Nel Magazzino 18 è rimasta chiusa per anni la vita di decine di migliaia di persone. Sedie, tavoli, valigie, coperte, bauli, piatti e pentole di rame, fotografie, scarpe e cappotti. Ciascuno con attaccato un nome e cognome, ciascuno appartenuto a qualcuno che è dovuto partire: chi per un campo profughi italiano, dove spesso è rimasto per anni per poi ricominciare una vita in Italia, chi per l'Australia o l'America, e non è più tornato.
“Gli oggetti ci parlano delle persone a cui sono appartenuti – racconta Simone Cristicchi – ed è questo che mi è successo appena entrato nel Magazzino 18 del porto vecchio di Trieste. Ho cominciato così a cercare, leggere, informarmi, immaginare, e quindi a scrivere il mio spettacolo sull'esodo istriano dalmata: dopo il trattato di Parigi del 1947, 350.000 persone di lingua ed etnia italiana hanno dovuto lasciare le loro terre e le loro case in seguito alla cessione dell'Istria, parte della Dalmazia e di Fiume, alla Jugoslavia di Tito. Ho sentito il bisogno e il dovere di raccontare questa storia dimenticata”.
Simone Cristicchi – musicista, interprete e co-autore dello spettacolo – accompagnato dal presidente dell'associazione Giuliani nel Mondo di New York e New Jersey, Eligio Clapcich, è stato ospite del Consolato Italiano a New York il 4 settembre per parlare di Magazzino 18, un musical civile su un tema complesso e ancora poco noto, quello dell'esodo e delle foibe. Magazzino 18 verrà presentato a Toronto il 12 settembre, e il desiderio è quello di riuscire a organizzare lo spettacolo anche a New York, nella primavera prossima.
L'Associazione Giuliani nel Mondo, Cristicchi stesso, e un gruppo di volontari appartenenti al mondo della scuola, del giornalismo, dell'associazionismo, in Italia, in Istria e Dalmazia, e anche qui a New York e in New Jersey, stanno lavorando da tempo per far sì che questa possibilità si concretizzi.
Hanno chiesto quindi il sostegno del Consolato Italiano, e il vice console Roberto Frangione, dopo aver brevemente introdotto il tema trattato da Magazzino 18 e anche il contesto della realtà italiana e italo americana a New York, si è detto molto interessato al progetto e intenzionato a sostenerlo.
L'interesse del Ministro Plenipotenziario Francesco Saverio De Luigi (Direzione Generale per l’Unione Europea, Ministero degli Affari Esteri) c'è, il pubblico in Italia è stato numerosissimo, come anche l'attenzione del media, RAI Uno lo ha mandato in onda con ottimi ascolti, eppure finora i tentativi di trovare dei finanziamenti (prima di tutto istituzionali) non hanno avuto risultati.
La vicenda raccontata da Simone Cristicchi in uno spettacolo fatto di prosa, musica e poesia, rappresenta indubbiamente un pezzetto di storia italiana poco nota eppure importante da un punto di vista sociale e civile, prima ancora che strettamente politico, là dove la politica italiana negli anni ha spesso strumentalizzato il tema dell'esodo e delle foibe. “Questo è successo in Italia, ma non in Croazia, per esempio, dove Magazzino 18 è stato presentato con successo, e a Fiume è stato possibile metterlo in scena con i sottotitoli in serbo-croato, dando così la possibilità di vederlo anche a un pubblico non di lingua italiana, e l'accoglienza di tutti è stata straordinaria”, sottolinea Konrad Eisenbichler, autore della traduzione in inglese dello spettacolo. “Lo spettacolo di Toronto è possibile solo perché l'Associazione dei Giuliani nel Mondo lì si è auto tassata, grazie a una raccolta fondi fra amici e conoscenti, ma non può essere questo il metodo – spiega Rossana Turcinovich Giuricin, giornalista de La voce del popolo, giornale della minoranza italiana con sede a Fiume – Come per tutti gli spettacoli, ci sono costi da sostenere, c'è molto lavoro da fare per la promozione. Invece siamo stati lasciati soli, da tutti i punti di vista”.
Grazie all'elaborazione artistica di Cristicchi e alla sua musica, lo spettacolo parla prima di tutto alle emozioni, ed è per questo che è arrivato al cuore del grande pubblico, un pubblico fatto di chi quell'esodo lo ha vissuto ma anche di tantissimi ragazzi e ragazze, che di quell'esodo non sapevano nulla. È uno spettacolo e non una lezione di storia, e come tale dovrebbe trovare collocazione adeguata anche fuori dall'Italia, lì dove c'è una presenza italiana fatta non solo di chi è emigrato tanti anni fa, ma fatta oggi di professionisti, studenti, artisti, commercianti, imprenditori, dei tanti dipartimenti di Italianistica presenti nelle più prestigiose università come anche nei college, dei centri culturali, dando però anche la possibilità ai non italiani – grazie ai sottotitoli in inglese, quanto mai necessari per poter veicolare al meglio lo spettacolo – di apprendere un pezzetto di storia di una regione d'Europa storicamente tra le più multiculturali, e ancora poco nota.
Nonostante le molte polemiche fatte negli anni sul tema dell'esodo e nelle foibe, comprese anche quelle fatte intorno allo spettacolo di Cristicchi (qualche contestazione, un'irruzione in teatro a Firenze, polizia e carabinieri di scorta), e nonostante il successo dello spettacolo, quella di Magazzino 18 sembra rimanere una storia lontana, nel tempo e nello spazio, una storia di uomini e donne sprofondata in un mondo di cui prima nessuno sapeva nulla o quasi, poi di cui molti non hanno voluto sapere, e infine di cui quasi tutti si sono disinteressati.
Sono tanti i magazzini 18 dimenticati nei vari angoli del mondo, e tanti continuano ad essere quelli che sono costretti a lasciare le proprie case, le famiglie, le proprie cose, solo perché parlano la lingua sbagliata, professano la religione sbagliata o semplicemente sono nati nel posto sbagliato. Qualcuno ha la possibilità di scegliere, molti non possono farlo.
In questo senso Magazzino 18 è una storia universale, è un bell'esempio di teatro civile, è un “one-man-show fatto a musical”, artisticamente riuscito, un passo in più in quel percorso artistico iniziato da Simone Cristicchi ormai diversi anni fa, con la sua indagine umana e sociale che diventa poesia, diventa musica e canzoni. L'augurio adesso è di poter vedere presto Magazzino 18 anche a New York.