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March 24, 2015
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March 24, 2015
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Paolo Amenta: “La politica siciliana è ormai al capolinea. La parola passi ai sindaci”

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 7 mins read

“Parlano, parlano, parlano. Ma di fatti concreti ne vediamo pochi. La verità è che la politica siciliana si è ormai incartata. Non va né avanti, né indietro. E’ bloccata. Ma i cittadini siciliani non possono più aspettare. Hanno bisogno di risposte concrete. E le chiedono a noi sindaci. E’ a noi che i cittadini siciliani chiedono conto e ragione della gestione idrica, dei rifiuti e, perché no?, anche del fatto che non trovano lavoro. E noi sindaci abbiamo il dovere di rispondere a chi ci ha eletto. Anche perché noi sindaci non veniamo designati a Roma, dalle segreterie. Noi non siamo figli del Porcellum. Noi veniamo eletti direttamente dai cittadini. E ai cittadini dobbiamo rispondere. Il prossimo 21 aprile ci riuniremo a Caltanissetta. Se da oggi al 21 aprile non avremo risposte dalla politica andremo per la nostra strada”.

Così parla Paolo Amenta, vice presidente dell’Anci Sicilia con delega per le questioni finanziarie. Amenta è sindaco di Canicattini Bagni, paese della provincia di Siracusa. Ma da qualche anno – e precisamente da quando la Regione siciliana non trasferisce più ai Comuni le somme previste dalla legge nei termini temporali previsti e da quando lo Stato centrale ha ridotto i trasferimenti finanziari agli stessi Comuni – Amenta è costretto a dividersi tra il Comune che amministra e l’Anci Sicilia (Associazione, nazionale comuni italiani). Amministra il suo paese e prova a discutere con i politici nazionali e regionali.

“Ma discutere con i politici, oggi, è difficile – ci dice sempre Amenta -. Guardiamo al rapporto con il governo nazionale di Matteo Renzi. Ebbene, la Sicilia non può trattare più con Roma da una posizione di debolezza. E queste cose non dovremmo dirle noi sindaci, ma i rappresentanti del governo regionale. Ma siccome questi ultimi tacciono, siamo costretti a parlare e a difendere le nostre regioni. Prendiamo il caso della legge nazionale numero 42 del 2009. Per intendersi, è la legge sul federalismo fiscale. Ebbene, qui in Sicilia aspettiamo ancora che venga applicato l’articolo 23 di questa legge, che prevede la perequazione infrastrutturale. Idem per l’articolo 27, quello sulla perequazione fiscale che rimane pure inapplicato. Sono risorse finanziarie che Roma nega ai Comuni siciliani. Lo ribadisco: è incredibile che dobbiamo essere noi a chiedere ciò che ci spetta. Ma se dobbiamo essere noi sindaci siciliani a reclamare i nostri diritti a Roma, se il governo regionale non ci difende, se la politica regionale è assente, se non addirittura connivente con il governo nazionale, perché dovremmo continuare a credere nel governo regionale e nel Parlamento siciliano? A questo punto è molto più serio andare da soli. Ed è quello che faremo, come ho già accennato, dal 21 aprile in poi, se non interverranno sostanziali e concrete novità che, ad oggi, in verità non si intravedono”.

Facciamo presente che alcuni esponenti politici della Sicilia hanno detto che il partito dei sindaci non è una novità, perché c’è già stata la stagione dei sindaci negli anni ’90: una stagione che, in Sicilia, vedeva proprio Leoluca Orlando, anche allora sindaco di Palermo, a capo di questo movimento. Altri dicono che la vostra protesta non si altro che il tentativo di preparare la candidatura dello stesso Orlando alla presidenza della Regione…

“Dicono questo? Beh, allora questi non hanno capite niente. L’attuale politica siciliana, chiusa nei fortilizi degli assessorati, intenta a bilanciare uffici di gabinetto e a promettere ciò che non potrà più mantenere, non si è ancora accorta che gli indicatori economici della Sicilia sono peggiori di quelli della Grecia. C’è una disoccupazione giovanile spaventosa. Le imprese chiudono. E c’è una disperazione sociale diffusa che cresce di giorno in giorno. A questi problemi gravissimi, la politica, lo ripeto, non dà risposte. E quando dà qualche risposta, la dà in modo sbagliato. Vogliamo parlare dell’agricoltura? La politica siciliana ha idea di quello che sta succedendo nelle campagne della nostra Isola? A parole dicono agli agricoltori che bisogna puntare sull’agricoltura biologica. E non so quanti soldi si stanno spendendo per far partecipare la Sicilia all’Expo di Milano. Poi però, nei fatti, prima tagliano il fondo di rotazione agli agricoltori e poi gli appioppano l’Imu agricola. Andatelo a chiedere agli agricoltori siciliani, quelli veri e non quelli inventati, che cosa pensano dei governi nazionale e regionale e dell’Imu agricola”.

Lei all’Anci Sicilia si occupa di questioni finanziarie. Possiamo fare il punto della situazione? Se non ricordiamo male, nelle scorse settimane i governanti siciliani hanno detto che avrebbero erogato ai Comuni i fondi arretrati.

“Per averlo detto, l’hanno detto. Di fatto, hanno solo iniziato a trasferire le risorse del Fondo regionale per le Autonomie locali del 2014”.

Del 2014?

“Certo, del 2014. Siamo nel marzo del 2015 e i Comuni siciliani aspettano ancora i trasferimenti dello scorso anno. Questi sono i fatti”.

A quanto ammonta il credito dei Comuni siciliani nei confronti della Regione siciliana?

“La Regione deve ancora versare ai Comuni circa 200 milioni di euro del 2014. Questo per quanto riguarda il Fondo per le Autonomia locali”.

Perché c’è dell’altro?

“Certo. La Regione deve ancora erogare i fondi per il pagamento dei lavoratori precari del 2014. E sono altri 180 milioni di euro”.

Ma qualche settimana fa abbiamo letto che avevano già provveduto.

“Ma quando mai! Hanno solo iniziato a visualizzare le schede. Soldi ancora non se ne vedono”.

Fino ad oggi come hanno fatto i Comuni siciliani a pagare i circa 24 mila lavoratori precari?

“Li abbiamo pagati facendo i salti mortali. Facendo economie e, in molti casi, indebitando i Comuni con le banche. A proposito delle banche, sarebbe opportuno uno studio per verificare qual è, oggi, il tasso di indebitamento delle pubbliche amministrazioni siciliane con il sistema bancario. Ragionando su questi numeri si scoprirebbero cose incredibili”.

E cioè che le banche hanno in mano le pubbliche amministrazioni dell’Isola?

“Si scoprirebbe un indebitamento notevole. Insomma, la questione finanziaria, in Sicilia, è grave. Ma a monte c’è un problema più grande che provoca, a valle, i problemi finanziari: la crisi della politica. E qui torniamo alla questione iniziale: nel nostro Paese, oggi, non c’è più la politica. Ci sono gli slogan, che sono solo gusci vuoti. In Sicilia, poi, questo vuoto politico è spaventoso”.

Cioè?

“Basta osservare quello che succede con l’acqua, con la riforma delle Province e con i rifiuti. Il Parlamento siciliano è in carica da due anni e mezzo. Ma cosa ha prodotto su questi tre fronti? O il nulla, o chiacchiere e danni enormi. Vogliamo parlare dell’acqua? Nel 2011 è stato celebrato un referendum popolare. Che con larghissima maggioranza ha sancito la volontà popolare per un ritorno alla gestione pubblica dell’acqua. Al Parlamento siciliano, nella commissione Ambiente, discutono dall’inizio dell’attuale legislatura di acqua pubblica. Discutono. Ma l’acqua rimane nelle mani dei privati. E quando qualche privato fallisce, la politica siciliana o insegue le emergenze che di fatto ha creato, o ne è inseguita”.

E sulle Province?

“Sulle Province il Parlamento siciliano ha avviato una riforma e l’ha lasciata a metà. Oggi non sanno cosa fare. Non sanno se andare avanti o tornare indietro. Hanno commissariato le nove amministrazioni provinciali e le hanno lasciate senza soldi. Il risultato è il totale abbandono delle strade provinciali. Centinaia di strade abbandonate, piene di buche, in molti casi impraticabili e teatro di continui incidenti. Un’assurdità. E a chi chiedono i cittadini conto e ragione delle strade provinciali abbandonate? Ai sindaci, ovviamente. Visto che la politica siciliana è assente. In tutto questo gli oltre seimila dipendenti delle Province sono stati abbandonati. Costano 200 milioni di euro all’anno, ma non li fanno lavorare. E questi sarebbero un Parlamento siciliano e un governo regionale che funzionano?”.

Però hanno proposto ai Comuni i liberi consorzi…

“Altro fallimento. Hanno proposto solo delle fusioni a freddo tra Comuni. Senza progettualità, senza un respiro culturale, prima che politica e amministrativo. Solo idee raffazzonate e male affastellate”.  

E sulla gestione dei rifiuti a che punto siamo?

“Sul fronte dei rifiuti il disastro è totale. In questo settore la politica si mescola con gli affari e con altro ancora. In questo caso il fallimento della politica siciliana è sotto gli occhi di tutti. Dicono ai cittadini siciliani che bisogna valorizzare la nostra agricoltura e la dieta mediterranea e poi propongono di proseguire con le vecchie discariche, di realizzare nuove discariche e, sembra incredibile!, di puntare sugli inceneritori di rifiuti, ben sapendo che inquinano l’ambiente e mettono a repentaglio la salute pubblica. Di raccolta differenziata dei rifiuti nemmeno a parlarne. Come si può notare, invece di perseguire l’interesse pubblico si tutelano interessi privati”.

In compenso c’è stata la Leopolda sicula…

“Come no, un grande appuntamento totalmente privo di contenuti. Finita la grande sfilata tutto è tornato come prima. Anzi, peggio di prima”.

In che senso?

“Nel senso che manca l’unità di intenti. Il Pd è sempre più diviso a Roma e in Sicilia. Nel Parlamento siciliano ci sono quattro o cinque formazioni che appoggiano il governo. Ma, come abbiamo già sottolineato, le decisioni strategiche e le riforme non ci sono. Assistiamo, invece, a incredibili fenomeni di trasformismo politico sul modello Agrigento, con le bandiere del Pd insieme alle bandiere di Forza Italia”.

Si riferisce alle primarie del centrosinistra di Agrigento…

“Sono sotto gli occhi di tutti, no? Anche in questo caso, vuoto politico e culturale. Nessun programma innovativo per Agrigento. Solo un rimescolamento di carte tra inciuci e trasformismo con Pd e Forza Italia insieme. E parliamo di due grandi forze politiche. Se questo è il ‘nuovo’ della politica siciliana, beh, siamo messi veramente bene…”.

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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