cavaticchi c’è la villa di Rino Camplone, 57enne manager d’azienda con una forte passione per la musica jazz e di qualità, che ha trasformato la sua casa del weekend nella mecca degli appassionati di musica abruzzesi, senza dimenticare arti figurative, poesia, teatro. Un evento al mese aperto solo ai soci, che ora sono un centinaio, e un vero e proprio direttore artistico, Omar Crocetti, editore musicale di professione ed esperto nell’organizzare eventi di rilievo anche internazionale. Kavatik è una nicchia di qualità, un’oasi culturale appetitosa, che fa venire l’acquolina in bocca anche solo sentendone parlare.
“È un’idea partita dallo spirito di 4 amici – racconta il patron Camplone – Ci piaceva ritrovarci, per casa mia è sempre passata musica. Vivo in questa casa da una quindicina d’anni, era la mia dimora del weekend, pian pianino l’ho ristrutturata ed è diventata una cornice ideale per i concerti e le serate”. A giugno per Kavatik sono passati, tra gli altri, i Dirotta su Cuba, nomi importanti che richiedono una degna programmazione: “D’estate arriviamo anche a più di 100 persone ad evento. C’è una sala dedicata al concerto, l’ex granaio, qui ci sono degli strumenti sempre pronti. La serata si svolge così: dopo un momento enogastronomico c’è il concerto. La cena è rigorosamente in un altro ambiente, in una sala a parte, per tenere le due cose ben separate. Alla fine ci si sposta per i dolci e liquori. Non si tratta di un appuntamento aperto al pubblico, essendo casa mia accetto solo soci anche per avere un po’ di tranquillità e garanzia. Io in questa casa ci vivo e per i concerti lascio i miei effetti personali esattamente dove sono, senza stravolgere nulla”.
Dai primi concertini 10 anni fa ad oggi anche per Kavatik molto è cambiato. “Ho visto tanti dettagli della musica cambiare, noi amiamo il jazz. Nei primi tempi eravamo la novità, i precursori dei tempi, oggi invece per i nostri soci Kavatik è normalità. Va detto però che non siamo mai stati mossi da spirito speculativo, gli house concerts io li ho presi come una passione, come avere una motocicletta: ci devi investire. Il guadagno è zero e se vuoi avere grandi nomi diventa impossibile pagarli con un cachet normale. Ma quando ti abbracci con un musicista che ha appena finito di suonare, ti rinnovi l’amicizia e l’invito. Alla base sembra esserci ancora una volta una dimensione famigliare, un ti voglio bene, ti vengo a trovare e ci facciamo una grigliata assieme”.
“Kavatik potrebbe essere nelle colline di Pescara come in Toscana: è un ambiente rustico che conquista tutti”. A dirlo è Omar Crocetti, il direttore artistico che tiene rapporti anche oltreoceano. Cinque anni fa il gemellaggio musicale tra Lanciano e il Jazz at Lincoln Center di New York, con protocolli di collaborazione didattica ed artistica tra scuole, ha aperto un canale preferenziale per ospitare a Kavatik artisti newyorchesi e internazionali. “Sono quasi 300 gli artisti che ogni anno si propongono. Sanno che ogni serata mette in campo qualcosa di unico, con un filo che non si interrompe con il pubblico e un’interazione continua. Ricordo jam session che sono durate fino all’alba”. Non solo musica, ma anche arte, cultura, moda. “Anche se la convivialità – prosegue il direttore Crocetti – è il nostro punto forte. Tra il pubblico spesso ci sono anche addetti ai lavori e spesso la serata è una crescita e un arricchimento di spunti anche per lo stesso artista. Il tutto accade nel massimo rispetto, i partecipanti vivono la casa come se fossero ospiti. Del resto per partecipare serve essere soci o essere presentati da qualcuno di fidato”.
MI
Location piccola, pubblico attento ed esigente, poco cachet. Cosa spinge un musicista a voler essere il protagonista di un house concert, a dire al suo parterre ascoltaMI?
“Se mi chiamassero ci andrei di corsa – confessa Enrico Nordio, musicista e cantante padovano, conosciuto a livello nazionale dopo la sua partecipazione ad XFactor nel 2009 – mi attira l'idea di rivivere le situazioni familiari, amichevoli, che tutti i musicisti professionisti hanno vissuto almeno una volta nella vita. Penso ad esempio alla classica situazione di festa a casa di qualcuno dove spunta fuori la chitarra o al mare di sera seduti davanti ad un falò. I punti di forza degli house concerts secondo me sono la logistica, quindi strumentazioni e impianti più facili, la burocrazia quindi permessi e SIAE anch’essi più agevoli, ed infine l'atmosfera estremamente confidenziale che si crea, cosa che troppo spesso purtroppo viene a mancare. Il contatto con il pubblico in una situazione del genere diventa amicizia. La data più bella che ricordo di aver fatto è stata a Noale, vicino Venezia, dove avevo gente davanti, alla mia destra e alla mia sinistra, a due metri da me, seduta su dei comodissimi divani”. Ma i concerti a domicilio non sono per tutti, una big band di 15 elementi ad esempio risulterebbe fuorviante. “In casa per avere un risultato ottimale serve prediligere un set acustico: può essere un duo chitarra voce, un trio chitarra piano voce, tutto deve essere essenziale. La batteria può esserci, ma solo con rullante, la chitarra meglio se è acustica, un piano elettrico con casse incorporate e voce cruda, senza amplificazione. Se la situazione lo richiedesse si potrebbe portare anche un impianto. Ma minimo”.
“Gli house concerts sono momenti debordanti a livello di emotività”. Parla per esperienza Caterino Riccardi, ribattezzato Washboard per lo strumento particolarissimo che suona. Quarantacinquenne, anche lui padovano, suona la chitarra da 27 anni, ma agli house concerts ci è arrivato per colpa di Bruce Springsteen. “Era maggio del 2013, Springsteen era in concerto in Italia e duettai con lui suonando la mia washboard. Fu un episodio che mi aprì le porte della musica ad alto livello. Arrivai ad avere tanti contatti e partecipai a Trieste nel 2014 ad una tappa della tournèe di concerti in casa del sassofonista di Bruce Springsteen, Jake Clemons. Arrivò direttamente dall’America, faceva solo tre tappe per Stato. Era il suo management che organizzava tutto. Tra il pubblico eravamo in 60, in mansarda di una casa privata. Fu un’emozione indimenticabile e andai a casa con un sorriso da un orecchio all’altro”.
Secondo Luca Toniolo gli house concerts funzionano perché tolgono la noia. Di Creazzo, in provincia di Vicenza, Luca ha 38 anni e nella vita fa l’infermiere, ma si dedica a comporre musica propria da più di 20 anni. È uno one man band conosciuto come Tony La Muerte. “Facendo musica da tanti anni mi sono fatto delle domande. Calcando i palchi ho visto tanto qualunquismo da parte del pubblico e mi sono stancato di questo atteggiamento. Io chiedevo ascolto e partecipazione. Per questo ho scelto di presentare i miei tre album in casa. Alle 200 persone svogliate ne preferisco 30 fortemente motivate ed empatiche. Vedevo troppa noia in giro, mancava qualcosa di nuovo. Nelle mie serate chiedo due euro a persona, è un contributo simbolico, mi ci pago il buffet, ma è anche per un’educazione all’ascolto, io in fondo regalo l’ascolto della mia musica. Ciò che serve è un approccio genuino, è l’unica via per essere credibili. Quello che nasce come casereccio ed artigianale poi diventa anche un momento di condivisione anche per altri colleghi musicisti”. Capita che Luca conosca un artista di Roma ad un festival e che organizzi una data di appoggio, “ovvero un concerto tra due eventi già organizzati. Invece di portare l’artista in un locale ho preferito organizzare un evento in casa, con un gruppo spalla, birra artigianale e un vero cachet per il musicista. Lunga vita agli house concerts, e lo dico prima di tutto come cantante”.
FA
Chi pensa che per organizzare un house concert basti avere una casa e amare la musica il più delle volte si sbaglia di grosso. L’organizzatore è principalmente una persona che FA: contatti con gli artisti, pubblicizzazione dell’evento, prenotazioni del pubblico. Tutto deve andare al proprio posto, e suonare alla perfezione.
Luca Retti ha 31 anni, uno spirito imprenditoriale tipico delle persone sveglie e in gamba ed è di Foligno. Il suo Formato Ridotto Live come sottotitolo recita “eventi segreti e a sorpresa nei salotti di casa”. E a sorpresa questi concerti lo sono davvero visto che location, ma anche artista restano segreti fino alle 16 del giorno stesso.
“Siamo nati nel maggio 2014 – racconta – A me piace organizzare eventi da sempre, ho una passione per il booking ed il management, così ho pensato di radunare cinque giovani esperti di comunicazione per creare un buon team. Curiamo tutto: allestimenti, comunicazione, rapporto con i clienti, parte social, video e foto”. In poco più di un anno Formato Ridotto Live ha organizzato 14 eventi in case private e 3 serate all’interno di aziende.
“Ci muoviamo in centro Italia. Prima di tutto valutiamo gli spazi e facciamo un sopralluogo nel posto che potrebbe ospitare il concerto. Poi selezioniamo (e qui sta la novità) un numero di aziende partner che possano rientrare all’interno dell’evento. Come? Il materiale dell’azienda diventa parte dell’allestimento, una ditta può fornirci vino e birra, altri l’illuminazione, il service o strutture alberghiere per l’alloggio degli artisti. Abbiamo una nostra parte gastronomica con uno chef, per ogni partecipante prepariamo un regalo di benvenuto”. Le serate che vanno per la maggiore sono quelle invernali, magari infrasettimanali. “Si inizia alle 21.30, funziona bene ad esempio il mercoledì sera. Puntiamo su artisti di qualità, ma con etichette minori, preferiamo artisti non conosciuti”. Anche se Maria Antonietta, ospitata da Formato Ridotto, è un nome di tutto rispetto. “Il nostro pubblico si aggira sulle 60/100 persone a serata. Apriamo le prenotazioni una settimana prima dell’evento, che è già stato pubblicizzato attraverso una newsletter che mandiamo ad un migliaio di iscritti. Riempiamo i salotti sempre in poche ore. Il pubblico ideale è composto da persone curiose, che hanno voglia di conoscere e sperimentare. Da noi non ascolteranno cover, ma sempre musica nuova. Uno stimolo non indifferente”. Di recente anche le aziende strizzano l’occhiolino agli house concerts: “È un ottimo metodo per creare curiosità ed avere nuovi clienti”. Luca fa l’organizzatore a tempo pieno e, visti i pareri di altri suoi colleghi con esperienza decennale gli chiedo se i concerti in casa danno da mangiare. “Diciamo che è una realtà in crescita – risponde – Il nostro è un buon inizio. L’house concert si sostiene solo se lo fai in un certo modo”.
Il centro Italia è terreno fertile per gli eventi musicali. “Pescara ad esempio è molto underground per la parte artistica, si tratta di un buon livello nascosto dove l’house concert può trovare terreno fertile”. Maurizio Di Zio, 38 anni, pescarese, ha scoperto la realtà degli house concerts da un amico, Francesco Sabatini, che l’ha ispirato e introdotto all’argomento. “A casa ho un terrazzo al primo piano di quasi 100 metri quadri – spiega – Una, due volte all’anno metto dei tappeti per terra e un’illuminazione particolare per ospitare un concerto. Talvolta sono proprio gli artisti che richiedono delle luci specifiche”. I concerti di Maurizio, anche se arrivano ad avere un pubblico di 200 persone, non disturbano i vicini. Anzi. “Tanti vicini nel condominio si affacciano e partecipano al concerto dai loro terrazzi. Io prima li avviso e li invito, ma si crea una bella atmosfera. I concerti sono gratuiti, ognuno porta qualcosa da mangiare e bere e poi si lascia un contributo libero. L’artista non sa mai che cachet prenderà, noi lo ospitiamo in un evento che magari al musicista può servire come data intermedia. Invitiamo delle persone che conosciamo e poi ognuno porta gente. Nei miei house concerts si verifica un fenomeno di auto selezione: apro la casa a tutti, ma c’è chi passa ed esce e chi viene ad un concerto e non se ne va più, resta chi è veramente interessato alla serata. Mi piace vedere casa mia animarsi di gente e musica, fa un effetto super positivo”. Da Maurizio si possono ascoltare anche artisti molto particolari e rinomati, come Jozef van Wissem, un compositore e liutista olandese che vive a New York, con 18 album all’attivo e vincitore a Cannes per la colonna sonora del film di Jim Jarmusch Only Lovers Left Alive.
“Mi piacerebbe proporre anche altri tipi di serate – conclude Maurizio – sfruttando lo stesso concetto si potrebbe pensare a delle mostre d’arte, magari integrandole con il concerto. Sarebbe arricchente anche per gli artisti: a questi eventi partecipa solo un pubblico attento che se serve non lesina le critiche”.
SOL
House concert non è SOLtanto una casa con buona musica dal vivo, buon cibo e buon vino. Può diventare anche una rete che mette in comunicazione 150 città in tutto il mondo. SoFar è una comunità nata a Londra nel 2009 da tre ragazzi che una sera organizzarono un concerto in casa. Alessandro Piantoni è il responsabile di SoFar Sounds Brescia, ha 27 anni, suona la batteria da più di 10 anni e tra i vari lavori fa anche il direttore artistico di un locale per musica dal vivo. “Osservando il panorama musicale della mia città mi sono accorto che ci sono sempre i soliti gruppi, è una realtà ripetitiva, persino frustrante per un musicista. È per questo che ho scelto di aderire a SoFar, per un senso di delusione e per la voglia di creare qualcosa di innovativo”. È un’amica australiana a parlargli degli house concerts, un respiro internazionale che Alessandro mette in pratica nel febbraio del 2015.
“Ho comunicato con la sede di Londra, ho dichiarato che volevo partire con SoFar a Brescia. Era già attivo a Milano, Bergamo, Verona e in altre città. Il primo evento l’abbiamo organizzato in un negozio di abbigliamento, però era arredato come una casa e manteneva quel clima conviviale. Sono io che scelgo la location, supervisiono il posto, lavoro con il mio staff e dei fonici. All’inizio di ogni serata introduco la realtà di SoFar Sounds. In pratica funziona così: c’è una newsletter mondiale che arriva agli iscritti il primo di ogni mese e che mostra una lista delle date di quel mese presentate nelle diverse città. Si cerca di creare un’atmosfera intima e privata, ma non ci limitiamo alle case. Abbiamo realizzato anche un concerto in una serra abbandonata diventata uno studio di moda. Quattro giorni prima dell’evento chiediamo di confermare la presenza e compilare un form che chiede perché vuoi partecipare. Io queste risposte me le leggo tutte per fare un po’ di selezione, per capire se qualcuno arriva da lontano o se ci sono altre necessità. Il pubblico è fedele a tal punto che non sa chi suonerà quella sera, “comprano” a scatola chiusa. Un giorno prima sveliamo l’indirizzo. Sanno però che non ci saranno cover, che il genere potrà essere country, rock italiano, folk, anche un rock straniero basta che sia ricercato. Il gruppo musicale la maggior parte delle volte suona gratis con un pubblico attento e molto motivato. Sono gruppi che nei locali non si trovano ed è questa la ricchezza per chi partecipa ai nostri eventi. Noi, di controparte, giriamo per il gruppo un video della performance di uno dei loro brani, in genere è uno scambio sempre molto apprezzato”. Alessandro con SoFar ci sta prendendo gusto tanto che a breve inizierà un corso per specializzarsi nel management musicale. “Però non ci guadagno niente. Lo faccio per amore della musica e per la soddisfazione personale di vedere tanta gente contenta a fine serata”.
LA
L’hanno ribattezzata la rivoluzione del live, il futuro dei concerti, una piattaforma che dà il LA ad una nuova tendenza, quella degli house concerts accessibili a tutti. Si chiama Guestar ed è un luogo d’incontro virtuale dove è lo stesso artista a scegliere dove esibirsi mettendo in cantiere il proprio tour. Aperto solo a privati ed artisti, crea il link tra le due realtà, senza intralciare l’organizzazione dell’evento che avviene tra il management e il padrone di casa. Una buona idea che non poteva che venire da tre addetti ai lavori: Enrico Mutti, Paul Sears e Francesco Gaudesi, i fondatori di Spaceship Management – la cui società di artist management segue, tra gli altri Benny Benassi e The Bloody Beetroots.
“L'idea è nata nell'estate del 2014. Gli house concerts non li abbiamo di certo inventati noi ma ci siamo ispirati a questa tendenza per creare una piattaforma con una modalità differente rispetto a tutte le altre presenti sul mercato. Attraverso guestar.com gli "host" propongono un evento alle "star" che decidono in base alla creatività e particolarità degli eventi creati dagli utenti”. A raccontare la genesi di Guestar è Francesco Gaudesi. A spiegare come funziona il tutto ci pensa il sito, chiaro e immediato dove si può seguire il procedimento in tre fasi: “Inserisci tutte le tue location. Case private, baite in montagna, bungalow sulla spiaggia. Ogni luogo può diventare sede di un evento epico, inserisci il tuo. Crea il tuo evento. Descrivi la tua idea, carica fotografie e video. Non dimenticare tutte le informazioni tecniche (luci, elettricità) e logistiche (accessibilità, dimensioni, orari). Fatti scegliere. Rendi il tuo evento unico, aggiornalo, condividilo e fatti notare”.
Tra le prime star che per ora hanno aderito alla nuova idea ci sono nomi come Manuel Agnelli e Rodrigo D’Erasmo degli Afterhours oltre al cantautorapper Dargen D’Amico.
“Gli artisti – specifica Francesco – pubblicano su guestar.com la loro disponibilità per una o più date. I fan hanno a disposizione una sezione dedicata per convincere l'artista a suonare a casa loro. L'evento che più di tutti desterà l'attenzione degli artisti sarà quello scelto per realizzare l'home concert. Il mercato del live offre sempre meno la possibilità ai giovani musicisti di talento di poter suonare la propria musica davanti ad un pubblico. Pensiamo che gli home concerts possano essere un’opportunità importante per allargare il mercato delle esibizioni dal vivo. Il nostro obiettivo a lungo termine è quello di avere all'interno della piattaforma non solo musicisti conosciuti, ma anche artisti di talento che non hanno accesso ai canali tradizionali del live dando loro la possibilità di organizzare un tour anche in tutta Italia all'interno di abitazioni private. Crediamo con forza che ci sia bisogno di dare spazio in maniera alternativa alla musica live e questo servizio ci sembra una buona strada”.
SI
È sempre questa la risposta quando si chiede al proprietario di casa se organizzerebbe un altro concerto del genere: Sì. E non conosce età. La signora Maria Giovanna Rebecca ha 65 anni e lo scorso novembre ha ospitato nella sua casa di Vicenza, in contrà Lodi, il concerto di Giovanni Caccamo, che qualche mese dopo avrebbe vinto Sanremo nella sezione giovani. Il suo tour di concerti si intitolava non a caso Live at home ed era accompagnato dallo slogan: “La tua casa, il tuo pianoforte, la mia musica”.
“Mio marito – spiega la signora Maria Giovanna – è un dottore commercialista. Abbiamo conosciuto Giovanni Caccamo partecipando ad un altro concerto in casa, da mia cognata, a Venezia. Allora abbiamo creato questa occasione particolare anche noi. Era un evento per lo studio di commercialista, per i colleghi, i dipendenti, è stato un momento conviviale tra amici. Il cantante è stato molto disponibile e la ricordo come un’esperienza molto positiva. Non abbiamo aperto al pubblico, volevamo rimanesse un evento privato nostro, con una settantina di partecipanti. Certo che lo rifarei, ma sempre con gente scelta da me”.
DO
La scala di Do con le 7 note arriva al suo accordo finale, ma guardando indietro non può che terminare con la stessa nota con cui è partita. Perché il filo comune che unisce tutti, organizzatori, padroni di casa, artisti è la passione gratuita, il DO' come offro un’occasione ai miei ospiti, alla mia musica e a quella degli altri. In coro dichiarano “noi non ci guadagniamo nulla, ma continueremo a farlo”.
“Anch’io nel 1998 ho organizzato un concerto nel salotto di un amico – ricorda Andrea Alba, giornalista veneto – ma la mia è stata una brutta esperienza punk. Avevamo 18 anni e il gruppo che andava per la maggiore nella scena alternativa erano i Melt. Il concerto si svolgeva nel salotto del mio amico Ezio, che aveva i suoi via. Eravamo noi della nostra band (The Warthogs) con amici sempre punkeggianti. E allora abbiamo detto "beh suoniamo insieme, con le reciproche compagnie la casa si riempie e ne esce un concerto". Tutto bene, se non che il mio amico Ezio abitava in una ampia e spaziosa casa su per la valle, con un’unica ripida stradina laterale che ci arrivava. Morale: noi iniziamo a suonare, questi Melt non arrivano. Ad un certo punto sentiamo un bel po’ di baccano giù a valle. Erano gli amici dell’altra band, nelle loro auto: erano fermi nella strada, suonavano tutti il clacson arrabbiati perché non sapevano dove andare. Quando sono arrivati erano abbastanza infastiditi e hanno svaligiato il frigo di Ezio. Birre comprese. Alla fine il concerto è andato male, perché per quasi tutto il tempo non c’era pubblico. Detto questo, conservo quella serata come un bellissimo ricordo”.