Questa analisi-opinione è la continuazione di quella uscita ieri
Le mie riserve nei confronti di Renzi le ho espresse con estrema chiarezza e determinazione (torno a ripeterlo) su questo giornale con il mio articolo Renzi rottamatore della cultura italiana nel mondo? e ho continuato a formularle anche in altri articoli che non sto a citare anche perché ormai sono abbastanza numerosi.
Così come ho esplicitamente ribadito tutte le mie perplessità sulle riforme in discussione al parlamento, specie per quella del senato e quella elettorale, nell’articolo Merkiavelli colpisce ancora. E in questo mi trovo totalmente d’accordo con Massimo Cacciari (mi riferisco alla sua intervista al Secolo XIX del 5 luglio scorso); penso cioè, come ho già scritto sulla Voce, che le due proposte di riforma facciano acqua da molte parti, ma reputo nel contempo (con lui) che esse siano migliori rispetto a quanto intendono modificare, e soprattutto (sempre con lui) mi sento di ribadire in una logica di realismo politico che, arrivati a questo punto, e per il bene del Paese (che altrimenti rischierebbe molto e non solo per la perdita di credibilità sui mercati finanziari), debbano essere approvate, ovviamente con tutte le modifiche rese possibili dall’incerta e instabile maggioranza parlamentare. E, ripeto, credo che chi cerca di creare scompiglio, di raggruppare un pacchetto di voti contrari sufficienti per affossarle, chi presenta migliaia di emendamenti, si muova per interessi personali (politici, ovviamente) e per far cadere il governo. Si chiamino Mineo, Civati, Chiti o addirittura Bersani.
La cosa è sfuggita a molti, specie a chi non vive in presa diretta queste giornate decisive per il futuro dell’Italia. Era sfuggita anche a me, e me l’hanno fatto notare Alesina e Giavazzi col loro articolo I moltiplicatori della spesa uscito sul Corriere della sera del 6 luglio; ma una delle proposte di riforma del Senato, peraltro approvata dalla Commissione Affari Costituzionali, porta la firma dei relatori della Commissione, vale a dire di Calderoli e della Finocchiaro, sì proprio lei, la già Ministro della Repubblica per le Pari Opportunità durante il Governo Prodi e, dal 2008 al marzo 2013, capogruppo al Senato del PD, ora presidente della Commissione in questione. Sapete che cosa propone? Che il Senato sia chiamato a decidere sulla legge di bilancio, la ex finanziaria. E sapete che cosa significa questo? Mettere al riparo gli eccessi di spesa delle Regioni (drammatici per il Paese e per le nostre tasche, come mostrano sempre più anche le indagini della magistratura); significa, anzi, moltiplicarli questi eccessi, dal momento che il senato sarà a stragrande maggioranza espressione regionale, e questo non viene contestato dall’ineffabile autrice della proposta (insieme con Calderoli), che è rimasta inchiodata nella mia mente per un bellissimo articolo dell’amico Marco Travaglio pubblicato sull’Espresso di qualche anno fa, dal titolo, se ricordo bene, Andò e tornò, sul recupero di Salvo Andò, da parte della suddetta, con incarichi di rilievo nella propria campagna elettorale per la regione Sicilia, nonostante i suoi ben noti trascorsi.
Non c’è più tempo per giochini (politici e di potere) di questo genere, questo deve essere ben chiaro, così come non c’è più tempo per discettare sul “dover essere”, su cosa dovrebbe essere fatto, su come dovrebbe essere migliorato. Non c’è più tempo per tutto questo; mi correggo, temo purtroppo che ce ne sarà e parecchio, visto che tutto sta per scivolare ancora di mesi, a dopo l’estate e (va gridato senza remore) anche per colpa di chi si riunisce a Livorno (città metaforica per il passato e per il presente della sinistra) e non solo per dar vita a un’irresponsabile fronda, ma per porre le premesse per la nascita di un nuovo partito, scoprendo così le carte della sua interessata e strumentale battaglia parlamentare contro le riforme.
O per colpa di chi, forte della pluridecennale esperienza da dinosauro e camaleonte politico, sa bene che ogni dilazione può lasciare spazio a ripensamenti, a fratture nel delicato e fragile fronte che si è creato. E il Paese? Ma chi se ne frega! I miei interessi (sembrano pensare costoro), quelli del mio gruppo di riferimento e le mie “verità” vengono ben prima delle baggianate sull’interesse del Paese o su quelle sbandierate di chi sostiene (come chi scrive) che la resa dei conti ultima e il baratro economico (ma anche sociale e politico) possano ormai essere fuori dalla porta!
Ma ora Renzi, forte anche dell’assoluzione di Berlusconi (questo però è la politica), cerca di metterli nuovamente nell’angolo, di dare un’accelerata al tutto e di chiudere qualcosa almeno prima delle vacanze. Ha valutato bene il tutto in termini politici, sulla strada di ritorno dalla campagna (e dai successi) d’Africa ? Oppure si tratta dell’ennesima mossa azzardata da eccesso di fiducia e della serie “decido io, ora glielo faccio vedere”?
Certo, e lo si è visto a più riprese, Renzi ci mette del suo nel cercarsi i problemi (in questo almeno bisogna dire che Mineo ha ragione, come si può leggere nella sua intervista del 22 luglio su Repubblica). Si è fidato di Merkiavelli, una Merkel autentica Machiavelli in gonnella, e ci ha sbattuto il naso.
Ma che fa Presidente (del Consiglio dei ministri e, pro tempore, dell’Unione europea)? Vuole fare la rivoluzione o le riforme? E se, come credo, vuole le riforme, deve prepararsi bene e preparale bene.
Ho letto con attenzione la Sua intervista di domenica scorsa 13 luglio sul Corriere della sera, ho apprezzato persino doti di statista che sino a pochi giorni fa Le avrei negato con determinazione (e con questa affermazione so bene di procurarmi risate e strali di ogni tipo, specie da parte di chi non ha letto l’intervista); mi ha sorpreso leggere e toccare con mano quanto Lei sia documentato sui problemi che è chiamato ad affrontare, e soprattutto mi hanno colpito la Sua lucidità e il Suo pragmatismo politico, oltre alla disincantata ironia (merce rara) con cui parla dei Suoi avversari all’esterno e all’interno del Suo partito.
Tutto questo per sottolineare ancora di più i suoi “errori”.
Come può fidarsi della Merkel? Era più che ovvio che, una volta incassata l’elezione di Junker avrebbe fatto inversione di rotta. Anzi, è chiaro ora che l’inversione la stava già preparando da tempo (ben simulata, va da sé), visto il “peso” esercitato dalla Germania (noti bene la moderazione con cui ho scelto il termine) sui paesi dell’est membri dell’Unione Europea.
Come può pensare che “prime donne” politiche di calibro (mi riferisco anche e soprattutto a uomini, sia ben chiaro), adusi a vivere sotto i riflettori e tronfi per le loro cariche e per il loro potere, Le avrebbero lasciato spazio senza colpo ferire nel Suo sgomitare alla ricerca di un sempre maggiore ruolo europeo da ribaltare poi in Italia?
E ancora, come può pensare che questi signori e queste signore, ben avanti con gli anni, talora bavosi e sfatti nel loro fisico, possano accettare come ministro degli esteri una bella e giovane donna, per di più indubbiamente preparata, come la Mogherini? Era scontato che avrebbero accampato mille eccezioni e critiche, a cominciare dalla mancata esperienza. Certo, Lei sa bene che la Mogherini ha un curriculum e una competenza di tutto rispetto in rapporti internazionali, ma di esperienza sul campo e di credibilità internazionale non ne ha da vendere (come Le direbbe Machiavelli).
Non c’è dubbio sul fatto che Lei avrebbe dovuto preparare meglio il tutto e non cercare di riparare ai tranelli e agli inghippi, emersi dopo l’elezione di Junker, con incontri bilaterali dell’ultima ora. L’aveva avvisata anche il Capo dello Stato di mettere a punto e bene un piano B, ma Lei D’Alema l’ha tirato fuori solo all’ultimo momento, quando ha trovato il fuoco di sbarramento sulla Sua Mogherini.
Troppa supponenza, troppa impreparazione. Non è da Lei, almeno non è da quel politico di peso internazionale quale Lei sembra voler diventare.
E poi perché ha sottovalutato in maniera tanto colpevole (politicamente) “campanellino” Letta. Pensava che avrebbe dimenticato le offese ricevute? Che avrebbe subìto senza reagire? Che dietro le quinte (per chiamare sempre in ballo Machiavelli) non avrebbe “tramato una fraude”? Lo ha fatto eccome, e Lei ne ha pagato le spese.
E ora questo suo insuccesso, perché tale è e bisogna che Lei abbia il coraggio di guardare in faccia la realtà, Le si ribalterà senza alcun dubbio contro nelle cruciali situazioni nazionali. Negli scontri parlamentari e nelle vicissitudini (speriamo non nella sorte) delle “Sue” riforme.
Sia più vigile e “prudente”. Non deve solo dirci di saperle le cose, di conoscere le inside che l’attendono ad ogni passo, ma deve anche mostrarsi capace di evitarle e di portare a termine i suoi progetti e impegni politici.
Auguri Presidente (del Consiglio), non si faccia più dire da quei sederi di pietra che si sentono “padroni” della burocrazia italiana che loro “sono le istituzioni”, non Lei; e non se lo faccia dire neanche dalle serpi che si nascondono nel seno del Suo partito.
Ne ha proprio bisogno (degli auguri) soprattutto ora, visto che i mercati dell’estremo oriente hanno subìto una significativa battuta d’arresto, frenando la locomotiva tedesca e prefigurando in tal modo più che probabili problemi economici di non poco conto per l’immediato futuro della nostra Italietta.
Enzo Baldini, Professore ordinario presso la ex Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino (ora Dipartimento di Culture, Politica e Società), insegna "Storia del pensiero politico" e "Laboratorio Internet per la ricerca storica". Ha lavorato su internet fin dagli albori della rete, è stato tra i creatori della Biblioteca italiana telematica e poi del consorzio interuniversitario ICoN-Italian culture on the Net del quale continua ad occuparsi