Scrive Giovanni Soriano in ‘Finché c’è vita non c’è speranza’: “Essere pieni di contraddizioni può essere sintomo di una natura complessa, ma il più delle volte è il frutto di una mente confusa”. Frase che fotografa in modo quasi perfetto lo scenario politico siciliano di queste ore. Con i sindacati che annunciano scioperi a catena per opporsi a provvedimenti annunciati da un assessore regionale che non sembra appoggiato dal capo del governo siciliano del quale lo stesso assessore fa parte! Insomma, contraddizioni e grande confusione politica e istituzionale. Proviamo a riassumere quello che sta succedendo nell’Isola.
Come raccontiamo anche in altra parte del nostro giornale, l’assessore all’Economia di una sempre più confusa e squinternata Sicilia, Alessandro Baccei, propone una serie di tagli ai dipendenti della Regione e ai sindacalisti. Questo assessore toscano, in barba all’Autonomia siciliana, è stato imposto alla Sicilia dal governo nazionale di Matteo Renzi. Questa è la prima contraddizione, perché il governo di una Regione autonoma e il suo presidente – che in questo caso si chiama Rosario Crocetta – non dovrebbero lasciarsi imporre un assessore da Roma. Ma Crocetta è notoriamente un uomo politico debole. Fino ad oggi ha dimostrato di essere forte con i deboli e debole con i forti. E siccome Renzi è il forte del suo partito – il Pd – Crocetta, che fa parte dello stesso Partito democratico, ha scelto di essere l’ilota di Roma.
Ora, però, Crocetta, stanco di tenersi i piedi sul collo del governo Renzi, comincia a ribellarsi. E lascia capire di non volere accettare i tagli che l’assessore Baccei (imposto al governo Crocetta da Renzi e dal sottosegretario Delrio) vorrebbe imporre ai dipendenti della Regione e ai sindacalisti. Così si assiste alla contraddizione – tutta interna a un governo regionale – di un presidente della Regione e di un assessore all’Economia che la pensano diversamente su una scelta governativa importante. Da qui anche la confusione politica e istituzionale che blocca da oltre un mese la Regione siciliana.
Non mancano le contraddizioni interne ai sindacati. Lo scorso anno quando il governo nazionale ha imposto i tagli ai dipendenti del Parlamento siciliano, i sindacati – e segnatamente la Cgil, la Cisl e i Cobas – invece di difendere le istituzioni autonomistiche (e quindi l’indipendenza del Parlamento siciliano, che allora era ancora equiparato al Senato della Repubblica), pur di penalizzare i dipendenti dello stesso Parlamento dell’Isola, considerati dei privilegiati, hanno plaudito ai tagli proposti da Crocetta e da Baccei. Insomma, quando si è trattato di penalizzare i dipendenti dell’Assemblea regionale siciliana erano tutti d’accordo: Crocetta, Baccei, Cgil, Cisl e Cobas.
Da osservatori più che trentennali dei fatti politici siciliani abbiamo assistito a un dibattito un po’ incredibile. Il governo Renzi, lo scorso anno, ha voluto e fatto approvare dal Parlamento nazionale una legge in base alla quale gli alti dirigenti dello Stato non possono guadagnare più di 240 mila euro lordi all’anno. Nello Statuto autonomistico siciliano – che, lo ricordiamo, fa parte della Costituzione italiana del 1948 (la Sicilia, per la cronaca, ha conquistato la propria Autonomia nel 1946 grazie alle lotte separatiste, cioè due anni prima dell’entrata in vigore della Costituzione italiana: Costituzione che ha recepito al proprio interno lo Statuto siciliano) – c’è scritto che i dipendenti della Regione siciliana non possono guadagnare meno dei dipendenti dello Stato. Ne consegue, sul piano logico, che i dirigenti della Regione debbono essere equiparati a quelli dello Stato: tutti – dirigenti pubblici dello Stato e della Regione siciliana non possono guadagnare più di 240 mila euro lordi all’anno.
Insomma, il governo Renzi ha fissato il tetto di 240 mila euro per tutti i dirigenti pubblici del nostro Paese. Ma il governo regionale di Crocetta avrebbe voluto a tutti i costi umiliare i dirigenti del Parlamento siciliano, abbassando il tetto a 160 mila euro all’anno lordi. Il presidente della Regione siciliana, pur di penalizzare i dirigenti del Parlamento dell’Isola, avrebbe voluto violare, contemporaneamente, la legge Renzi e lo Statuto siciliano. Ovviamente gli è stato impedito non dalla politica, ma dalla Giustizia.
La cosa assurda è che Cgil, Cisl e Cobas, invece di chiedere l’applicazione della legge Renzi anche in Sicilia, hanno avallato, anzi addirittura sollecitato i tagli contro legge (e contro lo Statuto!) ai danni dei dirigenti del Parlamento dell’Isola. Tutto questo solo per invidia. I dirigenti del Parlamento siciliano, infatti, sono tutti vincitori di concorso e sono considerati bravi. I dirigenti dell’amministrazione regionale, invece, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno mai partecipato ad un concorso pubblico e sono stati assunti per raccomandazioni da parte della politica e dei sindacati. Il tutto in barba alla Costituzione italiana che stabilisce che per accedere nella pubblica amministrazione bisogna superare un concorso.
Anzi, se proprio dobbiamo essere precisi – visto che chi scrive segue le cronache politiche siciliane dal lontano 1985 – possiamo affermare che degli attuali 18 mila dipendenti della Regione non sono più di mille (e forse nemmeno arrivano a questo numero) quelli che sono stati assunti per regolare concorso pubblico. Gli altri, tutti gli altri: dirigenti, funzionari e via continuando, fino ad arrivare ai portalettere, sono stati assunti senza concorso, ma in base a selezioni, segnalazioni e clientelismi politici e sindacali vari. Gli stessi attuali dirigenti generali della Regione non solo non potrebbero svolgere il ruolo che svolgono, come ha stabilito il Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Sicilia perché non hanno i titoli, ma sono stati assunti anche loro in massima parte senza concorso, in barba alla Costituzione. Da qui la confusione che ormai regna negli uffici regionali, retti da dirigenti generali sputtanati dal Tar Sicilia, assunti in buona parte senza concorso che ottengono risultati che in moltissimi casi non vanno al di là della mediocrità.
Questi dirigenti dell’amministrazione regionale nutrono invidia verso i dirigenti del Parlamento siciliano, che sono invece vincitori di concorso e che, alla fine, sono quelli che scrivono le leggi (ormai da oltre un decennio i disegni di legge che arrivano dagli uffici dell’amministrazione regionale sono in molti casi da riscrivere). Questi dirigenti dell’amministrazione regionale hanno plaudito ai tagli a carico dei dirigenti del Parlamento dell’Isola. Sorretti da Cgil, Cisl e Cobas. Una posizione, dettata dall’invidia, che adesso gli si sta ritorcendo contro. Perché Roma, dopo aver ‘tosato’ i dirigenti del Parlamento siciliano, vuole ‘tosare’ anche i dipendenti e, quindi, anche i dirigenti dell’amministrazione regionale.
Da qui le contraddizioni di tre organizzazioni sindacali – Cgil, Cisl e Cobas – che hanno avallato, e in certi casi sollecitato, i tagli ai dirigenti del Parlamento dell’Isola – e che adesso non vorrebbero che i tagli colpiscano anche i propri iscritti e persino se stessi. Ma non sono credibili. Così come non sono seri gli scioperi annunciati in questi giorni. Perché adesso lo 'sforbiciatore' toscano avrà buon gioco nel rispondere ai dirigenti di Cgil, Cisl e Cobas della Sicilia: “Ma come, quando ho sforbiciato gli stipendi dei dipendenti del Parlamento siciliano eravate d’accordo con me, alcuni di voi mi hanno addirittura proposto di togliere al Parlamento dell’Isola il Palazzo Reale di Palermo, trasferendo deputati e dipendenti in uno scantinato per risparmiare, e adesso che tocca a voi essere sforbiciati dite che non vi piace? Chi di sforbiciate ferisce di sforbiciate perisce…”.
Ma cosa vorrebbe tagliare il governo Renzi, tramite il suo luogotenente siciliano, assessore Baccei? L’elenco è lungo e, in alcune cose – ci dispiace assai ammetterlo – ci troviamo d’accordo con Baccei. Perché difendere l’Autonomia siciliana non significa difendere i privilegi di alcuni.
Intanto l’assessore vorrebbe eliminare il 30 per cento delle Aree e dei Servizi dirigenziali della Regione. Da due anni la metà dei dirigenti regionali – circa 900 su mille e 800 – è senza incarico. Fino ad oggi questi dirigenti senza incarico hanno percepito lo stesso una sorta di superminimo. Ora Baccei vorrebbe eliminare questo superminimo. Tradotto significa che, per oltre 600 dirigenti regionali, lo stipendio mensile passerebbe da circa 3 mila euro a 2 mila e 200 euro. Una bella ‘botta’, non c’è che dire. A nostro avviso, tagliare lo stipendio dopo 15 anni non è bello. Ma tant’è.
La scure dell’assessore Baccei si vorrebbe abbattere su circa 500 dipendenti del Corpo forestale, ai quali vorrebbe tagliare 450 euro circa dalla busta paga mensile. Questo taglio non è condivisibile, perché si colpisce gente che ha sempre lavorato e non finti dirigenti regionali che sono tali sono di nome.
Brutte notizie anche per i già citati dirigenti generali. Questi possono contare su un contratto triennale che, in base alla legge Renzi, non può superare i 240 mila euro lordi all’anno (per molti di questi la retribuzione è inferiore). Fino ad ora se un dirigente generale viene messo di lato prima della scadenza triennale dell’incarico, continua a percepire l’indennità. L’assessore Baccei punta ad eliminare tale agevolazione. Dunque il dirigente generale defenestrato, se è un dipendente regionale, percepirà solo lo stipendio di dirigente (i dirigenti generali esterni, una volta, ‘licenziati’, non percepiranno più nulla). Su questo punto non si può non essere d’accordo con l’assessore Baccei, perché ha ragione da vendere.
Tagli sono previsti anche per i semplici dipendenti regionali – che sono circa 16 mila – che, in tre-quattro anni, perderanno il cosiddetto Famp (in pratica lo straordinario). In questo caso si tratterebbe di un adeguamento dei dipendenti della Regione a quelli dello Stato (che con la crisi che c’è non hanno, già da anni, molte agevolazioni). A nostro avviso, prendersela con chi guadagna da mille a mille e 500 euro al mese è un errore. Su questo punto l’assessore Baccei dovrebbe capovolgere la prospettiva: sono i dipendenti dello Stato che guadagnano poco, mentre questa fascia di dipendenti regionali vive con retribuzioni di sussistenza. Prendersela con loro è un’ingiustizia.
Tagli anche per i sindacati. L’assessore Baccei sostiene che sono troppi (il 600 per cento in più rispetto al contesto nazionale). In realtà, come precisa in altra parte del giornale la Cgil siciliana, sono il 400 per cento in più. Questo passaggio colpisce al cuore la Cgil, la Cisl e i Cobas. Questo provvedimento è in parte sbagliato, perché in Sicilia i sindacalisti seguono settori che in altre parti d’Italia sono di competenza dello Stato. Qualche ‘sforbiciata’ può anche andare bene, ma senza esagerare. E poi la sforbiciata se la meritano, sia perché, pur di dare spazio ai propri bassi istinti, hanno sollecitato le penalizzazioni a carico dei dipendenti del Parlamento siciliano, sia perché, dalla fine degli anni ’90, per questioni miserabili, non fanno decollare le RSU, sigla che sta per Rappresentanza Sindacale Unitaria. Si tratta di un organismo sindacale che esiste in ogni luogo di lavoro pubblico e privato ed è costituito da almeno tre persone elette da tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti al sindacato. Non è esagerato affermare che, in Sicilia, da oltre 15 anni, i lavoratori siciliani sono privati di un diritto fondamentale, grazie anche a questi sindacati.
Un altro passaggio dei tagli riguarda i congedi retribuiti, che negli uffici della Regione sono 45 giorni all’anno, mentre nel resto del Paese sono di gran lunga inferiori. Anche in questo caso l’assessore Baccei ha ragione.
Poi c’è la manovra sulle pensioni. La Regione siciliana non ha un proprio fondo pensioni funzionante. Ne ha uno ripristinato nel 2009 che ha appena 600 milioni di euro di fondi raccolti. Nulla rispetto al fabbisogno finanziario per sostenere circa 16 mila pensionati regionali, che attualmente vengono pagati con il bilancio della Regione. Pagati in base a un calcolo retributivo e non contributivo. L’assessore Baccei vorrebbe equiparare questi pensionati a quelli dello Stato. Una ‘botta’ terribile per questi pensionati che perderebbero, in media, il 30 per cento delle pensioni. Che dire? Che forse, anche in questo caso, l’assessore Baccei ha ragione.
Di più: il governo Renzi ha scoperto che negli uffici della Regione la reversibilità (la pensione che passa al coniuge rimasto vedovo o vedova) è più alta rispetto a quella dello Stato. A livello nazionale e per tutte le altre categorie della pubblica amministrazione siciliana è al 61 per cento. Per i dipendenti regionali è molto più elevata (in alcuni casi arriva fino al 101 per cento!). Si offende qualcuno se diciamo che anche in questo caso l’assessore Baccei ha ragione?
Ci sono tagli anche per le società partecipate della Regione. Ma in questo caso Baccei è ambiguo. Perché nelle società partecipate della Regione i dipendenti (cioè la stragrande maggioranza) ha retribuzioni medio basse (da mille e 200 a mille e 500 euro mensili); mentre i dirigenti superano in alcuni casi i 300 mila euro all’anno! Qui l’assessore Baccei ha torto marcio, perché non ha il coraggio di ridurre a 50 mila euro all’anno lordi retribuzioni che, lo ribadiamo, superano in alcuni casi 300 mila euro all’anno lordi. Una vergogna!
Tagli anche per gli operai della Forestale. Mentre non si prevedono tagli per i precari degli enti locali siciliani (circa 24 mila). Per entrambe queste due categorie è previsto il ‘congelamento’ delle retribuzioni e il blocco delle assunzioni.
Una manovra pesantissima, che punta a risparmiare da 350 a 400 milioni di euro. Il presidente Crocetta e il Parlamento siciliano non sono d’accordo. Ma sono sotto ricatto politico. Renzi ha fatto già sapere che, se la manovra Baccei non verrà approvata, proporrà al Parlamento nazionale lo scioglimento anticipato del Parlamento siciliano. Con lo spettro del tutti a casa, Crocetta e i parlamentari siciliani, che lo desiderino o no, dovranno bere l’amaro calice…
E Cgil, Cisl e Cobas che plaudivano ai tagli per i dirigenti del’ Parlamento dell’Isola? Chi è causa dei sui mal pianga se stesso… Perché “Essere pieni di contraddizioni può essere sintomo di una natura complessa, ma il più delle volte è il frutto di una mente confusa”.
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