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Trump tace ma i giornali dell’alt-right continuano a diffondere la “verità alternativa”

Viaggio nell’universo dei media trumpisti, fra cause legali, fake news e neonazisti

Riccardo ParadisibyRiccardo Paradisi
Fake news, coronavirus e l’invasione dei “comunisti” in Italia: Trump ci sei o ci fai?

Immagine Pixabay

Time: 5 mins read

Dal suo ultimo tweet datato 8 gennaio, Donald Trump è scomparso dai social media. I ban di Twitter e Facebook hanno pesato come macigni sul Presidente più mediatico di sempre, colui che ha fatto della disintermediazione il suo cavallo di battaglia, preferendo il contatto diretto con i propri elettori. Questo cesarismo del nuovo millennio, più consono alle “repubbliche delle banane” sempre moralmente deprecate dagli Stati Uniti, ha fatto spesso uso di strategie di comunicazione e marketing come le Call to Action (“Stop the Steal!”) ed il coinvolgimento quasi settario della sua base elettorale. Ma dalla data della purga trumpiana dai social network, e dopo alcune smentite su un suo possibile ingresso su Parler e Gab, gli zeloti del trumpismo sono rimasti attoniti, orecchie ed occhi protesi al primo segnale del loro messia. Questo tempo sospeso, caratterizzato da una trepidante ed incredula attesa, ha sciolto i guinzagli dei media outlet dell’universo conservatore, lasciandoli privi di una disciplina da rispettare e senza fake news “di stato” da seguire.

Fox News, Breitbart, One American News Network, TheBlaze ma anche il New York Post, il Washington Examiner, National Review, sono alcuni dei giornali e dei siti di news che hanno appoggiato Donald Trump durante il suo mandato alla Casa Bianca e si sono esposti urlando alla frode elettorale dopo le elezioni presidenziali. I grandi temi delle loro inchieste e dei loro articoli erano suggeriti dal Presidente stesso mediante tweet ed è possibile affermare che fossero le sue parole a dettare le loro linee editoriali. Nonostante questo, i vecchi cavalli di battaglia non sono ancora tramontati ed è facile trovare notizie parziali e fuorvianti sulle elezioni (sebbene con molta moderazione), immigrazione, temi divisivi come l’aborto o sull’incompetenza dello staff di Biden, obbiettivo principale Jen Psaki.

Trump vs Journalists (Illustration by Antonella Martino)

Il trumpismo nei media è latente ma ben distinguibile. Breitbart News Network, il sito di riferimento dell’alt-right americana, guidato per due anni da Steve Bannon, è emblematico. Entrato nella homepage, il lettore può subito leggere i trend topic del giornale, messi ben in evidenza: “Emperor Biden”, “Covid-1984”, “Masters of the Universe” (che, citando Tom Wolfe, parla dei grandi imprenditori) e “Hollywood Hate”. Joe Biden è chiaramente il bersaglio più gettonato, reo di essere “colluso” con la Cina e dispotico nel suo massiccio uso del potere federale e degli ordini esecutivi. Il Presidente viene definito “dittatoriale” per il suo aver reso obbligatorio l’utilizzo delle mascherine. Suo figlio, Hunter, viene considerato corrotto dal regime di Pechino. Le prove? La sua autobiografia in uscita è stata collocata nella categoria “biografie cinesi” su Amazon. Breitbart pubblica la foto della classifica, omettendo che al secondo posto ci sia il libro di Michael Cohen, avvocato di Trump.

Su Breitbart non mancano articoli sui brogli elettorali, ultimo dei quali scritto da Tom Fitton, presidente di Judicial Watch. Fitton chiama in causa Hunter Biden ed i suoi affari con Kiev e Pechino, ribaltando la narrazione sull’intervento russo nelle elezioni 2016. “La falsa narrativa che i democratici hanno inventato per azzoppare l’amministrazione Trump quattro anni fa adesso si è avverata con Joe Biden e la sua famiglia”, per Fitton sono le ingerenze cinesi nel 2020 ad essere ben provate e meriterebbero uno Special Counsel ad indagarle. Inutile dire che queste ingerenze non sono attendibili.  .

Il tema delle elezioni viene attualmente trattato anche da OAN, definito da un video pubblicitario come “la tua fonte di notizie credibili” perché pubblicherebbe “non opinioni, solo fatti”. La differenza fra credibile e vero è abissale. Ne sa qualcosa Mike Lindell di My Pillow, grande supporter di Trump, che su OAN network conduce “Absolute Proof”, uno show con l’obbiettivo di rivelare tutte le prove raccolte sui fantomatici brogli avvenuti alle elezioni presidenziali. Nello spot del suo programma, Lindell definisce le elezioni come “rubate” attraverso una “frode elettorale senza precedenti” .

Forse, a causa delle minacce di cause legali da parte di Dominion, OAN ha pubblicato “Absolute Proof” con un discaimer attraverso il quale rifiuta ogni responsabilità e coinvolgimento nel progetto, affermando comunque che “i risultati delle elezioni 2020 rimangono contestate e messe in dubbio da milioni di americani che hanno diritto di sentire tutte le opinioni così che possano determinare cosa possa essere accaduto”. Anche Newsmax, altro sito della destra americana, ha dovuto prendere le distanze da Lindell per paura di ripercussioni legali.

Proprio per una causa intentata da Smartmatic contro Lou Dobbs per $2.7 miliardi, il “Lou Dobbs Tonight” è stato cancellato da Fox Business, nonostante fosse uno dei programmi più seguiti. Dobbs è un grandissimo estimatore di Donald Trump ed ha sempre portato avanti la tesi delle elezioni rubate, accusando le compagnie come Dominion e Smartmatic di aver contribuito alla frode elettorale. Fox News e Fox Business, negli scorsi mesi avevano pubblicato dei fact check delle affermazioni di Dobbs, di fatto smentendo in parte le sue teorie. La stessa sorte toccata a OAN e Newsmax.

I media outlet conservatori sono accerchiati. Da una parte, le teorie e le fake news messe in giro sulle elezioni hanno alienato i lettori più moderati, scatenando anche le reazioni dell’opinione pubblica e di quelle realtà coinvolte nel processo elettorale. A colpi di cause legali, processi di delegittimazione e denunce pubbliche, i giornali della destra sono stati costretti a ritrattare alcune teorie e spingersi verso posizioni più caute e moderate. Così facendo, questi siti stanno perdendo il supporto dei più estremisti, annidati su 4chan, telegram ed altri social media minori. Non più palesemente sotto i riflettori, suprematisti e neonazisti stanno trovano nuove e più estreme piattaforme di “informazione”.

Una imagine dal sito di “Daily Stormer”

Una di queste è il Daily Stormer di Andrew Anglin, così chiamato in onore di un periodico nazista. La prima impressione non lascia dubbi: accanto agli articoli, sulla colonna di destra, è presente un “demographic countdown” che segna il tempo rimanente prima che i “non bianchi” superino i “bianchi” per numero negli Usa. Qui, Biden viene definito un “usurpatore”, colui che “ha perso le elezioni di molto” . Le fake news condite da meme, colpiscono tutti e sfociano nel razzismo, sessismo ed antisemitismo. Per Anglin i democratici sono “malvagi” e “controllati da ebrei”, Blinken è disprezzato dall’autore del sito in quanto di origini ebree, mentre Stacy Abrams, lodata da molti giornali per essere la fautrice della vittoria dem in Georgia, sul Daily Stormer viene addirittura paragonata ad un “gorilla”. Inutile dirlo, tutte le donne al centro degli articoli sono etichettate con la “b-word”, da Psaki a Ocasio-Cortez, Abrams compresa.

Donald Trump non parla, se non attraverso i suoi due nuovi legali, David Schoer e Bruce L. Castor, ben attenti ad evitare che il tycoon possa ancora una volta menzionare le elezioni truccate, tema scottante che non sarà al centro della strategia difensiva per l’impeachment al Senato. Nel frattempo, i media trumpisti sono ancora là fuori, ammaccati ma presenti, in cerca di un segnale da parte del loro ex Presidente.

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Riccardo Paradisi

Riccardo Paradisi

Toscanaccio doc e blogger. Mi sono laureato in Relazioni Internazionali a Siena dove insieme ad alcuni colleghi ho fondato SpazioPolitico, per cui scrivo. Appassionato di Nord America dall'università, ne ho vissuto lo spirito pionieristico nel freddo Montana. Da allora, i suoi paesaggi monumentali e le sue storie non mi hanno mai lasciato.

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