Ieri sera siamo andati al Policlinico universitario di Palermo. Percorrendo la Circonvallazione della città, in direzione nord-sud est, lo svincolo per recarsi nella cittadella sanitaria del capoluogo dell’Isola lo si imbocca sulla destra, qualche chilometro prima che la strada immetta gli automobilisti lungo la via che li conduce verso Messina, Catania e Agrigento (due autostrade, o quasi, e una strada a scorrimento veloce allucinante, tanto è in cattivo stato). La prima nota stonata è la luce che non c’è: chi non conosce lo svincolo, di sera non lo troverà mai, perché è stretto e senza illuminazione.
E’ possibile che, nella quinta città del nostro Paese, uno svincolo sulla Circonvallazione che immette nella città universitaria e nella cittadella sanitaria (attaccato al Policlinico c’è l’ospedale Civico, uno dei più grandi del Mezzogiorno d’Italia) sia lasciato al buio? A Palermo succede.
Imboccato lo svincolo, ci ritroviamo in via Ernesto Basile. A questo punto, a parlare sono questi luoghi. Noi ci limitiamo solo a ‘interrogarli’. Sulla sinistra c’è il Parco d’Orleans, in parte ancora verde. Un’area di circa 20 ettari che è stata dedicata a Ninni Cassarà, il capo della Squadra mobile di Palermo ucciso dai mafiosi nel 1985. Insomma una zona non ‘cementificata’ (a Palermo è una ‘rarità’) che è stata ribattezzata ‘Parco Cassarà’. Il Comune ha dislocato lì una cinquantina di operai. Che avrebbero dovuto occuparsi di questo verde da mettere a disposizione dei palermitani (soprattutto dei bambini). Cinquanta e più operai per 20 ettari forse sono un po’ troppi. Ma a Palermo non ci si preoccupa di questo: tanto per pagarli il Comune tassa i cittadini (nel capoluogo dell’Isola le tasse e le imposte comunali sono le più alte d’Italia). Sembrava che, finalmente, un pezzo di verde sarebbe stato restituito ai palermitani. Ma il sogno è durato poco. Gli operai hanno trovato un deposito di amianto. E tutto è stato bloccato. Se ne riparlerà chissà quando. In queste cose la Sicilia subisce, quasi per inerzia, la dilatazione del tempo, con le Calende greche sempre in agguato…
Proseguendo, sempre sulla sinistra, c’è l’Università. Sulla destra il quartiere popolare di Santa Rosalia. Ma noi siamo passati da qui per recarci al Policlinico. Per raggiungerlo dobbiamo percorrere tutta la via Basile, arrivare dalle parti del bar Massaro, da decenni meta soprattutto degli studenti universitari (e non solo) per pasticceria e rosticceria da ‘sballo’. Per arrivare nella cittadella sanitaria bisogna proseguire e imboccare una strada a destra.
Non è al buio come lo svincolo della Circonvallazione. Ma non è nemmeno un festival di luci. La strada – come quasi tutte le strade di Palermo – è piena di avallamenti e buche. Dopo aver imboccato una stradina a destra arriva una curva, sempre a destra. A questo punto, sulla sinistra, si staglia l’ospedale Civico ribattezzato ‘Azienda ospedaliera’ da una politica priva di idee intelligenti che scambia la sanità pubblica per un’impresa: quasi un’invocazione psicologica per gestire bene una sanità che ha più buchi delle strade della città (incredibile la mancanza di posti letto negli ospedali di Palermo!). Una sanità pubblica, quella siciliana, costellata da forniture che danzano al ritmo di gare ‘addomesticate’ e di milioni di euro a decine, ovviamente pubblici, che spariscono grazie a ingegnose ‘trigonometrie’…
Per arrivare al Policlinico, una volta percorso tutto il viale che costeggia il Civico, bisogna girare ancora a sinistra (quasi un segno del destino, considerato che la sinistra governa la Regione siciliana dal 2008 e ha praticamente distrutto la sanità pubblica dell’Isola: ah i ‘compagni’ del Pd avevano tanta ‘fame’ di governo…). La strada peggiora, ma dovrebbero migliorare i servizi, perché, sempre sulla sinistra, sempre nell’area del Civico, arriva l’Ismett, il Centro mediterraneo dei trapianti di organi, una sorta di ‘buco nero’ della sanità pubblica siciliana che diventa privata e viceversa, a seconda della convenienza. L’Ismett funziona grazie a una convenzione piuttosto ‘barocca’ tra la Regione siciliana e l’università di Pittsburg. Nasce come un Centro trapianti (“Piattaforma trapiantologica”, la chiamano gli esperti), ma fa di tutto, soprattutto per i potenti della Sicilia & affini. O per i casi particolari (qualche giorno fa è stato ricoverato qui un paziente affetto da febbre suina: che cosa abbia a che fare con la trapiantologia noi non lo capiamo: ma noi non siamo luminari della sanità e a noi comuni mortali certi nessi connettivi sfuggono).
L’Imett, nella seconda metà degli anni ’90 del secolo passato, è stato sponsorizzato dal professore Luigi Pagliaro, luminare dell’Epatopatologia. Proprio per facilitare i trapianti di fegato, si diceva. Noi, però, in tutti questi anni non ricordiamo conferenze stampa dei vertici dell’Ismett che raccontano il numero di trapianti di fegato (possibilmente andati a buon fine). Ma sappiamo che lo stesso Ismett costa – alla Regione (cioè ai contribuenti siciliani) – 94 milioni di euro all’anno! E abbiamo anche appreso, con nostro sommo stupore, che più della metà di questi soldi vola via per la ricerca, non certo per interventi sanitari.
Qualcuno pensa che dietro l’Ismett ci siano interessi massonici. Ma sono voci. Non sono invece voci, ma dati di fatto, i problemi di bilancio della Regione siciliana: 5 miliardi di euro di ‘buco’ di cassa (c’è chi dice che il ‘buco’ potrebbe sfiorare i 7 miliardi di euro). Con l’assessore regionale all’Economia, Alessandro Baccei, un personaggio quasi pittoresco imposto dal capo del governo Matteo Renzi alla Sicilia (in particolare a un debole presidente della Regione, Rosario Crocetta, sempre pronto a dire sì a Roma), che vuole tagliare sprechi. Con una sola eccezione: guarda caso l’Ismett, al quale il governo Renzi vuole assolutamente confermare i 94 milioni di euro (a spese degli ignari contribuenti siciliani: Renzi è brevissimo a impartire diposizioni in stile mussoliniano utilizzando le tasche degli altri, soprattutto le tasche dei siciliani, ai quali ha scippato circa 5 miliardi di euro in meno di due anni!). Insomma, in Sicilia tutti debbono fare sacrifici, tranne gli amici dell’Ismett. Così hanno deciso il ‘Duce’ Matteo da Firenze e il suo luogotenente, Graziano Delrio, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per grazia ricevuta.
Ma il tema non è solo questo. Il tema è anche un luogo mezzo abbandonato – perché l’area che circonda il Civico è un concentrato di fallimenti urbanistici e amministrativi – con un soggetto privato (l’Ismett, per l’appunto), che incassa 94 milioni di euro all’anno. Un fiume di soldi in un luogo degradato. La sanità di eccellenza nel cuore dell’abbandono cittadino. Un contrasto stridente. Ma tant’è.
Proseguendo si arriva finalmente al Policlinico universitario. Sulla destra c’è il cimitero di Sant’Orsola che ricorda la rivolta dei Vespri siciliani (erano gli anni in cui i siciliani si ribellavano ai prepotenti: lunedì di Pasqua del 1282, per la precisione 30 marzo: una rivolta popolare per cacciare gli “esosi baroni di Carlo d’Angiò”). Altri tempi. La strada è ormai un letto di dolore (forse l’unico, vero “servizio indivisibile” fornito dal Comune di Palermo ai cittadini: ti ‘rompi le corna’ in questa strada piena di buche: beh, l’ospedale ce l’hai a dieci metri: che vuoi di più? dove lo trovi un servizio più ‘indivisibile’ di questo?). Tra i “servizi”, questa volta non “indivisibili” ci sono anche i ‘cassamortari’, ovvero le tante agenzie di pompe funebri che assediano il Civico e il Policlinico, quasi un ‘inno alla vita’ per chi mette piede, da malato, in queste strutture sanitarie…
La strada finisce in qualcosa che, nell’idea di chi l’ha pensata, avrebbe dovuto essere una rotonda. In realtà, c’è solo un grande cerchio delimitato da cordoli che, a giudicare dal loro stato, dovrebbero risalire alla Prima guerra mondiale… Il centro di questa rotonda è vuoto: asfalto deteriorato. Una schifezza. La strada è tutta buche, il buio domina su tutto e di indicazioni stradali non c’è nemmeno l’ombra. Se pensate di uscire dall’area del Policlinico seguendo la rotatoria vi ‘auto-incaprettate’: perché incontrate da due a tre sensi unici che vi costringono a tornare da dove siete arrivati. Si esce solo imboccando una strada dissestata sulla destra e poi a sinistra, e poi ancora a sinistra, forse a destra… Insomma, se indovinate la via siete in Corso Tukory. Una scommessa…
Domanda: è normale tenere le strade del Policlinico e dell'ospedale Civico in queste condizioni? Buche ovunque, illuminazione scarsa, sporcizia, viabilità cervellotica e priva di indicazioni, totale assenza di verde. In una parola, abbandono pressoché totale. Certo, ci sono i tagli finanziari dello Stato e della Regione. Ma i cittadini palermitani – l’abbiamo già ricordato – pagano le tasse comunali più ‘salate’ d’Italia. Che senso ha candidare Palermo a “Capitale della cultura europea” se poi i dintorni del Policlinico e del più grande ospedale della città sono tenuti nel degrado?
Un Comune con circa 20 mila dipendenti – più della Regione siciliana, che non arriva a 18 mila addetti – non riesce a sistemare decorosamente la zona del Civico e del Policlinico. Possibile? E’ normale tenere gli svincoli al buio? Che penseranno di Palermo i cittadini americani che leggeranno questo articolo?