La vicenda giudiziaria che ha portato alle dimissioni dell’assessore regionale alla Salute (o Sanità), Lucia Borsellino, potrebbe dare vita a nuovi sviluppi. Coinvolgendo politici di primo piano della Sicilia, non escludendo lo stesso governo dell’Isola. Questa, per grandi linee, potrebbe essere la notizia che sembra essere emersa, tra le righe, ieri, nel corso della direzione regionale del PD siciliano andata in scena a Palermo.
Come è accaduto spesso in Sicilia, le vicende politiche sono tornate a mescolarsi con le vicende giudiziarie. Del resto, è stato lo stesso presidente della Regione, Rosario Crocetta, in uno dei suoi due interventi di ieri, a richiamare i temi – non esattamente politici – che hanno portato all’arresto del primario di Chirurgia Plastica dell’Azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello, Matteo Tutino. La vicenda, con molta probabilità, è molto più profonda – almeno sotto il profilo dei possibili risvolti politici – di quanto fino ad oggi è apparsa. Ancora una volta potrebbero essere le indagini giudiziarie a imprimere un colpo di acceleratore a possibili scelte politiche. Insomma, per dirla tutta, non è detto che allo scioglimento anticipato del Parlamento siciliano ci si debba arrivare con una mozione di sfiducia al presidente della Regione. Lo scenario politico siciliano, già a partire dalla prossima settimana, potrebbe riservare evoluzioni anche clamorose.
Per il resto, con molta probabilità, ieri, alla già citata direzione regionale del PD siciliano, uno degli interventi più interessanti è stato quello dell’ex assessore regionale Bilancio, Franco Piro. Esponente storico della sinistra dell’Isola, Piro, oggi, si trova nelle condizioni di poter dire al capo del governo e segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, come stanno le cose nei rapporti finanziari tra Stato e Regione siciliana. E come stanno le cose? Ieri Piro l’ha detto a chiare lettere: è lo Stato che sta provocando il default della Sicilia. E il governo nazionale di Renzi che ha massacrato le finanze regionali, creando ‘buchi’ che oggi è quasi impossibile gestire. Perché i problemi non sono di ‘competenza’, ma di ‘cassa’: ciò significa che, da qui a qualche mese, la Regione siciliana non sarà in grado di onorare i pagamenti di quest’anno. C’è il rischio – se Roma non erogherà alla Regione siciliana i 300-350 milioni di euro promessi – che intere categorie sociali rimangano senza soldi già a partire da agosto. Ci riferiamo ai Comuni, alle Province commissariate, ad alcuni enti regionali, ai precari. Semplificando, migliaia di siciliani, nei prossimi mesi, rischiano di restare senza retribuzione.
Piro (nella foto a destra), ieri, nel suo intervento, ha citato la relazione della Corte dei Conti per la Sicilia (come potete leggere qui). E’ la relazione al giudizio di ‘parifica’ del Bilancio regionale 2014 che i magistrati contabili hanno reso nota due giorni fa. Per la prima volta, come scriviamo qui, la Corte dei Conti dice a chiare lettere che i soldi che lo Stato toglie alla Regione siciliana hanno superato il limite di guardia. Di fatto, è quello che noi scriviamo da tempo (come potete leggere qui). Ma, adesso, a certificarlo è anche la magistratura contabile.
Certo, in Sicilia ci sono altri problemi. A cominciare dalla già citata questione giudiziaria che coinvolge, tanto per cambiare, la sanità pubblica. Ma il problema dei problemi resta la questione finanziaria. La verità è che il rigore economico dell’Unione Europea non è più compatibile con il sistema Italia. Renzi si fa bello con la Merkel criticando la Grecia di Tsipras. Ma la verità è che l’Italia non è messa meglio della Grecia. Anzi. Gli ellenici – che sono circa 11 milioni – hanno un debito pubblico di circa 320 miliardi di euro. L’Italia – con oltre 50 milioni di abitanti – ha un debito pubblico di 2 mila e 200 miliardi di euro circa. In pratica, abbiamo una popolazione pari a circa 5 volte quella greca, ma un debito pubblico che è sette volte superiore a quello greco!
Sono gli interessi sul debito pubblico che l’Italia deve pagare ogni anno che ormai impediscono al nostro Paese di andare avanti. Quello che sta succedendo è incredibile ma vero. A fine 2011, quando si insedia Mario Monti nominato senatore a vita dall’allora capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per meriti sconosciuti, l’Italia aveva un debito pubblico pari a poco meno di mille e 800 miliardi di euro. Quattro anni dopo (in realtà un po’ meno di quattro anni), il nostro debito pubblico, come già ricordato, è aumentato di circa 300 miliardi di euro. E questo nonostante Imu, Tasi e Tari alle stelle, Irpef e Irap ‘sparate’ al massimo e via continuando con tasse e imposte. In pratica, in Italia, aumentano a dismisura tasse e imposte, si riducono i servizi ai cittadini e, contemporaneamente, il debito pubblico cresce. E cresce perché il sistema Euro dentro il quale è finita l’Italia è un sistema monetario truffaldino.
L’economista keynesiano Nino Galloni, in un’intervista al nostro giornale (come potete leggere qui), ha spiegato, numeri alla mano, che l’Euro è servito a deindustrializzare il nostro Paese. Che piaccia o no agli ‘europeisti’ alla Giorgio Napolitano, l’Italia, da quando si è infognata nell’Euro, è diventato un Paese sempre più povero (molte aree del Sud Italia sono ormai con le pezze nel sedere).
La verità è che l’Italia è rimasta quella ‘scolpita’ in modo magistrale da Alessandro Manzoni: “… l’un popolo e l’altro sul collo vi sta…”. Con i tedeschi siamo ai ‘Corsi e ricorsi’ di Vico. Alla fine degli anni ’30 del secolo passato Mussolini si ‘imbarca’ con la Germania di Hitler perché pensa sia un Paese invincibile. Il ‘Duce’ pensava che, nel giro di pochi mesi, si sarebbe andato sedere al tavolo dei vincitori. Invece… La musica non è cambiata con l’Unione Europea dell’Euro governata dalla Germania. I governanti del nostro Paese sanno benissimo che l’Euro è una truffa politica e monetaria. Ma piuttosto che affrontare con coraggio la realtà, come sta facendo la Grecia di Tsipras, preferiscono schierarsi con il più forte. Nella speranza di qualche ‘sconticino’. E’ inutile recriminare: come diceva sempre il Manzoni, “Il coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare…".
Qui il discorso si lega alla crisi finanziaria della Sicilia. Ieri il presidente Crocetta, giustamente, ricordava che il governo nazionale di Renzi si è impegnato a versare alla Regione 300-350 milioni di euro. Noi non diamo spesso ragione a Crocetta. Ma in questo caso ha ragione il governatore della nostra Isola. Crocetta ha firmato con Roma accordi folli che penalizzano la Sicilia per avere in cambio questi 300-350 milioni di euro. Oggi il governo Renzi fa finta di cadere dalle nuvole. Ma la verità è che lo stesso governo Renzi, con molta probabilità, non ha più la disponibilità di questi 300-350 milioni di euro. Questo perché l’Italia, ogni anno, in base al Fiscal Compact, deve pagare un sacco di soldi per restare nell’Euro.
Il Fiscal Compact, imposto dall’Unione Europea, accettato da Monti e votato dal Parlamento italiano, prevede un esborso, da parte dell’Italia, di circa 50 miliardi di euro all’anno. Una cifra che non sta né in cielo né in terra. Non sappiamo se, ogni anno, l’Italia paghi questa somma. Ma sappiamo che, ormai, l’Italia – che prima dell’avvento dell’Euro era la settima potenza industriale del mondo – si sta trasformando in un Paese diverso. Il professore Galloni dice che abbiamo perso il 60 per cento delle partecipazioni statali. E abbiamo ‘acquistato’ circa 10 milioni di poveri. Con un governo Renzi che, ormai, cerca soldi ovunque: per esempio, provando anche a fare la 'cresta' sui buoni pasto dei lavoratori (come vi abbiamo raccontato qui).
Di fatto, l’Euro non ha favorito l’Italia. E sta massacrando il Mezzogiorno del nostro Paese. Già prima dell’avvento dell’Euro gli interventi dello Stato, in favore del Sud, erano minimi. Da quando c’è l’Euro lo Stato ha eliminato gli interventi ordinari in favore del Meridione. Non lo diciamo noi: lo dice ogni anno il Rapporto della Svimez. L’assenza di intervento ordinario dello Stato vanifica i possibili effetti dell’intervento straordinario dell’Unione Europea. Bruxelles ha detto in tutte le salse che i fondi strutturali europei debbono sommarsi all’intervento ordinario dello Stato nelle Regioni ad Obiettivo Convergenza (cioè le Regioni povere: e la Sicilia e tra queste assieme a Campania, Calabria e Puglia) e non sostituirsi ad essi. Ma su questo versante – cioè sull' addizionalità chiesta da Bruxelles – i governi nazionali fanno finta di non capire.
Con Renzi la situazione è addirittura peggiorata. Non solo lo Stato nega gli interventi ordinari nel Sud. Ma con una scusa ridicola, quest’anno, ha rubato al Mezzogiorno 5 miliardi di euro per finanziare gli sgravi fiscali alle imprese che, nel 90 per cento dei casi, hanno sede nel Centro Nord Italia.
Questi sono i veri problemi della Sicilia del Sud. Questo è il vero volto del governo Renzi: un governo che deruba i più poveri – cioè il Sud Italia – per dare a un Centro Nord un tempo ricco, ma oggi impoverito dall’Euro.
Ieri, a parte l’intervento di Piro, nei lavori dell’assise del Pd siciliano, di questi problemi non si è parlato. Questo perché nessuno, in questo partito, se la sente di andare contro Renzi. Il nuovo presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, esponente di centrosinistra, ha già alzato la testa. E ha fatto capire a Renzi che è pronto a contestare i tagli. In Sicilia Crocetta, fino ad oggi, ha sempre abbassato la testa infognando la Sicilia, se è vero che, ormai, la Regione, come già accennato, non è nelle condizioni di pagare gli stipendi a migliaia di persone.
Volendo essere sinceri, se c’è uno che non merita la sfiducia del PD, beh, questo è proprio il presidente Crocetta, che ha consegnato la ‘testa’ di 5 milioni di siciliani al governo Renzi su un piatto d’argento. Crocetta non si è mai opposto al 'saccheggio' delle risorse della Regione siciliana da parte del governo Renzi. E a parte la voce solitaria di Piro, quasi tutti i dirigenti del PD siciliano – come hanno dimostrato ancora una volta nei lavori della direzione regionale di ieri – non sono andati contro Renzi.
Come finirà? La nostra sensazione – e qui torniamo al discorso iniziale – è che, piuttosto che sfiduciare il presidente della Regione del proprio partito (perché Crocetta è pur sempre un esponente del PD), i dirigenti del Partito Democratico siciliano sperano che sia qualcun altro a togliergli questo incomodo. E non è nemmeno difficile immaginare chi…
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