Chi ha a che fare con la giustizia italiana, quella civile in particolare, lo sa bene: è un calvario di cui è certo solo l’inizio. E’ una giustizia-lumaca che alle imprese costa circa 2 miliardi e 300 milioni di euro l’anno. Situazione più volte sanzionata dalle Corti dell’Unione europea. Il governo cerca di porvi rimedio con un decreto; l’obiettivo dichiarato è riuscire a chiudere un processo in tre anni grazie a un uso razionale dello strumento informatico, e creare corsie che consentano di smaltire l’immenso arretrato. Per questo si avvale della consulenza del presidente della corte d’appello di Torino Mario Barbuto: questo magistrato ha saputo trasformare la giustizia civile torinese in un modello di efficienza che si spera di estendere in tutta Italia. E poi questioni scottanti come responsabilità civile dei magistrati, la prescrizione, le intercettazioni telefoniche ed ambientali, il contrasto alla criminalità economica.
Il Governo ha deciso di procedere con provvedimenti ad hoc, demandando per esempio all'esecutivo la stesura di una disciplina che preveda limitazioni non tanto al ricorso delle intercettazioni, quanto alla pubblicazione del loro contenuto. Prevista inoltre la sospensione della prescrizione per un paio d’anni dopo la sentenza di condanna in primo grado; per quanto riguarda la responsabilità civile del magistrato, resta il principio della responsabilità indiretta: il risarcimento che lo Stato potrà chiedere al magistrato sarà elevato da un terzo annuale dello stipendio, alla metà. Sono disegni di legge ordinari; i tempi di approvazione non saranno brevi.
Riassumiamo? Il riassunto è questo: Renzi non ha trovato ancora la quadra: trovare un accordo con Silvio Berlusconi e al tempo stesso non scontentare gli alleati di governo come Angelino Alfano, tener buono l’ala “giustizialista” del Partito Democratico e la potente Associazione Nazionale dei Magistrati. Al tempo stesso deve poter dire di aver fatto qualcosa. Ecco l’escamotage: invece di disegni di legge, che dopo sei mesi devono essere approvati o decadono, e possono comunque creare tensioni a non finire, progetti di legge parlamentari, che saranno discussi e approvati con tempi da Matusalemme. Cosa dice il manzoniano Padre provinciale al Conte zio nei “Promessi sposi”? “Sopire, troncare, padre molto reverendo, tronare, sopire”.
Cosa fa il ministro della Giustizia Andrea Orlando? “Insegue” e tenta di rabbonire le toghe, che sarebbero “deluse e preoccupate sulla riforma della responsabilità civile”. Orlando, ministro del “dialogo”, non accetta che la sua annunciata (per ora abbiamo una “linea guida”) riforma sulla responsabilità civile del magistrato per colpa grave o dolo, “possa essere l’anticamera della rottura con i magistrati”. Cosa paventano i magistrati associati dell’ANM? Lo dice Rodolfo Sabelli, il presidente: “Si rischia di aumentare a dismisura i ricorsi, anche strumentali, contro i magistrati”. Il fatto è che fino a oggi nessuno “paga”. Da quando è stata varata la legge Vassalli sulla responsabilità civile dei magistrati, ventisei anni fa, sono stati chiamati a rispondere del loro operato appena quattro Pubblici Ministeri. Nello stesso periodo ben seicentomila medici. Non è strano?
Più che strano; si potrebbe dire surreale. La dice lunga su come funziona (o meglio, non funziona) questa legge, la dice lunga su come funziona (o meglio, non funziona) il Consiglio Superiore della Magistratura. E come funzionino (o meglio, non funzionino) le cose lo comprende un lettore attento delle cronache giudiziarie: riportano ogni settimana almeno uno o due casi di cittadini accusati di crimini gravi, tenuti in carcere per giorni e settimane, e poi, quando va bene, con una pacca sulle spalle scagionati.
Ora può essere pure che chi scrive sia affetto da congenita, radicata, pregiudizievole diffidenza nei confronti dei magistrati. Non si ha alcuna difficoltà ad ammettere che non sono molte le toghe conosciute in più o meno quarant’anni di mestiere giornalistico, di cui ci si fida, e di tantissimi invece si diffida, quando non si nutre un sentimento di timore, di paura. Il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio dice cose di buon senso: “Se si pensa di sanzionare un magistrato con una pena pecuniaria, si sbaglia… così incrementeranno soltanto i premi delle assicurazioni. Tutti noi giudici siamo assicurati e paghiamo anche tanto queste assicurazioni. Ecco perché la pena pecuniaria non è un deterrente per i nostri errori… meglio sanzionare in termini di carriera. E’ molto semplice. Anche con la sospensione dal servizio. Oppure, nei casi più gravi, arrivando alla destituzione. Questa si che funzionerebbe come deterrente”.
Per inciso: Nordio fornisce un esempio rivelatore di come questo Governo sia composto da Paperoga che fanno e improvvisano, il beau geste che vorrebbe meravigliare e invece, ti fa scuotere la testa preoccupati: “Nella riforma della Pubblica Amministrazione c’è una parte che riguarda la giustizia in maniera importante e secondo me non se ne sono nemmeno accorti di cosa stanno approvando: lì dove si dice che i giudici andranno in pensione a 70 anni invece che a 75. In un solo colpo decapitano almeno 550 posti apicali di giudici presidenti di tribunali, giudici di Cassazione, di Corti d’Appello, procuratori capi… Significa la paralisi del Consiglio Superiore della Magistratura: in media ci mette sei mesi a nominare un procuratore capo di posti come Roma o Palermo. Come faranno a nominarne 550 tutti insieme? Sarà un effetto tsunami”.
Torniamo all’annunciata riforma della giustizia. Già la parola “riforma” è azzardata. Non c’è niente della riforma che sarebbe necessaria al Paese. Quando Renzi parla esclusivamente del civile, occorre ricordargli che l’irragionevole durata dei processi riguarda anche il penale; e non è che la giustizia ritardata (quindi negata) non costi agli italiani: si pensi ai 130.000 procedimenti che ogni anni muoiono per prescrizione, ma anche in termini economici. Nel penale la sola cosa che si prevede, peraltro sotto la forma del DDL coi canonici tempi lunghissimi, è abolire la prescrizione o renderla molto difficile sospendendola per Appello e Cassazione. A dispetto delle condanne della Corte EDU e delle procedure d’infrazione con sfrontatezza si propone sostanzialmente di allungare ancor di più i processi. Non si ha il coraggio di prevedere qualcosa che possa consentire in modo strutturale di far ripartire la giustizia, a cominciare dal penale attraverso un’amnistia che possa abbattere l’immensa mole dei procedimenti pendenti e liberare risorse da investire nel civile.
Anche nel civile, quali sono le misure approvate? Provvedimenti che ad avviso del Presidente dell’Unione delle Camere Civili, Renzo Menoni, possono produrre effetti a lungo termine e che, per funzionare, avrebbero bisogno di investimenti di risorse che oggi non ci sono. Si tratta della negoziazione assistita, una specie di filtro gestito dall’avvocatura, mentre per le cause che durano troppo si prevede un meccanismo di trasferimento (ancora non precisato) dalla sede giudiziaria a quella arbitrale, quindi privata. Sia il presidente Renzo Menoni che gli esperti del settore dicono che servirebbero risorse per fare in modo che il cittadino trovi conveniente accedere a questo tipo di giustizia. Tutto ciò, inoltre non ha nulla a che vedere con una riforma strutturale che dovrebbe incidere sulla unificazione dei riti e della giurisdizione. Questa la situazione, questi i fatti.
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