“Sull’Euro abbiamo sbagliato”. Parola di Stefano Fassina, economista e parlamentare del PD, a Palermo dove ha partecipato a un convegno su "Scenari e modelli economici per il Mediterraneo e per l'Europa" promosso da Rosanna Manicalco, presidente di Economia funzionale e dalla consigliera comunale del capoluogo siciliano, Federica Aluzzo, del Movimento 139, gruppo che fa capo a Leoluca Orlando. Tema che, inevitabilmente, si deve misurare con la moneta unica europea. L’occasione, insomma, per discutere dei temi caldi, dalla crisi greca ai problemi economici che travagliano l’Italia massacrata dalle tasse che i cittadini pagano non per avere in cambio servizi, ma per consentire allo Stato di pagare gli interessi sul debito pubblico.
Piuttosto articolato l’intervento di Fassina, che proprio in queste ore avrebbe annunciato l’addio al PD. E, in effetti, quello che ha detto al convegno andato in scena nell’aula magna della facoltà di Giurisprudenza del capoluogo dell’Isola ha solo anticipato un epilogo che, ormai, sembra nelle cose. Anche perché il PD considera l’Euro insostituibile: basti pensare all’europeista Giorgio Napolitano, che da ex comunista vive l’Euro come un assioma. (sotto, a destra, foto tratta da investireoggi.it)
Fassina, invece, sembra un po’ scettico circa le virtù taumaturgiche della moneta unica europea. Ha ricordato la crisi finanziaria dei Comuni italiani, ridotti senza soldi dai tagli del governo Renzi che, per pagare le ‘rate’ del Fiscal Compact, non trova di meglio che massacrare le finanze degli enti locali. Si può andare avanti così? “La via non mi sembra corretta – ha detto Fassina, un passato nella Fgci, la Federazione dei giovani comunisti italiani -. Non è solo un problema di economia, ma anche di democrazia”. E’ arrivato il momento di un “radicamento territoriale del pensiero critico”, ha detto l’economista. E ha aggiunto: “Sono europeista. Ma c’è un assetto monetario che crea problemi. Lo vediamo in Italia e in Grecia”. E a proposito della trattativa tra Unione Europea ed ellenici, Fassina ha precisato: “Non vedo ancora il momento decisivo. La verità è che nel’Unione Europea ci sono scelte che privilegiano alcuni interessi a scapito di altri. I greci non ce la fanno. Lo sappiamo benissimo che non potranno pagare il debito. A questo punto va messa in discussione la linea che oggi domina in Europa”.
La linea dominante è quella che impone ai Paesi di pagare prezzi salatissimi per restare nell’Eurozona. Linea che viene assiomaticamente definita giusta: basti ricordare a Mario Monti e al già citato Napolitano quando ci regalavano l’Imu con il ritornello ormai famoso: “Ce lo chiede l’Europa”. Ma questa ricetta è giusta? Per Fassina, no.
“Il modello è sbagliato – ha detto l’economista -. Abbiamo svalutato il lavoro non potendo svalutare la moneta. Siccome il modello è quello in base al quale tutti dobbiamo esportare, abbiamo ridotto i salari per esportare. Così, oggi, in Europa, non c’è più domanda”. Bisogni insoddisfatti e risorse inutilizzate. In questo scenario, ha detto Fassina, serve “un alleggerimento significativo: l’abolizione del Fiscal Compact”.
Il Fiscal Compact (a sinistra, foto tratta da fabiomassimocastaldo.it) è uno dei ‘regali’, mettiamola così, del governo Monti agl’italiani. E’ un trattato internazionale, approvato dal governo Monti e dal Parlamento, che impegna l’Italia, per vent’anni, a pagare circa 50 miliardi all’anno per ridurre il deficit pubblico. E’ la prova provata che l’Unione Europa ha trasformato il deficit pubblico dello Stato italiano in debiti delle imprese e delle famiglie italiane: da qui i tagli di Renzi ai Comuni, alle Province (già abolite) e alle Regioni. “Ma questo, ormai, non è più sostenibile – ha affermato Fassina -. Al contrario, servono mutamenti radicali. Da quanto tempo non parliamo più di piena occupazione? Insomma, la moneta non è un fine: è un mezzo, uno strumento che va gestito nell’interesse dei popoli”. E ha citato un intervento di Luciano Barca, parlamentare nazionale del vecchio Pci, area riformista, anno 1978: “La moneta unica europea provocherà una recessione antioperaia”. Profezia assolutamente corretta.
Proprio sull’intervento di Barca, l’economista Nino Galloni ha fatto, a propria volta, una precisazione: “Ricordo l’intervento di Barca – ha detto Galloni -. E anche l’intervento di Luigi Spaventa (un economista che era stato eletto da indipendente nelle file del Pci). E ricordo, soprattutto, le posizioni del mio maestro, Federico Caffè (un grande economista italiano scomparso in circostanze mai chiarite ndr). Ma non ricordo che una tale posizione sia stata espressa da Napolitano”. Precisazione importante, perché Barca e Napolitano, oltre che essere considerati piuttosto ferrati in economia (furono loro a scrivere alcuni dei più importanti punti programmatici del governo di ‘solidarietà nazionale’ tra Dc e Pci presieduto, nel 1978, da Andreotti), erano della stessa corrente riformista del vecchio Pci, detta anche ‘migliorista’. Barca aveva dei dubbi sulla moneta unica europea, ma Napolitano, come già ricordato, dubbi sull’Euro non sembra averne mai avuti: anzi.
Quello che ha detto Galloni sui temi economici lo trovate nell’intervista rilasciata al nostro giornale (la potete leggere qui). Una cosa da segnalare, sempre a proposito di Galloni, è un suo ricordo dei primi anni ’90. Uno studio demografico che aveva previsto la grande invasione di genti che arrivano dall’Africa. Insomma, vent’anni fa c’erano già le proiezioni degli attuali sbarchi senza fine, ma non è stato fatto nulla.
Insomma, un convegno ricco di spunti, quello organizzato da Economia funzionale di Rosanna Maniscalco e dal gruppo consiliare che è vicino al sindaco di Palermo, Orlando. Un incontro che ha messo insieme una serie di soggetti che oggi mettono in discussione i dogmi dell’Euro. Un dibattito vivace, moderato dalla consigliera comunale del capoluogo dell’Isola, Federica Aluzzo. Con gli onori di casa fatti da Rosanna Maniscalco, dal capogruppo del Movimento 139 al Comune, Aurelio Scavone (nella foto, a destra) e dallo stesso sindaco Leoluca Orando. E se Scavone ha ricordato i debiti di guerra cancellati alla Germania nel 1953 (ed erano debiti enormi, visti i danni provocati nella seconda guerra mondiale dai tedeschi), Orlando ha parlato di un’Europa “subalterna alla moneta” In uno scenario difficile il Comune di Palermo è riuscito a far quadrare i conti (facendoli pagare ai cittadini con le tasse, aggiungiamo noi). Anche se oggi, ha aggiunto, bisogna evitare non che i Paesi escano dall’euro, “ma che l’Europa esca dall’Europa”. Orlando ha ricordato una data: il 1492. Anno della scoperta delle Americhe con Cristoforo Colombo, ma anche l’anno del genocidio degli ebrei.
All’incontro ha partecipato anche Massimo Costa (nella foto sotto, a destra), economista e docente universitario a Palermo. Costa (che è un collaboratore de La Voce di New York), si è detto amareggiato dalla possibile “resa di Tsipras in Grecia”. E ha parlato di un “Euro-lager dal quale non uscirà vivo nessuno. Oggi – ha aggiunto il docente universitario – il voto non conta più nulla”.
Costa è anche uno studioso appassionato dell’Autonomia e dello Statuto siciliano. Insomma, un economista che conosce e studia i rapporti finanziari tra Stato e Regione siciliana. Da qui le sua amare considerazioni su uno Stato – l’abbiamo già accennato – che per pagare il Fiscal Compact ormai taglieggia gli enti locali. Sicilia in testa. “Conti alla mano – ha affermato il docente – di economia – regaliamo 10 miliardi di euro all’anno allo Stato. Con problemi gravissimi per tantissime categorie dell’Isola. Insomma, è in atto un genocidio dei siciliani e nessuno dice nulla”. In effetti, proprio mentre andava in scena il convegno, circa 8 mila dipendenti delle Province regionali della Sicilia, riformate solo sulla carta, si preparavano a sfilare per le vie di Palermo. Motivo: la Regione, presieduta, sempre sulla carta, da Rosario Crocetta, ma in realtà governata dall’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, spedito in Sicilia da Renzi, ha lasciato senza soldi le nove Province siciliane. E non è questo l’unico caso: mezza Sicilia, oggi, è in sofferenza a causa dei tagli del governo Renzi.
“Non voglio difendere Crocetta – ha detto massimo Costa -. Ma è ora di finirla con lo scaricare sull’attuale presidente della Regione colpe non sue. E’ arrivato il momento di capire che Crocetta è solo un burattino manovrato da Renzi e dall’assessore Baccei. Le penalizzazioni che oggi colpiscono la Sicilia arrivano da Roma. Anzi, per la precisione, da Francoforte. Davanti a questi problemi servirebbe una politica siciliana fronte e dignitosa. Invece, oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, la politica siciliana produce leccaculo in quantitativi industriali”.
Anche Costa si è posto la domanda: come si viene fuori da questa situazione? E se Galloni ha proposto l’emissione di moneta fiduciaria, cosa che la Grecia di Tsipras sta facendo, accompagnata da una separazione netta tra chi fa finanza e chi fa banca, Costa ha proposto il ricorso ai certificati di credito fiscali.
Del Sud ha parlato Gaetano Armao (nella foto a sinistra), docente universitario di discipline giuridiche, avvocato ed ex assessore regionale. Armao ha citato gli indicatori economici che oggi segnalano un Sud abbandonato a se stesso. Ha ricordato che, nella Prima Repubblica, pur con tutti i limiti di quegli anni, la questione meridionale, bene o male, riusciva ad essere, se non al centro del dibattito politico, quanto meno nell’agenda dei governi. C’era l’intervento straordinario, dalla Cassa per il Mezzogiorno (dal 1950 fino ai primi anni ’80) e poi l’Agensud. E, in effetti, il divario tra Nord e Sud si era in parte ridotto. “Negli ultimi anni invece – ha ricordato Armao – il divario tra Nord e Sud del Paese è tornato a crescere”. Responsabilità degli ultimi governi. Da Berlusconi, che utilizzava a piene mani i fondi per il Sud per foraggiare il Nord (come dimenticare il fondi per il Sud diventati il “bancomat di Tremonti”, il ministro dell’Economia del governo Berlusconi?). Fino al governo Renzi, che lo scorso dicembre è riuscito in un’impresa ‘storica’: togliere al Sud 5 miliardi di Euro per erogarsi al Centro Nord sotto forma di aiuti alle imprese. Insomma l’illusione, tutta italiana, di salvare almeno il Centro Nord dai disastri dell’Euro facendo pagare il conto solo al Sud.
Foto tratta da primocanale.it