Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo messaggio di insediamento, a proposito del ruolo che da oggi ricopre, dice che nel “linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione”; aggiunge poi che si tratta di “una immagine efficace”.
Quella dell’arbitro, cui “compete la puntuale applicazione delle regole […] deve essere – e sarà – imparziale” sarà anche un’immagine efficace; è comunque fuorviante. L’essere “Garante della Costituzione” non è però un’immagine, è un obbligo, un dovere. La successiva affermazione è corretta: “la garanzia più forte della nostra Costituzione consiste, peraltro, nella sua applicazione”: la Costituzione la si vive quotidianamente, la si applica, la si rispetta. Il presidente Mattarella poi elenca una serie di “significa”, per spiegarci cosa significa “garantire la Costituzione”; declina quindici “significa”. Il sesto: “Garantire i diritti dei malati”; l’ottavo: “Che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi"; il decimo: “Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità”; il quindicesimo: “Affermare e diffondere un forte senso della legalità”.
Merita di essere sottolineato l’accenno a Stefano Taché, “rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell'ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano”. Il segno di una memoria che non viene smarrita.
Si vedrà da domani, nel concreto, come e quale forza si vorrà dare a questi e agli altri enunciati; e come si saprà essere davvero “garanti”, di fronte alle indifferenze e alle ostilità, alle contrarietà anche e soprattutto istituzionali – di altri organi istituzionali – che queste “enunciazioni” non vivono e non vogliono vivere, perché interessati, nel concreto, ad altri, diversi e opposti “significa”. Perché, davvero, viva la Repubblica, viva l’Italia.