“Democracy under Siege”, la democrazia sotto assedio. Così titola il rapporto Freedom in the World 2021 stilato da Freedom House, l’organizzazione non governativa americana con sede a Washington, che annualmente diffonde un rapporto globale sui diritti politici e le libertà civili, attraverso valutazioni numeriche per ogni paese e gruppi selezionati di territori. L’edizione 2021 copre gli sviluppi in 195 paesi e 15 territori dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020. Secondo il punteggio stilato dalla metodologia* dell’organizzazione, gli Stati Uniti sono scesi di 11 punti negli ultimi 10 anni, posizionandosi tra i 25 Paesi che hanno sofferto di un forte declino nell’ultimo periodo. Il report evidenzia un confronto con la classifica del 2010, anno in cui gli Usa totalizzavano un punteggio di 94, in confronto a quello attuale di 83. Dal documento: “Il declino è guidato da numerosi fattori, inclusi: corruzione politica e conflitto di interessi; mancanza di trasparenza del Governo; politiche punitive di immigrazione e asilo.”

L’analisi di Freedom House arriva puntuale a un anno dalla pandemia, evidenziandone l’influenza e gli effetti collaterali. Allo stesso tempo, si focalizza sulle conseguenze e sull’eredità dell’amministrazione Trump, oggettivamente anti-democratica nel modus operandi e dal punto di vista legislativo. Descrive l’evento di Capitol Hill come uno spartiacque tra il timore di un punto di non ritorno e la verità dei fatti: il presidente Joe Biden dovrà farsi carico di una restaurazione socio-politica consolidata da politiche razziste e poco inclusive. All’interno del punteggio annuale su “Diritti politici e libertà civili”, gli Stati Uniti hanno infatti perso 3 punti, insieme a Filippine, Giordania, El Salvador e l’Egitto. Quali azioni concrete potrà intraprendere il nuovo Governo per ripristinare fiducia, democratizzazione mediatica e parità nei diritti? L’ultima parte del report prova a rispondere anche a queste domande.

L’eclissi della leadership negli Stati Uniti
Il rapporto è globale, ma è bene ricordare che cosa rappresenta l’America su scala internazionale. Se guardando le immagini dei sostenitori di Trump il 6 gennaio alcuni di noi hanno provato i brividi sulla pelle, da qualsiasi parte del globo, un motivo c’è: siamo cittadini del mondo, e guardare le cose dall’alto è oggi un dovere morale. “Le ultime settimane della presidenza Trump sono state caratterizzate da attacchi senza precedenti a una delle democrazie più visibili e influenti del mondo” condanna duramente Freedom House. “Evitando di rispondere delle proprie azioni e delle proprie trasgressioni, e incoraggiando gli estremisti razzisti ed estremisti di destra, il presidente uscente ha apertamente e illegalmente cercato di ribaltare la sua sconfitta alle elezioni, culminando nell’incitamento di una folla armata per interrompere la certificazione dei risultati da parte del Congresso recandosi al Campidoglio”. Inoltre, denuncia un’indifferenza da parte della maggior parte dei legislatori del suo stesso partito, in un silenzio capace di minare i principi democratici alla base di un Paese. Una serie di azioni che hanno inevitabilmente danneggiato la percezione la realtà dei diritti e delle libertà fondamentali negli Stati Uniti.

L’assalto a Capitol Hill ha coronato un anno in cui l’amministrazione ha licenziato numerosi ispettori generali responsabili di sradicare la cattiva condotta finanziaria, ha amplificato le false accuse di frode elettorale che hanno a loro volta alimentato la sfiducia nella gran parte della popolazione statunitense; la violenza sproporzionata della polizia in risposta alle proteste di massa è stata giustificata, tralasciando il problema di una ingiustizia razziale sistematica. “Nonostante l’insediamento di un nuovo presidente in linea con la legge e la costituzione, gli Stati Uniti dovranno lavorare vigorosamente per rafforzare le sue salvaguardie istituzionali, ripristinare le sue norme civiche e sostenere la promessa dei suoi principi fondamentali per tutti i segmenti della società, se vogliono proteggere la loro venerabile democrazia e recuperare la credibilità globale”.

Nonostante tutto, molte istituzioni statunitensi hanno resistito durante e dopo il processo elettorale. Le cause legali che sfidavano il risultato negli stati cardine sono state respinte a turno da tribunali indipendenti. I giudici nominati dai presidenti di entrambi i partiti hanno agito imparzialmente, compresi i tre giudici della Corte Suprema nominati dallo stesso Trump, sostenendo lo Stato di Diritto e confermando che non ci sono state gravi irregolarità nel voto o nei processi di conteggio. Alcuni repubblicani hanno parlato a sostegno dei principi democratici, prima e dopo l’assalto al Campidoglio. Eppure, secondo Freedom House, “potrebbero volerci anni per apprezzare e affrontare gli effetti di questa esperienza sulla capacità degli americani di unirsi e sostenere collettivamente un insieme comune di valori civici”.

Gli Stati Uniti nella vetrina del mondo
“L’esposizione delle vulnerabilità della democrazia statunitense ha gravi implicazioni nella lotta per la libertà globale.” Gli eventi recenti hanno dato modo agli stati autoritari di esprimersi sui difetti dell’America, distogliendo l’attenzione dai loro abusi. Dopo la rivolta del Campidoglio, un portavoce del Ministero degli Esteri russo ha dichiarato: “Gli eventi di Washington dimostrano che il processo elettorale degli Stati Uniti è arcaico, non soddisfa standard moderni ed è soggetto a violazioni”. Il presidente dello Zimbabwe, Emmerson Mnangagwa, afferma dopo Capitol Hill: “L’episodio ha dimostrato che gli Stati Uniti non hanno diritto morale di punire un’altra nazione con la scusa di sostenere la democrazia”.

Per la maggior parte degli ultimi 75 anni, gli Stati Uniti hanno aspirato a una politica estera basata su principi democratici e sul sostegno ai diritti umani. Freedom House sottolinea come, nel rispetto di questo approccio, gli Stati Uniti agiscano come leader sulla scena globale, incoraggiando gli attivisti a continuare le loro lotte, i loro partner ad agire, e i criminali a riformarsi. L’amministrazione Biden si è impegnata a nel sostegno della democrazia come parte fondamentale della politica estera degli Stati Uniti. “Per mantenere questa promessa, il presidente dovrà fornire una chiara leadership, articolando i suoi obiettivi al pubblico americano e agli alleati all’estero. Deve anche rendere gli Stati Uniti credibili nei loro sforzi, attuando le riforme necessarie per affrontare i considerevoli deficit democratici in patria.” Date le molte priorità in competizione, tra cui la pandemia e le sue conseguenze socioeconomiche, il presidente Biden dovrà soprattutto tenere a mente che la democrazia è un progetto continuo di rinnovamento finalizzato ad assicurare sicurezza e prosperità, sostenendo i diritti fondamentali di tutte le persone (a inizio febbraio, è stata fatta per esempio la richiesta per il rientro degli Usa nel Consiglio dei Diritti Umani). “Il programma di stimolo di Joe Biden per 1,9 trilioni negli Stati Uniti stimolerà la ripresa economica dalla pandemia di coronavirus in tutto il mondo”, ha detto martedì l’OCSE, aggiornando le sue prospettive di crescita globale. “La scala del piano di Biden aggiungerà circa 1 punto percentuale alla crescita economica globale nel 2021”, ha poi riferito Laurence Boone, chief economist dell’OCSE durante un’intervista per il Financial Times.

Policy Recommendations
Di seguito alcune raccomandazioni rivolte alle democrazie, dove figurano in maniera specifica gli Stati Uniti.
Sostenere i media liberi e indipendenti e proteggere l’accesso all’informazione. Come parte del rapporto Democracy Under Lockdown, Freedom House ha intervistato esperti di democrazia e diritti umani che lavorano in oltre 100 paesi, chiedendo come i governi democratici possono aiutare a sostenere la democrazia e i diritti umani durante la pandemia. Negli Stati Uniti, il proposto Universal Press Freedom Act darebbe priorità alla promozione della libertà di stampa in tutto il mondo. La US Agency for Global Media (USAGM), che gestisce le cinque organizzazioni mediatiche finanziate pubblicamente dagli Stati Uniti, dovrebbe assicurare l’indipendenza editoriale di queste organizzazioni ripristinando la “firewall rule”.

Rafforzare il sostegno pubblico ai principi democratici investendo nell’educazione civica. Negli Stati Uniti, una nuova legislazione potrebbe richiedere ad ogni stato di sviluppare contenuti di base e parametri di riferimento per l’educazione civica, includendo l’istruzione sui principi fondamentali della democrazia statunitense.
Utilizzare sanzioni mirate come parte di una strategia globale di responsabilità per chi viola i diritti umani e per i funzionari corrotti. Quando possibile, le democrazie dovrebbero coordinare i loro sforzi per imporre congiuntamente sanzioni sui colpevoli ottenendo il massimo impatto, come hanno fatto gli Stati Uniti, il Canada e il Regno Unito in casi recenti. Il Congresso degli Stati Uniti dovrebbe riautorizzare il Global Magnitsky Human Rights Accountability Act (22 USC 2656 nota), che permette il divieto di visto e il congelamento dei beni di individui ed entità coinvolti in abusi dei diritti umani e corruzione.

A fine report, Freedom House conclude con un monito di speranza: “La democrazia oggi è assediata ma non sconfitta. La sua popolarità duratura in un mondo più ostile e la sua perseveranza dopo un anno devastante sono segnali di resilienza che fanno ben sperare per il futuro della libertà.”
*La metodologia di Freedom House si basa sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. E’ applicata a tutti i paesi e territori, indipendentemente dalla posizione geografica, dalla composizione etnica o religiosa, o dal livello di sviluppo economico. Ad ogni paese e territorio vengono assegnati da 0 a 4 punti su una serie di 25 indicatori, per un punteggio complessivo fino a 100. Gli indicatori sono raggruppati nelle categorie dei diritti politici (0-40) e delle libertà civili (0-60), i cui totali sono ponderati equamente per determinare se il paese o territorio sia rappresentato da uno stato complessivamente Libero, Parzialmente Libero o Non Libero.