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September 21, 2015
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Elogio dello sciopero del Colosseo

Francesco ErspamerbyFrancesco Erspamer
Time: 3 mins read

La sinistra italiana è allo sfascio per numerose ragioni. Per l’inettitudine e corruzione dei suoi dirigenti ma soprattutto per la perdita fra i militanti e simpatizzanti di un’ideologia riconoscibile, insomma di valori e programmi chiaramente di sinistra. In troppi, che pur continuano a proclamarsi antifascisti e in qualche caso anticapitalisti, hanno accettato o non sanno contrastare il fondamentale articolo di fede liberista: che conti solo il successo, possibilmente immediato, non gli ideali, non l’etica, non i princìpi. 

Non mi spiego altrimenti l’irresponsabile attacco del sindaco di Roma Ignazio Marino contro i sindacati e i lavoratori, rei di aver indetto un’assemblea per protestare contro i ritardi nel pagamento degli straordinari e di avere così impedito per qualche ora l’accesso dei turisti al Colosseo e ai Fori. Era ovvio che Renzi (che all’inizio dell’anno fece mettere in stato d’assedio Firenze e chiudere piazza della Signoria e la Galleria dell’Accademia per farsi una ridicola foto con Angela Merkel sotto il David) e il suo ministro dei beni culturali Dario Franceschini (democristiano DOC che ha studiato giurisprudenza ma si crede uno scrittore), abbiano sproloquiato di emergenza (tutto è emergenza), immagine dell’Italia all’estero, disagi, costi: è il consueto linguaggio della destra e delle multinazionali per indurre privatizzazioni e deregulation. Come se non fosse ovvio che uno sciopero o una lotta politica e sindacale abbiano un prezzo e siano efficaci solo quando provochino qualche fastidio. Come se i musei di tutto il mondo non chiudessero per sciopero (vedi l’articolo dell’Huffington Post), senza che l’immagine dell'Inghilterra o della Francia vengano diminuite dalle proteste (frequenti) dei lavoratori della National Gallery o della Torre Eiffel. Come se lo stesso Colosseo non fosse già stato chiuso per sciopero (per esempio il 20 giugno 2013: ma al governo c’era Letta e non era in corso un colpo di mano contro il settore pubblico) senza provocare reazioni incomposte e richieste di pugno di ferro. Come se i diritti dei turisti e dei consumatori avessero la precedenza su quello dei lavoratori.

Però che Marino potesse definire un’assemblea di lavoratori un “intollerabile sfregio per il nostro paese” non me lo aspettavo. Ma dove vive? Ci sono veri e gravissimi sfregi che quotidianamente vengono fatti al nostro paese e a Roma in particolare e che il potere non solo tollera ma incoraggia.

Il punto è che la destra vince perché fa la destra, ossia perché fa gli interessi materiali o almeno ideologici dei suoi elettori. Chi vota Renzi, Alfano, Berlusconi, Salvini, sa cosa aspettarsi e cosa otterà. La sinistra (quella vera) perde perché pensa di dover essere neutrale, obiettiva: perché le piace sentirsi superiore, “super partes”. Ma un partito super partes, un partito di tutti, è un ossimoro: un partito, per definizione, è di parte. A chi cercava di piacere, Marino, parlando come un liberista? Tanto i liberisti non lo appoggeranno mai e Renzi sta solo aspettando l’occasione per liquidarlo.

“Odio gli indifferenti”, scrisse Gramsci: “Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo”. La mia parte. Gli altri stiano dalla loro, ad attaccare i sindacati con la scusa di una cultura che stanno estromettendo dalle scuole e sistematicamente distruggendo in nome del profitto, della sacralità dei consumi, del culto delle celebity. Tragicamente, anche e soprattutto sulle pagine del quotidiano che Gramsci fondò e che la banda Renzi si è comprato.

Se Marino era in disaccordo con i sindacati avrebbe dovuto incontrali a porte chiuse e spiegare le sue ragioni. Attaccarli pubblicamente, e in quel modo, mai: uno di sinistra non sta dalla parte dei vacanzieri contro i lavoratori. Mai. Ma tanto meno oggi, in un’epoca in cui i poteri forti della finanza e dei media stanno conducendo una guerra di annientamento nei confronti dei sindacati e in generale del concetto di solidarietà (gli unici valori che gli interessano sono l’individualismo e il consumismo, incluso quello turistico). In passato ho difeso il sindaco di Roma: non lo farò più. Il suo successore sarà certamente peggiore di lui: però la stupidità politica va punita lo stesso.

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Francesco Erspamer

Francesco Erspamer

Nato a Bari, cresciuto a Parma e in Trentino, laureato a Roma, professore a Harvard. Mi interesso di letteratura, politica, storia delle idee e cambiamenti culturali. Insegno corsi su estetica, romanzo moderno e contemporaneo, Rinascimento, calcio. Di recente ho scritto: La creazione del passato, Sulla modernità culturale e paura di cambiare, Crisi e critica del concetto di cultura. Come Gramsci, penso che al pessimismo della ragione occorra accompagnare l’ottimismo della volontà, e come James Baldwin, che la libertà non la si possa ricevere in dono: bisogna prendersela.

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