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March 18, 2015
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March 18, 2015
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Trivelle petrolifere nel Mediterraneo: il Senato mette i paletti ai petrolieri

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 5 mins read

Grazie a due provvedimenti votati e approvati qualche giorno fa dal Senato della Repubblica si riapre la partita delle trivellazioni petrolifere nel Mediterraneo. Vicenda che interessa tante Regioni italiane (i presidenti delle Regioni Abruzzo, Marche, Puglia, tutti di centrosinistra, e i presidenti di Lombardia, Campania e Veneto, di centrodestra, hanno già presentato ricorso presso la Corte Costituzionale: cosa che non hanno fatto ancora la Regione siciliana e la Regione Basilicata, entrambe amministrate dal centrosinistra).  

Come si legge in un comunicato diffuso ieri dal Pds-Mpa (in pratica, gli autonomisti siciliani), l'Aula di Palazzo Madama ha posto una pesante ipoteca sulla prosecuzione dei progetti di perforazione petrolifera nel Mediterraneo. Il primo voto (che ha visto il parere negativo del Governo Renzi) è stato quello con cui nella lista dei cosiddetti "ecoreati" sono state inserite quelle tecniche esplosive e di "air gun" utilizzate per le ricerche petrolifere. Si tratta di tecniche che hanno infatti un gravissimo impatto ambientale, sia sulla struttura dei fondali che vengono "bombardati" a ritmo incessante (una esplosione ogni 9-10 secondi per mesi interi), sia per l'ecosistema marino in generale.

Tali esplosioni, che le aziende che operano nei fondali marini alla ricerca di idrocarburi utilizzano spesso potrebbero sortire effetti devastanti in un contesto geo-tettonico come quello del Canale di Sicilia, caratterizzato da forte sismicità. Grazie al voto del Senato, queste attività saranno ora punibili – se non interverranno modifiche al testo della legge durante il dibattito alla Camera – con la reclusione fino a tre anni, grazie ad un emendamento del Gruppo "GAL-Grandi autonomie e libertà" del Senato (Giuseppe Compagnone, Giuseppe Ruvolo, Antonio Scavone) e del Senatore Antonio D'Alì di Forza Italia.

Il secondo provvedimento, approvato a larga maggioranza dall'assemblea di Palazzo Madama – in questo caso con il parere favorevole del governo Renzi e su proposta degli stessi senatori che hanno firmato l'emendamento alla legge sugli ecoreati) – prevede il blocco delle concessioni che il governo nazionale sta rilasciando in virtù
dell'art. 38 del cosiddetto 'Sblocca Italia'. Per bloccare gli effetti negativi di questo articolo 38 voluto dal governo Renzi è in corso una battaglia politica anche nel Parlamento siciliano (l'Isola, come ricordiamo spesso ai lettori americani, è una delle cionque Regioni italiane a Statuto speciale con un prorpio Parlamento).   

"L'artolo 38 – afferma il capogruppo del MpA al Parlamento siciliano, Roberto Di Mauro
– è una doppia truffa, perché sottrae alle Regioni la possibilità di intervenire a tutela del proprio territorio e perché aggira quanto previsto dalla normativa comunitaria che entrerà in vigore a luglio e che si basa sul principio di precauzione per la riduzione dell'impatto ambientale, per la prevenzione dei rischi e dei disastri".

I due provvedimenti votati dal Senato sono stati illustrati ieri mattina a Palermo, nel corso di una conferenza stampa all'Assemblea regionale siciliana (questo il nome del Parlamento siciliano che ha sede nel Palazzo Reale). Nel corso dell'incontro con i giornalisti di ieri è stata più volte sottolineata "la grande differenza di comportamento fra il governo regionale precedente, che per anni ha tenuto testa agli interessi dei petrolieri, ed il governo attuale, che si è invece appiattito sulle richieste e gli interessi delle grandi lobby". Una critica, neanche troppo velata, al presidnete Crocetta, che, come già ricordato, non ha nemmeno presentato ricorso presso la Corte Costituzionale contro le iniiative del governo Renzi in materia di ricerche e coltivazioni di idrocarburi. 

Per la cronaca, è stato il governo Renzi a forzare la mano sulle ricerche petrolifere, penalizzando le Regioni. Cosa, questa, che oltre ad essere stata contestata dai rappresentanti dei territori coinvolti, è stata anche stigmatizzata da Legambiente. Gli ambientalisti ritengono l'articolo 38 del Decreto 'Sblocca Italia' contrario al Titolo V della Costituzione, perché "bypassa l'intesa con le Regioni  e stabilisce corsie preferenziali e poco trasparenti per le valutazioni ambientali e per il rilascio di concessione uniche di ricerca e coltivazione di idrocarburi".

Il senatore di Forza Italia, Antonio D'Alì, ha fornito alcune cifre che chiariscono la misura degli interessi in atto: a fronte dei guadagni miliardari derivanti dall'estrazione, i canoni di concessione per le strutture petrolifere sono incredibilmente bassi, di appena 0,025 euro per chilometro quadrato a mare e 0,2 euro per chilometro quadrato a
terra. A ciò si aggiunge l'assenza di garanzie sulla capacità dei concessionari sulla possibilità di intervento per la prevenzione dei rischi.
Ad oggi ci sono richieste di interdizione di aree di pesca nelle acque prospicienti le coste siciliane per oltre 30.000 chilometri quadrati. Per il senatore Antonio Scavone, "stiamo vivendo una partita fondamentale per lo sviluppo del nostro territorio e per il nostro futuro. Il governo nazionale – ha aggiunto Scavone – con l'accondiscendenza di quello regionale, ha trovato il modo di aggirare la legge che già esisteva e, soprattutto, ha aperto una 'finestra' temporale prima dell'entrata in vigore della stringente Direttiva comunitaria, dando ai petrolieri la possibilità di presentare affrettate richieste di concessione che avranno un impatto devastante per almeno 50 anni. A questi comportamenti, il Gruppo GAL-Grandi Autonomie ha saputo opporsi coalizzando
attorno al proprio operato anche parlamentari di tutto lo schieramento costituzionale, come testimoniato dalle firme apposte ai nostri documenti e dal voto d'Aula, che ha visto parecchi parlamentari della maggioranza votare contro l'indicazione del governo Renzi".

Duro il commento delsenatore Giuseppe Compagnone su Renzi e Crocetta: "Tutti i provvedimenti adottati dal governo nazionale e da quello regionale sono espressione di una cultura vecchia, di una vecchia visione del mondo e dello sviluppo. Mentre in tutto il mondo si investe, si fa ricerca e si sviluppano politiche si sostegno alle energie alternative, Crocetta parla ancora del petrolio come strumento di sviluppo. Sono parole frutto dell'ignoranza e di un incredibile appiattimento sulle posizione delle
compagnie petrolifere".
"Crocetta – ha aggiunto Compagnone – si sta rendendo complice di un vero e proprio crimine contro la Sicilia, per altro con un comportamento schizofrenico, perché da un lato impegna somme per il sostegno al turismo costiero e dall'altro vuole disseminare proprie le coste di veri e propri ecomostri come le piattaforme petrolifere o vuole interdire la pesca alla più grande marineria nazionale".

L'interdizione alla pesca di interi tratti del Mediterraneo ai pescatori siciliani è, forse, uno degli aspetti meno 'gettonati' dall'informazione. Divieti che, se dovessero essere approvati, creerebbero ulteriori problemi a un settore, la pesca, che in Sicilia si dibatte in una pasante crisi. Il riferimento è alle marinerie di Mazara del Vallo (la più grande d'Italia), di Sciacca, di Licata, di Catania, di Porticello e via continuando.  

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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